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Pèmfigo

CHE COS’È IL PÈMFIGO?

Il Pèmfigo: prototipo delle malattie autoimmuni a carico della pelle e delle mucose.

 

Il termine pèmfigo, sostantivo maschile, deriva dalla parola greca πέμϕιξ che vuol dire “pustola”.

Il termine indica una malattia in cui il sistema immunitario, anziché produrre anticorpi protettivi contro agenti nocivi esterni come virus o batteri, sviluppa anticorpi che attaccano i tessuti dell’organismo stesso. In caso di pemfigo, questi anticorpi anomali sono specificamente diretti contro determinate proteine che connettono tra loro le cellule dell’epidermide. Nel momento in cui queste proteine di contatto, aggredite dagli anticorpi, si sfaldano, le cellule dello strato più superficiale della pelle si disgregano staccandosi anche dagli strati più profondi della cute (acantolisi), con conseguente formazione di vesciche.

 

E, in effetti, sul piano clinico il pemfigo è patologia caratterizzata dalla formazione di vescicole e bolle piene di liquido che si sviluppano sulla superficie della pelle e sulle mucose.

 

Malattia bollosa autoimmune, Dermatite bollosa autoimmune e Acantholysis sono gli altri nomi con i quali il pemfigo può essere identificato.

 

 

L’ORIGINE E LE CAUSE DEL PEMFIGO

All’origine del pemfigo vi possono essere fattori diversi di tipo genetico, ambientale e immunitario.

Probabilmente esiste una suscettibilità genetica in grado di generare una maggiore incidenza della malattia in alcune popolazioni, come ad esempio quella mediterranea. Tuttavia, la predisposizione genetica da sola non sarebbe comunque in grado di determinare la sua genesi.

 

Tra i fattori ambientali in grado di scatenare o aggravare la dermatite bollosa autoimmune in soggetti predisposti vanno menzionati eventuali traumi a carico della cute, agenti chimici ad azione irritante, farmaci come antibiotici e antinfiammatori non steroidei (FANS). Anche l’esposizione ai raggi UV del sole può aumentare l’infiammazione e peggiorare le lesioni cutanee in pazienti affetti da pemfigo.

 

Ulteriori co-fattori chiamati in causa nella genesi della malattia sono le infezioni virali soprattutto quelle sostenute dal virus di Epstein-Barr (EBV) o da quello dell’herpes simplex (HSV). Ma la correlazione della stessa con gli eventi infettivi resta ancora da confermare.

 

Sul piano immunologico, il pemfigo può essere considerato come una delle più classiche malattie autoimmuni organo-specifiche, ovvero come malattia che colpisce la pelle ma che NON È DELLA PELLE, originandosi da un sistema immunitario funzionalmente deviato in grado di attaccare e distruggere, con immunoglobuline di tipo G (IgG) le proteine desmosomiali Desmogleina 1 (Dsg1) e Desmogleina 3 (Dsg3), contenute nella pelle e nelle mucose. Il disfacimento di queste proteine di giunzione, essenziali per l’adesione cellulare e l’integrità strutturale tanto della pelle quanto delle mucose, porterà alla formazione di bolle e vescicole tipiche della malattia.

 

 

TIPOLOGIE DI PEMFIGO E SINTOMATOLOGIA

La dermatite bollosa autoimmune è considerata patologia rara visto che la sua incidenza è di 2-10 nuovi casi all’anno su un milione di persone. Più frequentemente si manifesta in soggetti di età compresa tra i 50-60 anni.

Di pemfigo si conoscono tipologie diverse, ognuna con caratteristiche distintive in termini di localizzazione delle lesioni, gravità delle stesse e risposta al trattamento.

 

Pemfigo Volgare

È il sottotipo più comune, rappresentando circa il 70% dei casi di pemfigo in tutto il mondo.

