24 Ago Variante Delta: quanto è efficace la campagna vaccinale?
Il 22° numero di Risposta ImmunITALIA, la rubrica settimanale in cui il prof. Minelli risponde alle domande dei pazienti, è dedicato alla “variante Delta” del nuovo Coronavirus, con l’obiettivo di fare chiarezza sui reali benefici della campagna vaccinale in relazione ad essa.
Dottore, ma è vero che le persone vaccinate possono diffondere la cosiddetta “variante Delta” del nuovo Coronavirus?
È stato recentemente menzionato da Nature (Delta’s rise is fuelled by rampant spread from people who feel fine – Nature 2021 Aug 19. doi: 10.1038/d41586-021-02259-2. PMID: 34413530) uno studio molto ben articolato, attualmente ancora in fase di “preprint” e totalmente incentrato su questo argomento, nel quale sono state analizzate 101 persone contagiate da “Delta” nei mesi scorsi in una regione costiera della Cina sudorientale. In realtà Nature, nella sua prestigiosa pubblicazione, ha incluso, oltre a quello citato, una vera e propria rassegna panoramica degli studi finora prodotti sul tema “variante Delta”, dai quali emerge chiaramente che possono essere colpite dal Sars Cov-2 mutato anche le persone vaccinate, vittime di infezioni dette “breakthrough” e, dunque, “penetranti” rispetto alla protezione offerta dal vaccino. Accade, così, che i soggetti già sottoposti a doppia vaccinazione diventano essi stessi trasportatori spesso inconsapevoli del virus che si localizza soprattutto nelle loro alte vie respiratorie, generalmente non raggiungendo i polmoni.
E dunque, considerando che io potrei comunque essere portatore di alti quantitativi di virus che, a mia volta, potrei diffondere inconsapevolmente a chissà quante altre persone, perché dovrei sottopormi a vaccinazione?
Nel rispondere a questo legittimo interrogativo, partirei da una premessa che mi pare fondamentale: la variante Delta oltre a muoversi più rapidamente dei suoi predecessori ha pure, rispetto a questi ultimi, una trasmissibilità assolutamente più elevata. Esiste un indice – detto R0 – che calcola quante persone mediamente vengono contagiate da un solo soggetto positivo in una popolazione omogenea. Per la variante Delta l’indice R0, pari a 6,4, risulta essere molto più alto di quello fatto registrare dal ceppo di Wuhan e dalle altre varianti già note, ciò che indica evidentemente una biologia diversa per l’infezione da variante Delta rispetto a quelle prodotte da altre forme dello stesso virus. Tuttavia, quel che si deve aggiungere a proposito dell’opportunità di sottoporsi o meno a vaccinazione anti-Covid come presidio fondamentale nella lotta alla pandemia, è che per le persone vaccinate la probabilità di contagiare altre persone è di circa il 70% di volte più bassa rispetto a chi, invece, il vaccino non lo ha fatto. E questo mi pare un dato oggettivo da tenere in forte considerazione.
Ma, al di là del limitare il danno che potrei fare ad altri, il vaccino che ho ricevuto in doppia dose apporta qualche beneficio anche a me? O io resto in balia della variante Delta esattamente come coloro i quali non hanno voluto sottoporsi a vaccinazione?
Domanda più che giusta, alla quale rispondo riportando i dati forniti dalla pubblicazione di Nature precedentemente citata, dalla quale si evince chiaramente come la carica virale si riduca nell’arco temporale di una settimana negli individui vaccinati eppure infettati dalla variante Delta. In tali soggetti, a differenza dei non vaccinati, la capacità di infettare si esaurisce conseguentemente in pochi giorni. Certo, queste osservazioni fanno capire quanto ancora importantissimo sia il rispetto di misure precauzionali, quali il distanziamento ovvero l’uso di mascherine al chiuso o all’aperto in caso di assembramenti, dimostratesi più che efficaci nei mesi trascorsi come criteri di prevenzione evidentemente validi anche per le persone vaccinate.
Rimane, tuttavia, il dubbio credo anche legittimo sulla convenienza di sottoporsi o meno a vaccinazione anti-Covid non tanto e non soltanto per limitare i contagi e, dunque, la diffusione della pandemia, ma anche e soprattutto per EVITARE CHE IO MI AMMALI. Voglio dire: se io mi vaccino quante probabilità ho di non ammalarmi gravemente e possibilmente di non morire di Covid, rispetto a che non intende vaccinarsi?
