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Vasculiti

Vasculiti

Le Vasculiti sono malattie infiammatorie dei vasi (flogosi segmentaria spesso polidistrettuale o diffusa) che provocano sintomi dovuti all’occlusione vascolare o alla rottura degli stessi con conseguente emorragia. La flogosi vasale comporta quasi costantemente il restringimento del lume con conseguente ischemia del territorio irrorato. Possono essere primitive o secondarie ad altre patologie.

Qualsiasi tipo di vaso (arterie, arteriole, vene e venule) in qualsiasi sede anatomica può essere interessato; ciò spiega la notevole eterogeneità anatomo-clinica delle vasculiti e le difficoltà di un esatto inquadramento nosologico di queste patologie.

 

Le vasculiti possono essere classificate sulla base della grandezza del vaso in cui si manifestano gli effetti prevalenti:

  • Vasculiti dei grandi vasi, che interessano l’aorta e le sue diramazioni principali: arterite a cellule giganti, morbo di Takayasu;
  • Vasculiti dei vasi medi, che interessano le arterie: Poliarterite nodosa, morbo di Kawasaki, Vasculite primaria del SNC, morbo di Buerger;
  • Vasculiti dei piccoli vasi, che interessano arteriole, capillari e venule: poliangioite microscopica, granulomatosi di Wegener, sindrome di Churg Strauss, vasculite da farmaci.

 

 

La Eziopatogenesi

 

Le vasculiti sono un gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate dalla presenza di fenomeni flogistici e necrotici a carico della parete dei vasi sanguigni. Nella maggior parte dei casi l’eziologia delle vasculiti è sconosciuta, anche se molti reperti suggeriscono una possibile patogenesi immunologica.

 

Patogenesi di tipo immunomediato
In alcuni casi il danno è provocato dal deposito di immunocomplessi sulla parete vasale con formazione di granulomi nella parete vasale e nelle aree perivasali; in altri la lesione può derivare dall’azione diretta di autoanticorpi anti cellule endoteliali, o da anticorpi diretti verso il citoplasma dei neutrofili (ANCA).

 

I meccanismi immunopatogenetici delle vasculiti sono stati classificati secondo i quattro tipi di reazioni di Gell e Coombs:

  • reazione di 1° tipo: Angioite allergica e granulomatosi (sindrome di Churg-Strauss), con eosinofilia ed elevati livelli di IgE;
  • reazione di 2° tipo: vasculiti ANCA-associate (anticorpi anticitoplasma) con anticorpi ANCA e assenza di immunodepositi;
  • reazione di 3° tipo: vasculiti da immunocomplessi con presenza costante di depositi immuni;
  • reazione di 4° tipo: vasculiti da ipersensibilità mediata da cellule T (arterite granulomatosa) caratterizzate da un infiltrato infiammatorio indotto da cellule Th1.

 

Patogenesi non immuno-mediata
Il danno della parete vasale può essere secondario ad altre patologie: infezioni, malattie del tessuto connettivo, ipersensibilità da farmaci, crioglobulinemia mista essenziale, neoplasie maligne, trapianto d’organo.

 

 

La Clinica

 

I sintomi e segni clinici delle vasculiti sono costituiti generalmente da febbre, talvolta prurito, porpora, necrosi e ulcere, livedo reticularis, artralgie, miositi, mialgie, mononevriti, cefalea, tinnito, ictus, infarto miocardico, trombosi, glomerulonefrite, perdita dell’acuità visiva ingravescente, sanguinamenti delle vie respiratorie e gastroenterici.

 

Arterite a cellule giganti (ACG)

Colpisce i vasi sanguigni di grande e medio calibro, con interessamento prevalente dell’arco aortico e dei suoi principali rami (sistema carotideo e arterie temporali e craniche).

