CHE COS’È LA MALATTIA DI HASHIMOTO?
È una malattia autoimmune – prototipo delle malattie autoimmuni ‘organo-specifiche’ – dovuta alla formazione, da parte di un sistema immunitario disturbato, di autoanticorpi circolanti, anti-tireoperossidasi (anti-TPO) e anti-tireoglobulina (anti-TG), molto importanti per la diagnosi. Descritta per la prima volta da Hakaru Hashimoto nel 1912, è stata definita Tiroidite Cronica Autoimmune (TCA).
Costituisce la forma più comune e frequente di malattie della tiroide. Presenta una prevalenza del 5-15% nel sesso femminile e del 1-5% in quello maschile. Nelle popolazioni con carenza di iodio rappresenta la prima causa di ipotiroidismo primario.
La Tiroidite Cronica Autoimmune è senz’altro la tireopatia più frequente tenuto conto, tra l’altro, dell’esistenza di forme asintomatiche, definite soltanto dalla positività anticorpale.
Presenta come elemento distintivo morfologico una cronica infiltrazione linfocitaria della ghiandola con frequente evoluzione verso l’ipotiroidismo. Il danno d’organo si basa su una serie di articolati e complessi meccanismi ai quali partecipano sia l’immunità umorale che quella cellulo-mediata con esito in un processo infiammatorio cronico immunomediato.
L’ORIGINE E LE CAUSE DELLA MALATTIA DI HASHIMOTO
La malattia di Hashimoto inizia nel momento in cui si verifica la “rottura” della tolleranza immunologica.
La capacità di saper distinguere tra ‘self’ (ciò che proprio dell’organismo) e ‘non self’ (ciò che è estraneo all’organismo) rappresenta la funzione più peculiare del sistema immunitario e consiste nel saper neutralizzare e rendere innocui gli antigeni estranei, senza minimamente coinvolgere, nella sua risposta, componenti “autologhe” che, cioè, appartengono allo stesso organismo.
La tolleranza al ‘self’ viene normalmente mantenuta grazie a diversi meccanismi che impediscono la maturazione e l’attivazione di linfociti potenzialmente ‘autoreattivi’. Dunque, la rottura della tolleranza al self si traduce nello sviluppo di risposte immunitarie verso antigeni dello stesso organismo, ciò che è alla base dell’ampio capitolo delle malattie autoimmuni. Appartiene a queste ultime la Tiroidite di Hashimoto nella quale, alla rottura della tolleranza immunologica, segue lo sviluppo di cloni di linfociti autoreattivi – e dunque lesivi – con conseguente manifestazione clinica della patologia.
Sono state avanzate diverse ipotesi sulle cause della perdita di tolleranza immunitaria verso componenti strutturali della tiroide; quella più accreditata attribuisce ad una anomala espressione di alcuni geni del cosiddetto “Complesso Maggiore di Istocompatibilità” (HLA-DR / MHC-II) che provvedono alla produzione di alcune proteine riconoscibili dai linfociti T. Tali proteine, normalmente assenti, sono invece presenti sulle cellule follicolari tiroidee dei pazienti con Tiroidite di Hashimoto, facendole diventare bersaglio di linfociti orientati contro alcune specifiche sostanze prodotte proprio dalle cellule tiroidee.
In realtà, fino ai primi del 900 dominava il dogma dell’horror autotoxicus proposto da Paul Ehrlich, secondo il quale mai l’organismo avrebbe potuto aggredire sé stesso. Nel 1956, però, tre coppie di ricercatori, indipendentemente tra di loro e proprio studiando le tiroiditi, sfatarono il dogma dimostrando chiaramente l’esistenza della malattia autoimmune. In particolare:
- Roitt e Doniach scoprono l’esistenza di autoanticorpi anti-Tireoglobuina nella Tiroidite di Hashimoto;
- Witebsky e Rose realizzano una Tiroidite sperimentale somministrando ad un coniglio un omogenato di tiroide di coniglio e precisando che l’antigene responsabile della tiroidite, presente nell’omogenato, era la tireoglobulina;
- Adams e Purves scoprono l’attività autoanticorpale del LATS (Long-Acting Thyroid Stimulator) diretto contro il recettore TSH, in un’altra tiroidite autoimmune definita Malattia di Basedow.
