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Coronavirus: Il doveroso ricalcolo del “Senso della misura”

Coronavirus: Il doveroso ricalcolo del “Senso della misura”

La Lezione magistrale del Coronavirus
Intervento del 3 marzo 2020

L’agente responsabile della COVID-19 – al pari di altri suoi “colleghi” più anziani – è un virus a RNA. Cioè utilizza come materiale genetico un filamento singolo di RNA e ha dimensioni comprese tra un minimo di 80 e un massimo di 160 nanometri. Il NANOMETRO (nm) è un’unità di misura che corrisponde alla milionesima parte di un millimetro o, se volete, alla miliardesima parte di un metro. Già solo il globulo rosso umano è, rispetto al Coronavirus, un gigante ciclopico considerando le “mastodontiche” dimensioni del suo diametro, più o meno pari a 7,5 micrometri. Un micrometro (µm) equivale alla millesima parte di un millimetro, ovvero alla milionesima parte di un metro. Quindi in 1 micrometro ci stanno 1.000 nanometri.

Alla luce di tali premesse e rileggendo la storia di queste ultime settimane, ci accorgiamo, pertanto, che un’entità delle dimensioni della milionesima parte di un millimetro si è rivelata capace:

– di mettere in ginocchio, tra gli altri, gli operatori del mondo del turismo che rischiano nel prossimo trimestre di vedere, per i soli viaggi in Italia, circa 22 milioni di presenze in meno con una perdita stimata intorno ai 3 miliardi di euro (dati ufficiali Confturismo);

– di far perdere a tutti la bussola del corretto orientamento scientifico nel momento in cui qualcuno, pur di non rinunciare ad una già vacillante leadership mediatica, dispone, per esempio, la frettolosa pubblicazione di un instant book nel quale correla ad una sindrome simil-influenzale di origine virale niente meno che l’epidemia della peste (che, tra l’altro, è di origine batterica);

– di portare alla ribalta internazionale, con la forza impetuosa ed impietosa di una cronaca insana, l’insostenibile fragilità di un modello di convivenza che, sotto la spinta di un incontrollabile allarmismo, ha rivelato un infantilismo sociale insospettato, pernicioso e – quello si – più che mai “virale”. Un disorientamento totale nel quale si è scomposto e diluito il ruolo cruciale di chi, soprattutto all’esordio della vicenda, avrebbe dovuto avere il compito e il dovere istituzionale di assumere, con rigore e fermezza, decisioni univoche, centralizzate, fondate su rassicuranti certezze piuttosto che sui divergenti boatos di tanti strilloni;

– di renderci ridicoli, oltre che impresentabili al mondo civile, nel momento in cui definiamo – a cura di un’influente autorità istituzionale padana – “zozzona” e “mangiatrice di topi vivi” la popolazione che, da sola, muove il 40% del turismo mondiale. Non oso immaginare quel che potrebbe accadere se davvero questo virus bizzarro, piuttosto che essere originario della popolosa provincia cinese di Hubei, fosse – come sembrerebbe trasparire da alcune ipotesi – nato, cresciuto e pasciuto in Padania.

Aspetteremo certamente conferme più sicure in questo impressionante vortice di notizie non sempre fondate e provate. Al di là di tutto, però, una cosa è certa: un “nano-scricciolo” grande quanto la miliardesima parte di un metro in pochissimi giorni ha minato le fondamenta di tutte le nostre certezze, ha profondamente modificato le nostre abitudini, ha compromesso le nostre attività e alterato i nostri programmi; ha messo in discussione ruoli e competenze; ha fatto vacillare molte nostre convinzioni; ha dettato i tempi delle nostre agende; ha stabilito scadenze e ritmi che pensavamo dipendessero totalmente da noi e dalle nostre inviolabili priorità. E se tutto questo sta nella milionesima parte di un millimetro, beh, forse il Coronavirus qualcosa dovrebbe avercela già insegnata, ben al di là di ogni iperbolica fobia!

A cura di Mauro Minelli



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