 

La flogosi interessa il rivestimento delle arterie, soprattutto quelle originanti dall’arco aortico che portano sangue dal cuore al resto del corpo. Con grande frequenza sono colpite le arterie del capo, in particolare quelle delle tempie. È la vasculite più comune negli adulti, più frequente nelle femmine rispetto ai maschi con il rapporto di 2:1 e un’incidenza per anno di circa 1/3.000 – 1/25.000 negli adulti di età superiore ai 50 anni. I sintomi di esordio sono inzialmente generici, con interessamento del cranio (cefalea, claudicazione mandibolare, fragilità del cuoio capelluto, disturbi visivi) e con una polimialgia reumatica (astenia – dolenzia dei cingoli) in circa il 50% dei casi. I sintomi oculari sono presenti nel 20-30% dei pazienti e possono evolvere rapidamente verso la cecità irreversibile. Sono colpite le grandi arterie come le succlavie e le carotidee. In circa il 15% dei pazienti si verifica una aortite toracica con aneurisma che di solito costituisce una complicazione tardiva dell’ACG. Compaiono sintomi generali di infiammazione (astenia, febbre), cefalea, e segni laboratoristici di infiammazione (VES, PCR, anemia cronica).

 

La diagnosi di ACG può essere effettuata mediante biopsia dell’arteria temporale; il criterio istologico più importante (e obbligatorio) è la presenza di un infiltrato di cellule mononucleate, linfociti T attivati, macrofagi e cellule giganti multinucleate prevalente nella giunzione intima-media, oppure che interessa l’intera parete del vaso (panarterite). Possono avere un ruolo diagnostico gli studi di imaging come l’ultrasonografia, l’IRM delle arterie temporali, la scansione PET.

 

Nell’ACG sono di una indubbia efficacia i glucocorticoidi il cui impiego può essere ridotto da una concomitante terapia con agenti immunosoppressori, come il metotrexate. La somministrazione concomitante di una terapia antipiastrinica o anticoagulante è in grado di ridurre la ricorrenza degli episodi ischemici. La malattia è cronica e il decorso clinico è estremamente variabile. In circa il 50% dei pazienti si verificano recidive. La complicanza più grave è la perdita della vista.

 

Arterite di Takayasu

Descritta per la prima volta nel 1908 dal medico Mikito Takayasu è anche detta malattia senza polso; presenta una incidenza di 0.2-0.6 casi/100 con una netta prevalenza nel sesso femminile. È una vasculite granulomatosa dei grandi vasi arteriosi dovuta alla flogosi della parete aortica con esito in stenosi. L’infiammazione può interessare l’aorta, le sue maggiori diramazioni e l’arteria polmonare; infatti sono descritti vari tipi diversi a seconda del tratto aortico interessato in quanto può colpire i rami dell’arco aortico, o il tratto ascendente più l’arco o il discendente comprese o meno le arterie renali.

 

I sintomi principali sono febbre, artrite, artralgie, linfoadenopatia, dolore toracico e addominale. Il nome di “malattia senza polso” è dovuto alla assenza del polso arterioso delle estremità superiori a causa dell’obliterazione dei vasi dell’arco aortico e quindi dell’arteria radiale. Può essere presente un interessamento cardiaco con insufficienza aortica. Più tardivamente compaiono i sintomi vascolari: come claudicatio intermittens, disturbi visivi, dolori addominali, ipertensione polmonare, infarto, angina.

 

L’arterite di Takayasu è probabilmente una malattia autoimmune, in cui si verifica una disfunzione del sistema immunitario che reagisce contro le strutture delle arterie.

Istologicamente si possono osservare due fasi della malattia: una fase acuta con un infiltrato perivascolare di macrofagi, linfociti e plasmacellule fino a formare un granuloma con cellule giganti e necrosi e una fase successiva con ispessimento irregolare della parete vascolare con iperplasia intimale e fibrosi trans-murale. A livello macroscopico si nota un ispessimento della parete vascolare con restringimento luminare dei grossi vasi.

 

In laboratorio si riscontra un aumento degli indici aspecifici di flogosi. La diagnosi si effettua con tecniche di imaging come l’eco-doppler, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica. Molto utile risulta l’angiografia.

 

Il trattamento di questa patologia si basa sull’assunzione di farmaci corticosteroidei, che sono in grado di ritardare la progressione della malattia; in caso di insufficiente azione dei corticosteroidi si passa alla somministrazione di farmaci immunosoppressori (methotrexate). Infine, in alcuni casi può essere utile un intervento di correzione delle anomalie vascolari.

 

Poliarterite nodosa

La poliarterite nodosa, detta anche malattia di Kussmaul-Maier, è una vasculite sistemica di soggetti giovani o adulti caratterizzata da una infiammazione necrotizzante interessante lo spessore della parete delle arterie muscolari di piccolo e medio calibro; coinvolge i vasi di qualunque organo eccetto i polmoni, con preferenza per le arterie renali.