Antigeni tiroidei e autoanticorpi
La struttura della tiroide è organizzata in un gran numero di follicoli contenenti al loro interno una sostanza densa e viscosa chiamata colloide. In questa matrice si accumulano gli ormoni triiodotironina (T3) e tiroxina (T4) prodotti in quella stessa sede e poi opportunamente liberati a seconda delle esigenze dell’organismo.
La Tireoglobulina (Tg) è una glicoproteina iodata, principale componente della colloide follicolare in cui avviene la sintesi degli ormoni tiroidei. Abitualmente è presente in circolo in piccole quantità; di per sé non è ‘auto-immunogenica’ a meno che non si verifichi una rottura della tolleranza immunologica che porterà, come conseguenza, alla formazione di autoanticorpi anti-tireoglobulina (Ab. anti-Tg), per lo più di classe IgG, più raramente IgA e IgM.
Gli autoanticorpi anti-tireoglobulina sono presenti in un’ampia percentuale (almeno il 60%) di persone affette da tiroidite di Hashimoto, per quanto possano essere riscontrati anche in pazienti con tiroidite postpartum o tiroidite subacuta di De Quervain.
Altri autoanticorpi, tipicamente riscontrabili nel siero di quasi tutti pazienti con Tiroidite di Hashimoto, sono quelli diretti contro la tiroide-perossidasi (TPO), enzima che provvede alla sintesi di T3 e T4 partendo dalla tireoglobulina e che è contenuto all’interno delle cellule che rivestono i follicoli della tiroide. In realtà, anticorpi anti-tireoperossidasi (Ab. Anti-TPO) si ritrovano anche in soggetti normali, ovvero in pazienti con malattie autoimmuni non tiroidee.
Aspetti Isto-immunologici
All’esame isto-immunologico delle biopsie tiroidee eseguite in pazienti con Tiroidite di Hashimoto, si riscontra un’infiltrazione linfocitaria che porta alla formazione, nella struttura della ghiandola, di tipici follicoli linfoidi con prevalenza di linfociti T-attivati, e ad una progressiva degenerazione e necrosi della maggior parte delle cellule follicolari. I linfociti infiltranti la tiroide producono elevate quantità di autoanticorpi anti-tiroide, ciò che conferma che è la tiroide la sede effettiva dell’attività del processo autoimmune.
Tra l’altro, in prossimità della membrana basale dei follicoli, è frequente osservare una deposizione di immunocomplessi e complemento.
Quelle che si verificano nella tiroidite di Hashimoto sono, dunque, reazioni immunitarie ‘cellulo-mediate’ dirette contro antigeni specifici della tiroide. Spesso, inoltre, è possibile osservare un aumento dei linfociti T circolanti, indice del grado di attività del processo autoimmune.
Genetica delle Tireopatie Autoimmuni
Le patologie autoimmuni della tiroide mostrano chiaramente una tendenza ad aggregarsi nell’ambito di alcune famiglie. In circa il 50% dei parenti di primo grado dei soggetti con Tiroidite di Hashimoto e nei gemelli monocoriali di soggetti con tiroidite di Hashimoto o Morbo di Basedow vengono riscontrati anticorpi anti-tiroide ed è presente un’elevata frequenza degli antigeni HLA-DR5 o HLA-B8/DR3.
I SINTOMI DELLA MALATTIA DI HASHIMOTO
Nelle fasi d’esordio i pazienti con Tiroidite di Hashimoto non presentano sintomi. Molto frequente, tuttavia, è la comparsa di un gozzo di dimensioni inizialmente molto contenute ma che tende gradualmente ad ingrandirsi, spesso non dolente ed evolutivamente destinato allo stato atrofico.
