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Asma Bronchiale

CHE COS’È L’ASMA??

“What is this thing called love? or, defining asthma”
È difficile definire l’asma, così com’è difficile definire l’amore: entrambi complessi e variabili
[N.J. GROSS, Am. Rev. Resp. Dis., 121, p. 203, 1980]

 

L’asma è una sindrome infiammatoria multiforme e multifattoriale, derivante dal concorso di numerosi determinanti endogeni ed esogeni. È caratterizzata da un elemento essenziale e costante: il disturbo ostruttivo e generalmente “reversibile” della ventilazione, con una difficoltà soprattutto espiratoria dovuta ad un’aumentata reattività bronchiale, a sua volta determinata da un’infiammazione immunomediata. Nelle fasi avanzate, l’ostruzione può diventare irreversibile. La malattia mostra una grande eterogeneità eziologica, patogenetica e clinica.

INQUADRAMENTO DELL’ASMA

L’ASMA BRONCHIALE ALLERGICO (ABA) è sicuramente la forma più frequente e diffusa di asma. Il paziente affetto da ABA è, per definizione, un soggetto “atopico”, cioè con una predisposizione ereditaria a reagire in modo anomalo a sostanze innocue per i soggetti normali, attraverso la produzione elevata di immunoglobuline E (IgE).

 

L’ABA presenta le seguenti caratteristiche:

 

a) Disfunzione immunologica: consiste in una disregolazione dei meccanismi di controllo della sintesi delle IgE con conseguente iperproduzione anomala, continua e persistente di IgE dirette contro gli allergeni.

 

b) Iper-reattività bronchiale: consiste in un’anomalia, geneticamente determinata, delle vie respiratorie che provoca un restringimento eccessivo delle stesse in risposta ad uno stimolo. Quest’ultimo, a sua volta, può essere rappresentato da fattori ambientali diversi quali: infezioni virali, inalazione di allergeni (pollini o acari), stimoli aspecifici non allergici (sforzo fisico, iperventilazione di aria secca e fredda).

 

c) Aumentata “releasability” di mediatori dell’infiammazione da parte di mast-cellule e basofili. L’influenza genetica sulla “releasability” di tali cellule circolanti è indipendente da quella sui livelli sierici di IgE.

 

Dunque, l’ABA altro non è se non una particolare tendenza dei bronchi a rispondere in maniera esagerata, rispetto ai soggetti normali, a stimoli specifici ed aspecifici, legata a diversi fattori genetici e ambientali.

L’ORIGINE E LE CAUSE DELL’ASMA BRONCHIALE ALLERGICO

L’ABA è basato fondamentalmente su un processo di infiammazione immunomediata (“immunoflogosi”), che rappresenta il risultato di una reazione del sistema immunitario all’allergene verso il quale il soggetto “atopico” è sensibilizzato. La reazione è mediata dalle “IgE” a loro volta legate alle mast-cellule.

 

Lo schema classico di questa reazione, nella forma nota negli anni ’70 (allergene + IgE + mast-cellule = rilascio di mediatori -> sintomatologia), è ormai obsoleto e soprattutto incompleto, poiché la ricerca immunoallergologica degli ultimi 30 anni ha ampliato enormemente, fino ai livelli molecolari, le nostre conoscenze sulla patogenesi dell’allergia e, dunque, anche dell’asma. Tuttavia, partendo da questo semplicistico schema, che pur rimane valido come base iniziale ed originaria del processo immuno-infiammatorio, l’aggiunta di successivi tasselli permette di comporre un mosaico finale, molto più completo, complesso e sofisticato.

 

Nell’ambito di tale processo possono essere considerate alcune fasi peculiari:

 

a) Fase di sensibilizzazione: primo incontro dell’organismo con l’allergene e sintesi delle IgE specifiche attraverso meccanismi complessi che coinvolgono un gran numero di elementi cellulari, molecole MHC (Major Histocompatibility Complex) di classe II; citochine; molecole di adesione intercellulare (ICAM); fattori di trascrizione che regolano il funzionamento dei geni coinvolti nelle risposte immuni (NFkB: Nuclear Factor Kappa B), i Toll-like receptors (TLR) che mediano la connessione tra la risposta immune innata e quella acquisita; il sistema nervoso NANC (Non-Adrenergic Non-Cholinergic) che, con i suoi neuropeptidi, interviene stimolando le cellule immuno-flogistiche.

