Loader
 

Spondilite Anchilosante

CHE COS’È LA SPONDILITE ANCHILOSANTE?

La Spondilite Anchilosante (dal greco spondylos: vertebra), detta anche morbo di Bechterew o spondiloartrite anchilosante, è una malattia infiammatoria cronica immunomediata, su base genetica, che colpisce il sistema muscolo-scheletrico e, in particolare, le articolazioni sacro-iliache e la colonna vertebrale in modo simmetrico. La malattia, tuttavia, può coinvolgere anche le articolazioni periferiche.

 

La Spondilite Anchilosante è una malattia prevalentemente maschile con una incidenza maschi/femmine di 3:1. Colpisce i bambini dopo i 10 anni, ma più frequentemente esordisce in soggetti giovani di età compresa tra i 20 e i 40 anni; la forma tardiva colpisce tra i 50 e i 60 anni.

Nei soggetti femminili la Spondilite Anchilosante presenta, generalmente, un decorso meno severo rispetto a quelli maschili.

 

 

 

 

EZIOPATOGENESI

La Spondilite Anchilosante si sviluppa in soggetti geneticamente predisposti. Si osserva, non di rado, un’aggregazione familiare con una discreta frequenza di spondiloartriti anche diverse dalla Spondilite Anchilosante, all’interno dello stesso nucleo familiare. Nella maggior parte delle persone affette da tale patologia è stata dimostrata un’associazione con i polimorfismi “HLA B27-06” e “HLA B27-09”, geneticamente ereditati da uno o da entrambi i genitori e presenti solo nel 4% delle persone sane.

 

Come già anticipato, la Spondilite Anchilosante è da considerarsi come un Disordine Infiammatorio ImmunoMediato – quindi una IMID – al pari dell’artrite reumatoide, della psoriasi, delle malattie infiammatorie intestinali (malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa), del diabete mellito di tipo 1, della sclerosi multipla. Tutte le IMID hanno in comune le caratteristiche dell’infiammazione cronica; alcune, come l’artrite reumatoide, il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla hanno chiare caratteristiche autoimmuni; altre, come le malattie infiammatorie intestinali o la Spondilite Anchilosante, sono più “auto-infiammatorie”.

 

Nel corso degli ultimi decenni, i progressi nella ricerca molecolare e immunologica hanno portato ad una migliore comprensione di queste malattie e hanno messo in evidenza il ruolo chiave, nella loro fisiopatologia, della disregolazione del sistema delle citochine.

 

Per quanto la patogenesi della Spondilite Anchilosante sia ancora oggi poco conosciuta, studi recenti su famiglie e gemelli che ne sono affetti hanno dimostrato che, con l’HLA-B27, altri due geni concorrono allo sviluppo della malattia: il gene “ARTS1” detto anche “ERAP1” e il geneIL23R”, entrambi coinvolti nella regolazione dei meccanismi immunitari. Un’eventuale mutazione in “ERAP1” induce un’anomala attivazione del sistema immunitario, causando infiammazione e danno tissutale. Il gene “IL23R”, per il quale era già stato evidenziato un coinvolgimento in altre condizioni IMID come la psoriasi e le malattie infiammatorie intestinali, sembrerebbe avere un ruolo importante nell’ambito della risposta immunitaria alle infezioni e nel controllo dell’infiammazione.

I soggetti portatori di tutte e tre le aberrazioni genetiche, relative a HLA-B27, ERAP 1 e IL23R, presentano un rischio quattro volte maggiore di sviluppare la Spondilite Anchilosante.

 

Per quanto, tuttavia, questa malattia infiammatoria immunomediata abbia chiare caratteristiche di patologia “poligenica”, la sola predisposizione genetica non basta a scatenarla. Il meccanismo più probabile di innesco del processo infiammatorio sarebbe da individuarsi nella risposta alterata del sistema immunitario di un individuo geneticamente predisposto verso un fattore ambientale che, seppur non ancora precisamente identificato, più probabilmente potrebbe essere rappresentato da agenti batterici tra i quali un ruolo preminente è stato attribuito a klebsiella pneumoniae e mycoplasma.

Inoltre, poiché la frequenza e la severità della malattia sono più spiccate nel sesso maschile, è stata avanzata l’ipotesi che nella sua eziopatogenesi siano implicati gli ormoni androgeni.

 

 

CLINICA

La Spondilite Anchilosante è una malattia subdola. Negli stadi iniziali, il dolore interessa solamente la colonna vertebrale, per poi colpire eventualmente altre sedi articolari. Nei casi più gravi, la patologia potrebbe portare il paziente all’invalidità totale.