Accade che, per periodi di durata variabile, la funzione tiroidea possa risultare ben conservata e i pazienti, in questi casi, sono detti ‘eutiroidei’. Nel tempo, tuttavia, possono manifestarsi diversi gradi di ipotiroidismo (subclinico o clinico).
Solitamente la Tiroidite di Hashimoto progredisce verso l’ipotiroidismo clinico che, ovviamente, avrà bisogno di un’opportuna e calibrata terapia sostitutiva con ormone sintetico.
Classicamente la sintomatologia è a lenta progressione e sul piano clinico si manifesta con:
- astenia e tendenza alla facile stancabilità
- turbe dell’umore e della concentrazione
- tendenza al sovrappeso a fronte di una progressiva inappetenza
- stipsi
- scarsa tolleranza al freddo
- vertigini
Altri segni clinici spesso associati all’evoluzione ipofunzione della Tiroidite sono:
- diradamento dei capelli
- disfonia (raucedine)
- disfagia (difficoltà ad ingoiare)
- secchezza della pelle e delle mucose
- macroglossia (ingrossamento della lingua)
Raramente può comparire un ipertiroidismo transitorio a risoluzione spontanea nell’arco di qualche settimana (hashitossicosi), dovuto al rilascio di ormoni tiroidei da parte della tiroide danneggiata.
Con una certa frequenza la Tiroidite Cronica Autoimmune può associarsi ad altre patologie autoimmuni come la gastrite cronica atrofica, l’anemia emolitica autoimmune, il diabete mellito tipo 1, il morbo di Addison, la celiachia ed altre ancora.
LA DIAGNOSI DI TIROIDITE DI HASHIMOTO
La diagnosi di Tiroidite di Hashimoto si basa su esami del sangue ed esame ecografico.
L’emoagglutinazione passiva, l’immunofluorescenza indiretta, la radioimmunologia e l’immunoenzimatica sono le metodiche di laboratorio che possono mettere in evidenza valori eventualmente elevati di anticorpi anti-tireoperossidasi (anti-TPO) e anti-tireoglobulina (anti-TG), in presenza di una funzionalità tiroidea variabile dall’eutiroidismo all’ipotiroidismo subclinico e fino all’ipotiroidismo clinico. Raramente gli autoanticorpi sono assenti (5% dei casi).
Per verificare i livelli di funzionalità della ghiandola, si misurano i valori ematici degli ormoni tiroidei, soprattutto della T4 (triiodotironina), ma anche del TSH (ormone tireostimolante, prodotto dall’ipofisi per stimolare la tiroide). Più alto è il valore del TSH nel sangue, più compromesso sarà il funzionamento della tiroide. D’altro canto, bassi livelli di TSH nel sangue sono indicativi di ipertiroidismo.
L’ecografia della tiroide potrà confermare il quadro clinico.
Un’attenzione particolare va riservata alle donne in gravidanza, considerando che lo stato gravidico può rendere clinicamente evidente un’eventuale preesistente alterazione funzionale della tiroide fino a quel momento rimasta latente.
LA TERAPIA DELLA MALATTIA DI HASHIMOTO
Non è necessaria alcuna terapia se il paziente è asintomatico, mostra un gozzo piccolo e livelli di TSH nella norma. Sarà bene, tuttavia, che egli si sottoponga a visite periodiche allo scopo di tenere sotto controllo la malattia.
Il trattamento sostitutivo con LT4 (Levotiroxina) è obbligatorio quando viene riscontrato un sicuro e accertato ipotiroidismo. Tale terapia, inoltre, andrà eseguita nei casi con gozzo o disturbi clinici (astenia, obesità, dislipidemia) in qualche modo riconducibili all’ipotiroidismo, anche se il livello di TSH è solo di poco superiore ai valori considerati normali.