 

b) Fase di reattività immediata: successivo incontro con l’allergene, ciò che comporta l’attivazione di mast-cellule e basofili ed il rilascio dei mediatori della immunoflogosi allergica con conseguente sintomatologia clinica. Si tratta di mediatori prevalentemente vasoattivi, responsabili dell’aumento della permeabilità vasale, dell’edema, della contrazione della muscolatura liscia; ma anche capaci di attrarre e di attivare nella sede dell’infiammazione molte altre cellule infiammatorie (monociti, neutrofili, linfociti, piastrine, eosinofili).

 

c) Fase di reattività tardiva: le cellule attivate vengono coinvolte nel mantenimento e nella cronicizzazione della immunoflogosi, avviando così la fase tardiva (“late-phase reaction”) della reazione allergica, mediante i propri mediatori infiammatori. Tutto questo porterà alla comparsa di successive riaccensioni infiammatorie.

 

d) Fase di persistenza della flogosi: si verifica in rapporto a successive ripetute stimolazioni dell’allergene.

LA GENETICA DELL’ASMA BRONCHIALE ALLERGICO

La storia familiare è un fattore di rischio per l’ABA, e molti geni differenti sono implicati. Se un gemello omozigote è colpito, la probabilità che l’altro possono avere la malattia è di circa il 25%.

 

Dal punto di vista genetico non esiste un singolo “allergy chromosome”, ma l’allergia è “poligenica”; in effetti la predisposizione alla malattia dipende da due gruppi di geni: 1) geni regolatori della produzione di IgE e 2) geni regolatori della risposta infiammatoria, che sono responsabili dell’attivazione della patologia all’impatto con i fattori ambientali (allergeni).

 

Entro la fine del 2005, 25 geni erano stati associati alla malattia asmatica tra cui: GSTM1, IL10, CTLA4, SPINK5, LTC4S, IL4R e ADAM33. Molti di questi geni sono collegati al sistema immunitario o al processo di modulazione dell’infiammazione. Nel 2006, più di 100 geni sono stati correlati all’asma in uno studio di associazione genetica.

 

Proprio questa eterogeneità non ha consentito di raggiungere risultati coerenti in tutte le popolazioni esaminate. Tuttavia, una possibile classificazione dei geni dell’allergia è stata comunque proposta:

  • (Cluster 5q31q33): geni che regolano la sintesi di IgE totali, l’infiammazione eosinofila e la produzione di citochine IL4, IL5, IL9, IL13;
  • (Cluster 6p21p23): geni che regolano la risposta IgE specifica;
  • (Cluster 5q31q33): geni che regolano la reattività d’organo;
  • (Cluster 11q13): geni specifici della iperreattività bronchiale.

Dunque, la complessità dell’asma e, più in generale, della Malattia Allergica rappresenta il risultato di complesse e articolate interazioni tra fattori endogeni (genetici e quelle sistemiche tra vari apparati: immunitario, nervoso, endocrino) e fattori esogeni (pollini, acari, forfore; inquinamento ambientale, variazioni meteorologiche).

 

L’atopia o allergia è pertanto una patologia ad azione multifattoriale, il cui sviluppo è legato ad una combinazione di cause ereditarie ed ambientali. La sua incidenza è rilevante soprattutto nelle popolazioni a più intenso sviluppo economico, dove è stata stimata intorno al 20-30% ed è in continuo aumento.

LA CLINICA DELL’ASMA BRONCHIALE ALLERGICO

Sul piano clinico, L’ABA è inizialmente caratterizzata da sintomi prodromici, come vellichìo in gola, tosse stizzosa e, in seguito, da episodi ricorrenti di crisi dispnoiche espiratorie, respiro sibilante (wheezing), senso di costrizione al torace. Questo avviene poiché le vie aeree sono particolarmente sensibili e vanno incontro ad uno spasmo appena si respira un allergene.

 

Alcune ore dopo aver respirato l’allergene si potrà avvertire una seconda ondata di sintomi, causati dall’infiammazione progressiva delle vie aeree.

