CHE COS’È LA SINDROME DI SJÖGREN?
La sindrome di Sjögren deve il suo nome al suo scopritore Henrik Sjögren di Copenaghen, che la descrisse per la prima volta nel 1933.
È una classica IMID, ovvero una Malattia Infiammatoria cronica Immunomediata che colpisce e danneggia le ghiandole a secrezione esterna (ghiandole esocrine) come le ghiandole salivari, lacrimali e parotidi. Questo avviene tramite un processo autoimmunitario mediato dai linfociti T con la concomitante produzione di autoanticorpi (tra i quali soprattutto gli anti-Ro/SSA e gli anti-La/SSB) per un’eccessiva attivazione dei linfociti B.
In determinati casi possono essere interessate anche le ghiandole dello stomaco, delle vie respiratorie, le ghiandole sudoripare e quelle dell’apparato genitale femminile. Il processo autoimmune, inoltre, può estendersi anche ad altri organi interni, come rene, polmone, sistema nervoso, il che giustifica la definizione di “sistemica”.
La malattia esordisce di solito in un’età compresa fra i 45 e i 60 anni; secondo i dati forniti da una recente ricerca dedicata, in Italia la Sindrome di Sjögren presenta una prevalenza di circa 4 casi ogni 10mila persone/anno, con un rapporto femmine/maschi pari a 9:1.
L’ORIGINE E LE CAUSE DELLA SINDROME DI SJÖGREN
Come tutte le IMID, anche la Sindrome di Sjögren è patologia multifattoriale, con la compartecipazione di fattori genetici, ormonali, immunologici e virali operanti in maniera variabile a seconda del paziente e della fase di malattia.
- Fattori genetici: la sindrome di Sjögren risulta associata a una predisposizione genetica legata ai fenotipi HLA DRw52 (che aumenta di 20 volte il rischio di sviluppare la malattia), HLA-DR3 (per la forma associata ad anticorpi anti-SSA e anti–SSB) e HLA-DR4 (per la forma associata ad artrite reumatoide).
- Fattori ormonali: la netta prevalenza della malattia nel sesso femminile potrebbe essere attribuita all’azione degli estrogeni, che sono in grado di amplificare l’attivazione dei linfociti B e la conseguente formazione di autoanticorpi.
- Fattori infettivo-immunologici: relativamente ai rapporti della Sindrome di Sjögren con le infezioni, si ritiene che il Citomegalovirus (CMV) ed il virus di Epstein Barr (EBV) siano in grado di indurre la malattia. Tale ipotesi viene ulteriormente suffragata dalla spiccata affinità di questi virus per le ghiandole salivari, dove potrebbero innescare una reazione autoimmune con conseguente produzione di autoanticorpi. Questi ultimi influenzano il danno a carico delle ghiandole salivari determinando un’alterazione dei dotti escretori con successiva atrofia e distruzione delle stesse ghiandole; a livello delle ghiandole lacrimali, invece, danneggiano il dotto secretorio compromettendo la secrezione lacrimale. Alterazioni analoghe possono verificarsi a livello di tutte le ghiandole dell’organismo con il risultato di secchezza della cute, della vulva, dell’albero bronchiale, della gola e della mucosa nasale.
I SINTOMI DELLA SINDROME DI SJÖGREN
I sintomi della Sindrome di Sjögren all’esordio possono essere piuttosto generici e comparire molti anni prima della diagnosi definitiva.
Nella descrizione clinica della malattia si possono distinguere:
- una forma primaria in cui si verifica il coinvolgimento delle ghiandole esocrine con o senza impegno sistemico, e in questo caso si parla di sindrome sicca;
- una forma secondaria se la patologia è associata ad altre malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la sclerodermia, le vasculiti, la connettivite mista, la tiroidite di Hashimoto, la polimiosite, la colite ulcerosa, il morbo di Crohn ed altre ancora.
I sintomi più comuni sono la secchezza oculare (xeroftalmia) e la secchezza della bocca (xerostomia) che porta a deglutizione difficoltosa (disfagia) e ad infezioni del cavo orale. Si può anche presentare una secchezza delle vie aeree (xerotrachea) con bronchiti ricorrenti.
I disturbi a carico degli occhi si manifestano con bruciore oculare, prurito, arrossamento, sensazione di corpo estraneo o di “sabbia negli occhi” e fotofobia (luce intensa che dà fastidio); subentrano la difficoltà della lettura e/o di usare il computer o di guardare la televisione. L’osservazione mostra un aspetto di cheratocongiuntivite secca, in realtà non specifica per la Sindrome di Sjögren. Le complicanze oculari comprendono: la congiuntivite infettiva (stafilococcica), le ulcerazioni della cornea, l’uveite posteriore.
L’interessamento orale è fondamentalmente legato ad una ridotta secrezione salivare che provoca secchezza della bocca, alterazione del gusto, difficoltà nella masticazione soprattutto di cibi secchi con necessità di assumere liquidi, carie dentali. Nel 60% dei casi è presente un ingrossamento delle parotidi che, all’esordio della malattia, può essere monolaterale per diventare poi bilaterale.
Se nella maggior parte dei casi l’interessamento rimane di solito limitato alle ghiandole salivari e/o lacrimali, in alcuni pazienti ci può essere interessamento delle mucose nasali (epistassi, alterazione dell’olfatto), del tratto respiratorio superiore e inferiore (secchezza tracheale, bronchiti), dell’apparato genitale esterno femminile (prurito e secchezza vaginale), dell’apparato gastrointestinale (gastrite cronica atrofica).