 

Si manifesta in tutte le fasce d’età, compresi i bambini, anche se è più comune ad una età media di 40 – 50 anni; la malattia è più frequente nei maschi rispetto alle femmine con un rapporto di 3/1. Può essere associata a positività per l’HbsAg o per l’epatite C (10-30% dei casi).

 

Febbre, perdita di peso, malessere generale sono i sintomi iniziali, ai quali seguono ipertensione rapidamente progressiva e insufficienza renale cronica. Possono essere presenti dolore ischemico, claudicatio intermittens, nevriti monolaterali multiple; nel 50% dei casi è colpita la pelle con ulcere e livedo reticularis.

 

Vengono interessati numerosi organi con un’alterazione generale dello stato di salute, rapida perdita di peso, paralisi dei nervi periferici, malattia renale (circa il 60% dei casi), che può aggravarsi fino a rendere indispensabile la dialisi, e problemi digestivi come emorragie, perforazione, appendicite, pancreatite. Possono associarsi artralgie e mialgie; anche anomalie cardiache (1/3 dei casi) e cerebrali (cefalalgia) e, più raramente, sintomi oculari e genitali (orchite). Sono possibili forme attenuate della malattia, che interessano esclusivamente la cute, i muscoli e/o le articolazioni.

 

Il trattamento è sostanzialmente una terapia immunosoppressiva a base di steroidi, combinati con la ciclofosfamide orale o endovena nei casi più gravi.

 

Morbo di Kawasaki

Questa malattia è stata descritta per la prima volta nel 1967 dal pediatra giapponese Tomisaku Kawasaki, da cui la malattia ha preso il nome.

 

La sindrome di Kawasaki o sindrome muco-cutanea dei linfonodi colpisce prevalentemente i bambini d’età inferiore ai 5 anni. È diffusa in tutto il mondo con andamento endemico. È la seconda vasculite più frequente nel bambino dopo la porpora di Schonlein-Henoch; in Italia ha una incidenza di 14 casi ogni centomila. È quindi una vasculite infantile delle arterie di media e piccola dimensione e interessa soprattutto le arterie coronarie.

 

L’eziologia è ancora sconosciuta; l’ipotesi più seguita presuppone che l’evento scatenante sia una ipersensibilità o una non corretta risposta immune, probabilmente innescata da un agente infettivo con conseguente attivazione linfocitaria; sono stati chiamati in causa vari possibili agenti infettivi responsabili del morbo di Kawasaki: virus di Episten-Barr, Retrovirus, Parvovirus B-19 (tipico agente causale della quinta malattia), streptococchi e stafilococchi. La malattia può evolvere in un processo infiammatorio e danno a carico dei vasi sanguigni in soggetti geneticamente predisposti. Spesso la sindrome esordisce dopo patologie virali anche non gravi.

 

È caratterizzata da febbre molto elevata (40-41 °C), resistente al trattamento antibiotico, congiuntivite bilaterale; caratteristiche le lesioni delle labbra che si presentano secche e arrossate e della mucosa orale, con lingua di color fragola. Compare edema dei piedi e/o delle mani cui fa seguito una desquamazione delle dita delle mani e dei piedi; si può verificare una poliartrite di gravità variabile e una linfoadenopatia cervicale; inoltre esantema cutaneo con caratteristiche simili a quello del morbillo o della scarlattina con distribuzione sul tronco, sugli arti e nella zona addominale e inguinale. Se non diagnosticata in tempo può portare all’infarto del miocardio.

 

Non esistono test di laboratorio specifici pertanto la diagnosi della sindrome di Kawasaki si basa esclusivamente su almeno 5 dei seguenti 6 criteri clinici:

  • Febbre (elevata, per più di 5 giorni e che recidiva dopo la sospensione dell’antipiretico)
  • Iperemia congiuntivale (bilaterale e senza essudazione)
  • Lesioni boccali (arrossamento, secchezza delle labbra, lingua a fragola)
  • Rash (polimorfo e pruriginoso)
  • Edema, eritema, solchi ungueali alle estremità
  • Linfoadenomegalia

 

L’ecocardiografia o angiografia coronarica può mettere in evidenza, se presenti, aneurismi coronarici.