 

Altre manifestazioni cliniche associate all’asma sono rappresentate da disturbi del sonno, limitazioni delle attività quotidiane, intolleranza all’esercizio fisico, una maggiore predisposizione allo sviluppo di infezioni polmonari ricorrenti. In una variabile percentuale di pazienti si associano congiuntivite o rinocongiuntivite. I sintomi dell’allergia variano in modo considerevole in complessità, gravità e manifestazione a seconda dell’allergene coinvolto.

DIAGNOSI DELL’ASMA BRONCHIALE ALLERGICO

La diagnosi dell’ABA va inquadrata in duplice formulazione: 1) diagnosi della malattia in quanto tale; 2) diagnosi eziologica, ovvero finalizzata a identificare l’allergene responsabile e, quindi, eliminarlo o evitarlo o combatterlo con terapie adeguate.

 

La diagnostica è relativamente facile per L’ABA a carattere stagionale, legata alla fioritura primaverile delle piante allergizzanti (pollinosi); un poco più complessa è, invece, per le forme a carattere perenne.

 

Tra i fattori che rendono probabile la diagnosi di ABA vanno certamente menzionati i sintomi bronchiali insorgenti improvvisamente in rapporto con mutazioni climatiche (giornate soleggiate, calde e moderatamente ventose) o con diretta esposizione a fattori scatenanti (polvere ambientale, fumo, vapori).

 

Nella diagnosi dell’ABA va poi tenuta in forte considerazione la cosiddetta “cross-reattività”, ovvero la reattività crociata dei pollini con alcuni vegetali. Le cross reattività che si osservano più frequentemente sono quelle tra pollini di betulla e la mela, o tra pollini di graminacee e l’anguria, l’arancia, il pomodoro, il frumento e i cereali. Il contatto con determinati alimenti vegetali in pazienti allergici ad alcune famiglie di pollini può, infatti, provocare reazioni respiratorie, talvolta associate pure a manifestazioni cutanee.

I PERCORSI DELLA DIAGNOSI

a) Anamnesi

È essenziale una indagine anamnestica accurata sulla familiarità dell’asma o di patologie correlate, su precedenti patologie respiratorie, sui rapporti dei sintomi con l’ambiente di vita e di lavoro.

 

b) Test diagnostici “in vivo”

Skin-prick test – è il test allergologico cutaneo fondamentale per la diagnosi delle allergie respiratorie. È utilizzato per determinare se una sostanza specifica provoca infiammazione allergica con un meccanismo immediato, sostenuto dalle IgE. Si esegue posizionando alcune gocce di allergene purificato sulla superficie cutanea dell’avambraccio e poi scalfendo la cute con una lancetta monouso sterile, differente per ciascun allergene. In caso di risposta positiva è possibile osservare una reazione di varia intensità che fornirà conferme sul tipo e sull’intensità dell’allergia.

Per eseguire il prick test è importante non assumere antistaminici almeno 5-7 giorni (dipende dal tipo di anti-istaminico). Tutte le altre terapie invece non interferiscono con l’effettuazione del test.

 

c) Test diagnostici “in vitro”

Ai test cutanei tradizionali – le cosiddette prove allergiche – che, tuttavia, restano la base da cui partire, negli ultimi anni si è progressivamente ed efficacemente aggiunta la diagnostica molecolare, da eseguire su sangue, che contribuisce a definire la sensibilizzazione esatta del paziente rispetto ad una ricca serie di frazioni allergizzanti, potenzialmente confondenti, contenute nello stesso “macroantigene” pollinico.  È questo l’ambito della cosiddetta “allergologia molecolare”, che sfrutta la tecnologia del DNA ricombinante, grazie alla quale viene misurata la sensibilizzazione alle singole componenti allergeniche, parte integrante e immunologicamente attiva dei pollini o degli acari. Grazie a queste metodiche si ottiene un quadro dettagliato del profilo delle IgE del paziente, in modo da valutare il rischio di allergia e spiegare i sintomi dovuti alla cross-reattività tra allergeni diversi. Le molecole ricombinanti hanno una sensibilità superiore al 70% nel riconoscimento dell’allergene in causa.

Grazie a tutto questo è oggi possibile adottare misure preventive e di trattamenti terapeutici “di precisione” che, molto più di ieri, possono consentire al paziente una progressiva stabilizzazione, tanto più valida ed efficace sul versante clinico quanto più supportata da un convinto atteggiamento partecipativo dello stesso paziente correttamente informato del fatto che ogni reazione allergica è, a tutti gli effetti, una reazione infiammatoria potenzialmente evolutiva.