 

Se non opportunamente curata, l’infiammazione delle articolazioni coinvolte darà forma ad un tessuto “cicatriziale”, così generando dei ponti ossei tra le articolazioni che non potranno più muoversi liberamente. Solitamente la malattia colpisce lo scheletro assiale: articolazioni sacro-iliache, colonna lombosacrale, dorsale, cervicale e, meno frequentemente, le caviglie. Le articolazioni di ginocchia, polsi, gomiti e spalle generalmente non vengono coinvolte in questo processo.

Il paziente non è in grado di muoversi correttamente, in quanto sono impossibili i comuni movimenti. Nell’evoluzione patologica della spondilite può accadere che, con il coinvolgimento del tratto cervicale della colonna, il paziente vada incontro ad una progressiva incapacità di flessione e torsione del collo.

 

Le articolazioni costali e vertebrali tendono a bloccarsi, la colonna vertebrale diventa completamente rigida, tanto che ad un esame radiografico i corpi vertebrali risultano fusi tra loro e quasi ossificati, definiti a “canna di bambù”. Si può verificare una sensazione di chiusura della gabbia toracica che impedisce la completa escursione respiratoria.

 

Mentre nell’artrite reumatoide la lesione originaria è la “sinovite”, cioè un’infiammazione della membrana che riveste l’interno delle articolazioni (sinovia), nella Spondilite Anchilosante la sinovite è sempre secondaria ad una originaria “entesite”, cioè ad una primaria infiammazione che colpisce le entesi ovvero i punti di inserzione in corrispondenza dei quali legamenti, tendini o capsule articolari si attaccano alle ossa. Tale processo infiammatorio influirà in profondità sui legamenti e sui muscoli vicini creando spasmo muscolare e dolore.

 

La Spondilite Anchilosante può anche essere accompagnata da febbricola, moderata anemia, astenia, cifosi, disturbi neurologici (parestesie, deficit, radicoliti o sciatalgie da compressione). È pure possibile un interessamento dell’intestino con disturbi enterici di varia intensità, per quanto altre manifestazioni extrarticolari possano riguardare gli occhi, l’apparato cardiocircolatorio e il comparto metabolico con una possibile amiloidosi.

 

 

LA DIAGNOSI DELLA SPONDILITE ANCHILOSANTE

La diagnosi di Spondilite Anchilosante si basa sullo studio clinico e radiologico delle articolazioni colpite, sulle difficoltà di movimento, sul dolore che non migliora col riposo e sulla positività all’HLA-B27.  I criteri diagnostici principali sono:

  • dolore alla zona sacrale che si irradia lungo il gluteo;
  • dorsalgie e rigidità diffusa;
  • difficoltà nel dormire se non in determinate posizioni e dolori al risveglio;
  • dolore che si accentua quando il paziente resta immobile per tempi più o meno lunghi;
  • dolore che si allevia se il paziente si muove e svolge attività fisica;
  • persistenza del malessere per un periodo superiore ai tre mesi.

 

Le indagini laboratoristiche prevedono, oltre ai comuni esami del sangue con peculiare determinazione dei parametri dell’infiammazione, la ricerca dei geni HLA.

La Spondilite Anchilosante viene definita “spondiloartropatia sieronegativa” per l’assenza del Fattore Reumatoide presente, invece, nell’artrite reumatoide.

 

 

LA TERAPIA DELLA SPONDILITE ANCHILOSANTE

Per il trattamento della Spondilite Anchilosante sono consigliati i farmaci steroidei e gli anti-infiammatori non steroidei (FANS) tra i quali, in particolar modo, i cosiddetti “inibitori selettivi di Cox-2” (es. Celecoxib). Un’altra opzione emersa come valida alternativa di trattamento per i pazienti con Spondilite Anchilosante è quella dei farmaci biotecnologici (dagli storici anti-TNF, agli inibitori di IL-17 e fino ai più recenti Jak inibitori) tra i quali Etanercept, Infliximab, Adalimumab e fino al più recente Upadacitinib.

 

Utilizzabili, nelle fasi in cui predomina il dolore altrimenti incontrollabile, sono gli oppioidi magari in associazione a fisioterapia, termoterapia e assunzione di vitamina D e vitamina C (che ha, tra i suoi effetti, il potenziamento della sintesi naturale di ormoni steroidei) per arrivare, in casi estremi. alla chirurgia ortopedica.

Questo sito utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione. Esprimi il tuo consenso cliccando sul pulsante 'Accetta'. Se neghi il consenso, non tutte le funzioni di questo sito saranno disponibili