 

La Diagnosi differenziale va fatta soprattutto con scarlattina, morbillo, Sindrome di Stevens-Johnson, shock settico e avvelenamento da Hg.

 

La terapia consiste in un unico ciclo di immunoglobuline per via endovenosa e aspirina. Se eseguita durante la fase acuta della malattia è in grado di ridurre la frequenza delle lesioni alle arterie coronariche. I pazienti che non rispondono al questa terapia possono essere trattati con Infliximab.

 

Morbo di Buerger

Questa patologia prende il nome del medico Leo Buerger che per primo, nel 1908, la descrisse con una accuratezza denominandola tromboangioite obliterante.

 

È una malattia infiammatoria cronica occlusiva, una vasculite che colpisce le arterie di piccolo e medio calibro e le vene degli arti superiori e inferiori (soprattutto delle estremità), di solito causandone l’ostruzione (perciò obliterante) in conseguenza della formazione di trombi.

È una malattia diffusa in tutto il mondo; colpisce prevalentemente i maschi fumatori in età adulta (età media intorno ai 35 anni); recentemente, aumentando il fumo anche tra le donne, l’incidenza sta aumentando anche nel sesso femminile: la prevalenza oscilla tra 0,5 e 5,6 % nell’Europa occidentale, fino a valori più elevati in India (45-63%), in Corea e in Giappone (16-66%) e tra gli ebrei Ashkenaziti (80%).

 

L’eziologia è sconosciuta, anche se è evidente il suo rapporto con il fumo. È stata prospettata l’ipotesi di un meccanismo di natura autoimmunitaria, con ipersensibilità cellulo-mediata verso il collagene umano di tipo 1° e 3°, costituenti della parete dei vasi. È possibile inoltre una predisposizione genetica, con importanti variazioni di incidenza nelle varie popolazioni.

Prima che la malattia diventi clinicamente evidente molti pazienti avvertono sensazione di freddo, formicolio e bruciore spesso accompagnati dal fenomeno di Raynaud. La patologia esordisce in modo graduale a partire dai vasi più distali degli arti superiori e inferiori fino ad arrivare alle zone più prossimali.

 

La sintomatologia consiste in sintomi e segni simili a quelli dell’ischemia arteriosa e della tromboflebite superficiale; in circa il 40% dei casi è presente una storia di flebiti migranti (di solito delle vene superficiali della gamba o del piede). Il paziente presenta dolore localizzato frequentemente al collo del piede che compare con la deambulazione e regredisce con il riposo (claudicatio intermittens). Talvolta i sintomi interessano la mano, con comparsa di ulcerazioni alle dita, dolore, ischemia arteriosa, riduzione della sensibilità tattile e termica; nel corso della patologia può verificarsi precocemente una gangrena. Nei casi più gravi il dolore si fa continuo con riduzione o assenza del polso arterioso di una o più delle arterie del piede e dell’arteria radiale.

 

La diagnosi di morbo di Buerger di solito viene fatta nel corso dell’esame clinico quando sono presenti una storia di fumo e la sintomatologia precedentemente descritta.

Esami utili sono la pletismografia e l’ecodoppler degli arti superiori o inferiori. Gli esami ematochimici vanno eseguiti per escludere una patologia autoimmune, una condizione di ipercoagulabilità o il diabete mellito.

 

La terapia consiste nel divieto assoluto di fumare, sia direttamente sia evitando anche il fumo passivo. Molti pazienti mostrano un notevole e immediato miglioramento già poche settimane dopo aver smesso questa abitudine; possono essere somministrati cortisonici, antinfiammatori non steroidei (FANS), anticoagulanti, calcioantagonisti e vasodilatatori.

 

In casi selezionati una terapia chirurgica (simpatectomia lombare) ottiene risultati positivi.