 

d) Prove di Funzionalità Respiratoria

Vanno dalla semplice spirometria a molto più sofisticate indagini fisiologiche. Mediante queste tecniche è possibile indagare su ogni aspetto della ventilazione: volumi polmonari statici e dinamici, capacità di diffusione del monossido di carbonio.

 

e) Test di Provocazione

Utili per lo studio della reattività bronchiale, costituiscono una diagnosi eziologica, non patogenetica. Trattandosi di test “in vivo” con possibili reazioni avverse anche gravi, essi vanno sempre eseguiti in ambiente idoneo da specialisti professionalmente esperti capaci, tra l’altro, di discernere tra eventuali falsi positivi e falsi negativi.

PREVENZIONE E TERAPIA DELL’ASMA BRONCHIALE ALLERGICO

Un approccio razionale alla terapia dell’ABA dovrebbe intervenire sulle sue varie fasi, dalla sensibilizzazione all’allergene fino alle conseguenze della ‘immunoflogosi’. Ad oggi non si dispone ancora di mezzi utili per agire a monte, nella fase di sensibilizzazione all’allergene e sintesi delle IgE, se non con tentativi di prevenzione nei soggetti riconosciuti a rischio ma ancora non clinicamente evidenti.

 

a) Prevenzione

Una prevenzione efficace rappresenta un obiettivo importante per l’ABA e le malattie allergiche in generale, in rapporto alla loro frequenza e alla loro caratteristica di malattie polifattoriali. Una dieta adeguata nell’età neonatale, il controllo dell’ambiente di vita o lavoro con la eliminazione o la attenuazione di agenti allergenici, una eventuale profilassi farmacologica atta a prevenire le manifestazioni cliniche a livello di determinati organi bersaglio, l’abolizione del fumo e di altri inquinanti atmosferici nei soggetti individuati a rischio, sono misure che possono contribuire a ridurre le possibilità di estrinsecazione clinica dell’ABA o ad attenuarne la gravità una volta che la malattia sia conclamata.

L’attuazione delle misure di profilassi ambientale prevede un dettagliato programma educazionale in cui le misure consigliate per diminuire la concentrazione ambientale di allergeni devono essere specifiche per ogni allergene e devono tenere conto della sorgente allergenica, della natura biologica dell’allergene, e della sua natura fisica (che ne condiziona l’aerodispersione, oltre alla capacità di penetrazione nelle vie aeree).

 

b) Terapia delle malattie allergiche

Per quel che riguarda i presidi terapeutici di base a supporto delle allergopatie più comuni, come la rinite o la congiuntivite, non ci sono grandi novità farmacologiche. È, però, certamente disponibile un consistente potenziamento delle pratiche diagnostiche che può, a sua volta, consentire di prescrivere correttamente, per ciascun paziente, la terapia immunologica specifica, già impropriamente nota come “vaccino”. In effetti, gli avanzamenti offerti dalla “diagnostica molecolare” permettono di identificare la porzione dell’allergene realmente in grado di determinare in ogni soggetto allergico l’insorgenza dei sintomi. Come dire che nel “contenitore” polline esistono delle frazioni antigeniche oramai ben documentabili, effettivamente responsabili delle problematiche cliniche riconducibili all’allergia. Questo consente al medico specialista di prevedere, coerentemente con le sensibilizzazioni rilevate nel singolo paziente, una immunoterapia specifica “di precisione” e, dunque, in formulazione e composizione assolutamente personalizzate.

Nell’asma, poi, il campo d’azione è ancora più ampio ed in costante evoluzione. Al di là dei farmaci antistaminici, degli antileucotrieni, dei cortisonici, dei broncodilatatori, oltre che dei trattamenti inalatori con gli appositi erogatori, pure questi da personalizzare visto che, in un’ampia percentuali di casi, le somministrazioni degli spray risultano non correttamente praticate dai pazienti, nelle forme di asma grave sono disponibili degli anticorpi monoclonali, come l’omalizumab o il più recente mepolizumab, specificamente orientati contro bersagli sensibili variamente responsabili delle manifestazioni allergiche respiratorie con particolare riferimento, per quel che attiene al mepolizumab, alle forme gravi sostenute da infiammazioni eosinofile.