A questa domanda è il caso di rispondere con i dati ufficiali più recenti, emanati dall’Istituto Superiore di Sanità lo scorso 11 agosto, dai quali si evince anzitutto il notevole abbassamento dell’età media dei nuovi contagiati calcolata, nelle ultime settimane, a 27 anni. Nel dettaglio, il 59,5% sul totale dei nuovi contagiati risulta di età compresa tra i 20 e i 59 anni, il 29,3% ha un’età dai 19 anni in giù, l’11,2% dai 60 anni in su.
Sempre all’11 di agosto 2021 i dati ufficiali relativi alla vaccinazione nel nostro Paese ci disegnavano una progressione decisamente favorevole del quadro nazionale, del quale provo a riportare sinteticamente i dati più salienti:
- 62,1% è la percentuale con la quale viene misurata la complessiva efficacia della vaccinazione nel prevenire l’infezione, nelle persone che del vaccino abbiano ricevuto una sola dose;
- 82,3% è la percentuale con la quale viene misurata la complessiva efficacia della vaccinazione nel prevenire l’infezione, nelle persone che abbiano ricevuto entrambe le dosi di vaccino;
- 82,3% percentuale di efficacia di una sola dose di vaccino nel prevenire l’ospedalizzazione;
- 94,7% percentuale di efficacia delle due dosi di vaccino nel prevenire l’ospedalizzazione;
- 89,4% percentuale di efficacia di una sola dose di vaccino nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva;
- 97,2% percentuale di efficacia delle due dosi di vaccino nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva;
- 82,3% percentuale di efficacia di una sola dose di vaccino nel prevenire i decessi;
- 96,8% percentuale di efficacia delle due dosi di vaccino nel prevenire i decessi.
Volendo sintetizzare tutti i dati precedentemente dettagliati, potrebbe bastare un’unica considerazione conclusiva fondata sulle inoppugnabili evidenze dei numeri ufficiali: tra le persone vaccinate con ciclo completo, il rischio di ammalarsi di Covid si riduce almeno dell’82% rispetto a quanto accade tra i non vaccinati. E tutto questo, considerando il documentato aumento dei casi nei soggetti giovani che non hanno ancora completato il ciclo vaccinale evidenzia, se ancora ce ne fosse bisogno, la necessità di procedere velocemente alla doppia vaccinazione contro il nuovo Coronavirus.
E allora, se tutte queste premesse sono fondate, perché si continua a sottolineare il continuo incremento di nuovi casi Covid tra i soggetti vaccinati, quasi che il vaccino non stia sortendo i risultati attesi? Tutto questo crea confusione, soprattutto negli indecisi.
La domanda, pure giusta ed opportuna, ripropone comunque una lettura del fenomeno piuttosto superficiale della quale i cosiddetti “novax” si fanno scudo rilanciando le loro assurdità. Anche per questo merita un approfondimento particolare che mi permetto di proporre per grandi linee.
Il SARS Cov-2, muta in continuazione, usando come serbatoio soprattutto le persone non vaccinate, altra cosa della quale i soggetti che osteggiano il vaccino non tengono conto. Fortunatamente, però, la campagna vaccinale avanza e, dunque, aumenta il numero dei vaccinati. Se aumenta il numero dei vaccinati e diminuisce sempre più quello dei non vaccinati, è evidente che qualche contagiato in più si potrà trovare non già nel gruppo sempre più piccolo dei non vaccinati, ma in quello progressivamente più grande dei vaccinati. Per cui accade che, in una popolazione sempre più ampia di persone vaccinate, faccia notizia non già il numero straordinariamente grande di casi di Covid che il vaccino riesce ad evitare, ma il piccolo numero di contagi tra persone che abbiano ricevuto il vaccino, essendo queste ultime la stragrande maggioranza. Quindi, a destare scalpore non è il macroscopico riscontro di una protezione vaccinale allargata, ma la microscopica eccezione, peraltro prevista ed attesa, di un qualche vaccinato che si sia infettato.
E allora proviamo a ragionare sulle cifre che, usate maldestramente, possono offrire una visione distorta della realtà. Ed è sulla base di quelle cifre che oggi possiamo convintamente affermare che il rapporto tra numero dei casi Covid-19 e popolazione vaccinata è almeno dodici volte più basso rispetto a quello che si registra nella popolazione dei non vaccinati. Senza contare poi la gravità del quadro clinico che, come già documentato, risulta essere molto più grave nei non vaccinati.