 

Poliangioite microscopica (MPA)

La poliangioite microscopica è stata descritta per la prima volta nel 1923 da Friedrich Wohlwill come una “poliangioite microscopica nodosa”: è una vasculite sistemica necrotizzante infiammatoria, che interessa per lo più i piccoli vasi (arteriole, capillari, venule) in tutti gli organi. È anche detta vasculite da ipersensibilità o vasculite leucocitoplastica; nel 90% dei casi è associata a glomerulonefrite necrotizzante e nel 75%a positività per i p-ANCA

 

LA MPA è una malattia autoimmune associata ad autoanticorpi citoplasmatici antineutrofili (ANCA), con o senza deposito di immunocomplessi. Gli ANCA possono attivare i neutrofili e i monociti attaccando le pareti dei vasi. Gli ANCA sembrano svolgere un possibile ruolo patogenetico nello sviluppo del danno endoteliale nella MPA. La lesione vascolare acuta è una necrosi vascolare segmentale con infiltrazione di neutrofili e monociti, spesso accompagnata da leucocitoclasia ed accumulo di fibrina (necrosi fibrinoide). Ne consegue una emorragia di grado variabile che sfocia nella venulite del derma con porpora, nella capillarite alveolare con emorragia polmonare e nella glomerulonefrite con ematuria.

 

Granulomatosi di Wegener

Prende il nome dal patologo tedesco Friedrich Wegener che l’ha descritta nel 1936. La Granulomatosi di Wegener è una vasculite granulomatosa necrotizzante caratterizzata dall’associazione tra l’infiammazione della parete dei vasi e la granulomatosi extravascolare; è una rara malattia infiammatoria, che colpisce i vasi sanguigni di medio e piccolo calibro delle vie aeree con glomerulonefrite e vasculite sistemica.

 

Presenta una prevalenza variabile da 1 caso/42.000 e 1 caso/6.400 soggetti. Interessa entrambi i sessi e l’età media di esordio è intorno ai 45 anni, ma può colpire talvolta anche soggetti molto anziani e bambini.

 

L’eziologia è sconosciuta, ma è possibile ipotizzare una patogenesi di tipo autoimmune per il riscontro di ipergammaglobulinemia, autoanticorpi circolanti e anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA); la reazione autoimmune è probabilmente dovuta all’intervento dei linfociti T che indurrebbero un danno tissutale progressivo e cronicizzante con un meccanismo Th1-mediato. Specifici della malattia sono gli autoanticorpi ANCA (Anti-Neutrophil Cytoplasmic Antibodies), in particolare gli anti-PR3 (anti-proteinasi-3, proteina cationica secretoria contenuta nei granuli azzurrofili dei granulociti neutrofili), che possono indurre danno sia direttamente, sia stimolando la degranulazione e l’attività infiammatoria dei neutrofili.

 

La lesione tipica della malattia è un granuloma con centro necrotico, che si ritrova generalmente nella parete di arteriole, capillari e venule delle vie aeree e del polmone, nei parenchimi circostanti e nei glomeruli renali. Istologicamente si osserva una componente infiammatoria polimorfa con neutrofili, spesso localizzati al centro e cellule giganti tipo Langerhans alla periferia; inoltre sparsi linfociti, plasmacellule ed eosinofili.

 

La sintomatologia clinica è caratterizzata da manifestazioni a carico dell’orecchio, del naso e della gola nel 70-100% dei pazienti con ostruzione nasale persistente, sinusite, rinite emorragica e/o crostosa, otite media sierosa, perdita dell’udito e/o deformità della sella del naso, coinvolgimento polmonare (noduli, emorragia alveolare e da infiltrazione) e malattia renale (tipicamente una glomerulonefrite necrotizzante extracapillare). Sono frequenti i sintomi generali (astenia, febbre, artralgia, mialgia e/o perdita di peso). Nell’11-68% dei pazienti è presente una neuropatia periferica (in particolare, una multineurite) e nel 6-13% dei casi sono stati osservati sintomi a carico del sistema nervoso centrale (cefalee, deficit sensitivo-motorio, emiplegia e epilessia). Nel 10-50% dei pazienti sono state osservate lesioni cutanee (porpora, papule e ulcere). Sono frequenti le anomalie oculari (14-60% dei casi). È meno comune il coinvolgimento cardiaco (meno del 10% dei pazienti) che spesso è asintomatico.

 

All’esordio della malattia nel 90% dei casi si osservano manifestazioni a carico del tratto respiratorio superiore, come rinorrea siero-purulenta od ematica, sinusite, ulcerazioni della mucosa orale e nasale, perforazione del setto nasale con conseguente deformazione “a sella” del naso, otite media per chiusura della tuba di Eustachio e secondaria ipoacusia di trasmissione.

Successivamente compaiono manifestazioni a carico del tratto respiratorio inferiore con tosse, emottisi, pleurite, dispnea rapidamente progressiva; all’esordio della sintomatologia si riscontrano nel infiltrati e/o noduli polmonari 45% dei casi.