Colpisce inizialmente le mucose interne, soprattutto quelle orali, ma può estendersi alla mucosa labiale, nasale, laringea (causando disfonia e disfagia), esofagea, congiuntivale, così come alla vagina, alla cervice uterina, al pene, all’uretra e all’ano. Le bolle che su queste mucose possono formarsi sono in genere dolorose, non danno prurito e guariscono lentamente.

Le lesioni sulla cute, invece, si presentano sotto forma di vescicole flaccide a pareti sottili e piene di liquido chiaro. L’eventuale rottura di queste vescicole potrà portare a trasudazione con infezioni sovrapposte ed erosioni dolorose.

 

Pemfigo Foliaceo

È un sottotipo a prevalente localizzazione cutanea, con lesioni più superficiali rispetto a quelle del pemfigo volgare ma anche più pruriginose. Le bolle si rompono facilmente formando croste e squame.

 

Pemfigo Erpetiforme

Questo sottotipo è caratterizzato da lesioni che assomigliano molto a quelle dell’herpes, con bolle generalmente piccole, aggregate in gruppi, pruriginose e a comparsa ciclica.

 

Pemfigo Paraneoplastico

È una forma di pemfigo nella quale le lesioni cutanee precedono o comunque si associano a tumori maligni. È la forma più grave e anche la più rara, riscontrabile in 3-5 casi su 100. Le bolle, che poi evolvono in erosioni dolorose delle mucose coinvolte e che, sulla pelle, si trasformano in macchie scure tendenti alla desquamazione, possono comparire in diverse parti del corpo e possono essere accompagnate da sintomi a carico di altri organi interni.

 

Pemfigo a IgA

In questa forma di pemfigo, generalmente di più lieve entità rispetto alle altre e dunque con buona prognosi, l’attività autoanticorpale viene realizzata non già dalle canoniche Immunoglobuline G, ma da Immunoglobuline A che possono essere dirette contro la Desmocollina 1, proteina localizzata negli strati più superficiali dell’epidermide (dermatosi pustolosa subcorneale), o anche contro le Desmogleine 1 e 3, situate principalmente negli strati più profondi dell’epidermide (dermatosi neutrofila intraepidermica).

Sul piano clinico, le formazioni bollose tipiche di questa tipologia di pemfigo, pure associate a intenso prurito, se opportunamente trattate giungono a guarigione senza lasciare cicatrici.

 

Pemfigo e Pemfigoide

Ulteriore importante distinzione da fare è quella tra pemfigo e pemfigoide, quest’ultimo riconosciuto come patologia conseguente ad un’anomalia funzionale del sistema immunitario che, in questo caso, indirizza immunoglobuline di classe IgG contro bersagli proteici chiamati emidesmosomi.

Nella pelle, queste proteine consentono ai cheratinociti, cioè alle cellule dello strato più superficiale (epidermide), di aderire allo strato intermedio (derma).

Nelle mucose, invece, le stesse proteine  consentono alle cellule del tessuto connettivo profondo (corion) di aderire a quelle del tessuto esterno di rivestimento (epitelio).

L’aggressione autoanticorpale porta al danneggiamento di quelle proteine e al conseguente distacco degli strati superficiale e intermedio di pelle e mucose con conseguente formazione di bolle.

Quindi, mentre nel pemfigo coi suoi diversi sottotipi, si verifica un danno diffuso delle strutture superficiali o profonde di cute e mucose, nel pemfigoide la lesione è limitata alle giunzioni tra epidermide e derma, ovvero tra il corion e l’epitelio delle mucose.

 

Anche il pemfigoide si differenzia in alcuni sottotipi:

 

Pemfigoide Bolloso

È caratterizzato dalla preliminare comparsa sulla pelle di eruzioni eritematose di tipo orticarico seguite dalla formazione di vesciche pruriginose o dolorose abitualmente localizzate sul tronco e nelle pieghe (più frequentemente dei gomiti e delle ginocchia).

 

Pemfigoide Bolloso Gestazionale

Può comparire entro i primi tre mesi di gravidanza, manifestandosi con forte sensazione di prurito soprattutto avvertito sulla superficie cutanea dell’addome, associato a papule rosse oppure a rash orticarioidi o a eritemi anulari, cui poi farà seguito la formazione di vesciche. Tali lesioni tendono a risolversi spontaneamente dopo il parto.