Tra gli altri sintomi, la Sindrome di Sjögren può annoverare: tumefazione delle ghiandole salivari maggiori, associazione con la cirrosi biliare primitiva, deficit pancreatico con turbe digestive, perdita di peso, pericardite. Spesso sono anche presenti astenia e facile stancabilità, dolori muscolari diffusi, febbricola, linfoadenopatie.
COMPLICANZE DELLA SINDROME DI SJÖGREN
Nelle forme con impegno sistemico si potranno registrare:
- dolori articolari e artriti, di solito a carico di più articolazioni e, comunque, simmetriche;
- secchezza cutanea diffusa, spesso associata a prurito e a ridotta sudorazione;
- alterazioni circolatorie delle estremità degli arti con fenomeno di Raynaud (nel 35% dei pazienti) e talvolta anche porpora cutanea dovuta a vasculite;
- impegno tiroideo con gozzo eutiroideo o tiroidite autoimmune;
- intorpidimento e sensazione di formicolio e bruciore agli arti inferiori (neuropatia periferica);
- tosse secca e, seppur raramente, complicanze come ipertensione polmonare o interstiziopatia polmonare;
- nefropatia tubulo-interstiziale, per diffusa infiltrazione linfocitaria dell’interstizio renale.
La Sindrome di Sjögren può favorire disordini linfoproliferativi con un rischio di linfoma 40 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Possono formarsi linfomi non Hodgkin a cellule B o linfomi a cellule T a carico delle ghiandole salivari, ma anche extraghiandolari.
DIAGNOSI DELLA SINDROME DI SJÖGREN
Per formulare diagnosi di Sindrome di Sjögren ci si può avvalere di esami strumentali e di laboratorio.
Esami strumentali
- Test di Schirmer: attraverso l’uso di una strisciolina di carta da filtro appoggiata sotta la palpebra inferiore, rileva l’eventuale scarsa secrezione di liquido lacrimale.
- Test al Rosa Bengala o con verde di lissamina: il colorante rileva le cellule dell’epitelio congiuntivale e corneale danneggiate o con scarsa vitalità; all’osservazione alla lampada a fessura emerge un quadro di cheratite.
- Break-up time test (BUT): valuta l’eventuale alterazione del film lacrimale, ossia di quella pellicola protettiva che, rivestendo la superficie corneo-congiuntivale, costituisce l’interfaccia tra l’occhio e l’ambiente esterno.
- Scialografia: si esegue introducendo un mezzo di contrasto idrosolubile nel dotto escretore della ghiandola parotide (dotto di Stenone). In presenza di patologia si potranno osservare dilatazione o restringimenti del condotto, oppure microcalcificazioni e marcata ritenzione del mezzo di contrasto dopo stimolo acido (succo di limone).
- Biopsia del labbro inferiore (dove sono presenti ghiandole salivari minori): è altamente specifica per la Sindrome di Sjögren se il prelievo bioptico comprende 5-10 ghiandole, con il tessuto connettivo circostante; l’esame istologico presenta tipicamente una massiva infiltrazione di linfociti e plasmacellule.
Esami di laboratorio
- L’emocromo completo mostra in genere anemia normocromica e normocitica e diminuzione dei globuli bianchi con linfopenia relativa.
- Con la elettroforesi delle proteine sieriche si riscontra ipergamma-globulinemia policlonale, soprattutto a carico delle IgG e delle IgA.
- La VES è di solito aumentata, la complementemia presenta riduzio-ne di C3 e C4.
- Ricerca di autoanticorpi: gli ENA (anticorpi anti-antigeni nucleari estraibili), che sono i markers sierologici della Sindrome di Sjögren (anticorpi anti-Ro/SSA e anti-La/SSB), sono presenti, spesso insieme, nel 50-70% dei casi di Sindrome di Sjögren primaria. Nella maggior parte dei pazienti si riscontrano fattore reumatoide IgM ad alto titolo, immunocomplessi circolanti e crioglobuline. Gli anticorpi antinucleo sono presenti in circa l’80% dei casi.
TERAPIA DELLA SINDROME DI SJÖGREN
Il trattamento di base della Sindrome di Sjögren consiste nell’impiego, oltre che di farmaci antinfiammatori e immunosoppressori, di prodotti sostitutivi in grado di compensare il difetto di secrezione delle ghiandole coinvolte nella malattia (salivari e oculari) per cercare di dare sollievo e migliorare la qualità di vita.
Utile può essere ottemperare ad attività quotidiane utili a garantire un’opportuna igiene oculare ed orale.
Per il trattamento della secchezza oculare è suggerito l’uso di lacrime artificiali a base di metilcellulosa o di alcool polivinilico.
Per il trattamento della secchezza orale è consigliata la frequente assunzione di liquidi, l’uso di spray o gel idratanti del cavo orale.
In casi selezionati, al fine di incrementare la secrezione ghiandolare, può essere usata la pilocarpina cloridrato.
Nelle forme con interessamento multiorgano può essere prevista la somministrazione di antinfiammatori non steroidei, cortisonici a basso dosaggio, idrossiclorochina suggerita nelle forme più lievi di malattia con impegno articolare, febbre e rash cutaneo, immunosoppressori come methotrexate o azatioprina nei casi di grave impegno d’organo.
Attualmente è in fase di sviluppo clinico Ianalumab, un anticorpo monoclonale che agisce prendendo di mira il recettore BAFF (BAFF-R). Sulla base dei riscontri ottenuti da uno studio recentemente pubblicato su The Lancet, nella Sindrome di Sjögren questo nuovo farmaco biotecnologico risulterebbe essere rapidamente efficace e anche sicuro sul versante della tollerabilità e degli effetti avversi.