Le manifestazioni renali (presenti nel 15% dei casi all’esordio) variano da un reperto di ematuria, proteinuria e cilindri di globuli rossi fino alla insufficienza renale rapidamente progressiva.

Altri sintomi possibili sono: artralgie, febbre, lesioni cutanee (papule,vescicole, porpora palpabile, ulcere o noduli sottocutanei), perdita di peso, neuropatie periferiche in particolare mononeurite multipla, lesioni oculari (congiuntivite, episclerite, ulcerazioni corneali, sclerite, uveite, vasculite retinica o neuropatia retinica) od orbitarie (proptosi con bulbo spinto in avanti e in basso ed oftalmoplegia), pericardite, o più raramente vasculite nelle coronarie o cardiomiopatia, accidenti cerebrovascolari da vasculite nei vasi cerebrali o granulomi encefalici, coinvolgimento prostatico o intestinale ed infine dei tessuti molli.

 

La diagnosi si basa sul riconoscimento del quadro clinico e sulla rilevazione degli anticorpi citoplasmatici antineutrofili (ANCA) nel siero, in particolare cANCA anti-PR3. La biopsia della cute o dei tessuti del naso, dei polmoni e dei reni dovrebbe permettere la conferma della diagnosi. Il trattamento delle forme sistemiche si basa sulla corticoterapia in associazione alla somministrazione intravenosa di ciclofosfamide, inizialmente ogni due settimane e in seguito ogni tre settimane fino alla remissione. Per la terapia di mantenimento viene usato un agente immunosoppressivo alternativo (azatioprina o metotrexato). Con il trattamento, la remissione della malattia è raggiunta nell’85% dei casi, ma la ricorrenza è presente nella metà dei pazienti nei cinque anni successivi alla diagnosi.

 

Vasculite da farmaci o da ipersensibilità

È una malattia autoimmune che compare dopo l’assunzione di determinati farmaci (allopurinolo, tiazidici, sulfonamidi, fenitoina e penicilline). L’età di insorgenza è superiore ai 16 anni ed è caratterizzata da una porpora palpabile che non scompare alla vitropressione o digitopressione, non è legata alla trombocitopenia ed ha evoluzione ipercromica o cicatrizzante. Possono comparire anche eruzioni maculo-papulari con lesioni piatte e sollevate di varia grandezza.

 

La vasculite da ipersensibilità è la forma cutanea della vasculite leucocitoclastica sistemica dovuta ad un interessamento sistemico di tipo ischemico di vari organi: cuore (infarto, pericardite), occhi (cheratocongiuntivite, vasculite retinica), apparato gastro-enterico (nausea, vomito, melena, pancreatite), Polmone (emottisi), Rene (microematuria, proteinuria).

 

La biopsia cutanea mette in evidenza neutrofili perivascolari e necrosi fibrinoide dei vasi.

 

 

La Diagnosi delle Vasculiti

La diagnosi, oltre ad una accurata anamnesi ed un meticoloso esame obiettivo, si basa sulla associazione di vari parametri clinici, sierologici, angiografici ed istologici. Nelle vasculiti l’approccio clinico per l’inquadramento dei principali quadri clinici è di primaria importanza rispetto ai parametri sierologici.

 

Il livello successivo del procedimento diagnostico si basa su diversi test sierologici: autoanticorpi, crioglobuline, indagini su agenti infettivi associati a vasculiti come HBV, HCV ed HIV, valutazione di componenti della funzione complementare, in particolare C3, C4, CH50, THC. Inoltre va eseguito lo studio della funzionalità dei vari organi interessati.

 

 

La Terapia

 

La terapia dipende dalla tipologia specifica della vasculite, dagli organi coinvolti e dalle condizioni generali di salute del paziente. Quando si intervenga il più precocemente possibile, possono essere evitati danni permanenti. Alcuni tipi di vasculite sono auto-limitanti e possono migliorare spontaneamente, mentre altri richiedono farmaci generalmente diretti a fermare l’infiammazione con gli steroidi e a controllare il sistema immunitario con un trattamento con farmaci citotossici. In determinati casi, se iI danno provocato da una vasculite è molto grave può essere necessario un intervento come un trapianto di rene o l’innesto di un bypass vascolare per facilitare il flusso di sangue.

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