 

Pemfigoide Cicatriziale

Caratteristica peculiare di questa forma di pemfigoide, tipica delle persone anziane, è la comparsa reiterata di lesioni sulla cute e sulle mucose soprattutto di occhi e bocca.   Una volta rimarginate, le lesioni lasceranno sulla sede colpita importanti esiti cicatriziali.

 

 

DIAGNOSI DEL PEMFIGO

Nel sospetto di pemfigo si può procedere alla ricerca, nel sangue del paziente, degli specifici anticorpi Anti-Desmogleina dei quali, attraverso test immunoenzimatici (test ELISA), sarà anche possibile determinare la concentrazione che varia in parallelo con la severità della malattia o, semmai, con l’efficacia della terapia.

 

La diagnosi più dirimente, tuttavia, prevede una biopsia cutanea effettuata a margine dell’area cutanea lesionata, con successivo esame istologico che potrà evidenziare, nel sito di formazione della vescica, l’eventuale presenza di cheratinociti isolati e arrotondati, detti cellule acantolitiche. 

 

Altra procedura diagnostica da adottare nel sospetto di pemfigo è rappresentata dal segno di Nikolsky grazie al quale, semplicemente massaggiando con un dito la pelle normale adiacente alle lesioni, si potrà notare il facile distacco degli strati cutanei più superficiali resi fragili dalla malattia.  Una diagnosi precoce di pemfigo consente il ricorso a una terapia farmacologica efficace a più basse dosi.

 

 

LA TERAPIA DEL PEMFIGO

Il trattamento del pemfigo prevede una serie di misure farmacologiche e profilattiche finalizzate a ridurre l’infiammazione, modulare la risposta autoimmune, gestire al meglio i sintomi.

 

La terapia farmacologica può contare sull’impiego di:

 

  • corticosteroidi, per via orale e/o endovenosa (prednisone, metilprednisolone), da utilizzare magari ad alte dosi nelle fasi iniziali ma con progressiva riduzione posologica man mano che l’intensità dei sintomi si attenua;
  • immunosoppressori come l’azatioprina, il micofenolato mofetile, la ciclosporina, la ciclofosfamide, da assumere magari insieme ai corticosteroidi al fine di limitare l’impiego di questi ultimi, tanto più nei trattamenti di lungo corso;
  • terapie Immunomodulanti con immunoglobuline intravenose (IVIG) o plasmaferesi, da utilizzate nelle forme di pemfigo grave o refrattario al trattamento convenzionale, al fine di controllare la risposta autoimmune e contrastare gli effetti dell’infiammazione;
  • anticorpi monoclonali, da utilizzare nei casi in cui senza benefici si sia rivelata la terapia di prima linea con corticosteroidi e immunosoppressori convenzionali; da preferire tra i farmaci biotecnologici il rituximab, capace di neutralizzare selettivamente i linfociti B responsabili della produzione di autoanticorpi.

 

Nel caso di importanti lesioni cutanee, sarà sempre il caso di intervenire con medicazioni a base di idrocolloidi o sulfadiazina argentica.

 

 

PROGNOSI DEL PEMFIGO

Per quanto il pemfigo non sia direttamente letale, non va sottostimato il peso, talvolta invalidante, di questa patologia sulla qualità della vita dei pazienti che ne sono colpiti, nei quali le lesioni tipiche della malattia possono procurare dolore fisico, disagio emotivo, stress psicologico e limitazioni nelle attività quotidiane.

 

Proprio la sua primaria appartenenza all’ambito eterogeneo delle IMID (Disordini Infiammatori Immunomediati) porta a considerare il pemfigo come patologia da gestire attraverso un’alleanza interdisciplinare tra immunologi, dermatologi e altri eventuali professionisti della salute, in grado di assicurare al paziente un costante controllo dell’immunopatia d’origine e delle sue ricadute periferiche.