05 Ott Terza dose di vaccino: a chi e dopo quanto tempo?
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Il 28° numero di Risposta ImmunITALIA, la rubrica settimanale in cui il prof. Minelli risponde alle domande dei pazienti, è dedicato alla terza dose e dose booster di vaccino anti-CoViD, con focus su come agiscono sul nostro sistema immunitario, a chi sono consigliate e quali vaccini verranno impiegati per la somministrazione.
Una volta completato il ciclo vaccinale “primario”, con l’inoculazione delle previste due dosi canoniche di vaccino, per diverse categorie di soggetti si prefigura la somministrazione aggiuntiva di quella che spesso viene definita “dose booster”. Si tratta della famosa “terza dose” o, rispetto a questa, è cosa diversa?
Facciamo subito chiarezza: nella sostanza si tratta di un’altra dose di vaccino rispetto alle prime due già ordinariamente somministrate. Questa dose “altra” la chiameremo “terza dose” per alcuni e “dose booster” per altri.
Più nel dettaglio, la “dose booster“, letteralmente “dose di richiamo”, è un’ulteriore dose di vaccino che si va ad aggiungere alle altre due precedentemente somministrate in persone che, pur avendo raggiunto un adeguato livello di protezione per essere dotate di un sistema immunitario efficiente, attivo e regolarmente funzionante, dopo un certo periodo di tempo possano aver bisogno di una nuova somministrazione “di rinforzo”. Sono candidate alla “dose booster” persone per le quali si ritenga utile ed opportuno mantenere nel tempo un efficace livello di immunoprotezione in ragione, per esempio, di particolari esposizioni professionali, ovvero di condizioni soggettive caratterizzate da un alto rischio di contrarre la Covid in forma grave.
La “terza dose” è, invece, una somministrazione “addizionale” di vaccino finalizzata a far maturare una risposta immunitaria completa ed integralmente protettiva in persone debilitate o compromesse sul versante immunologico per una serie di ragioni che includono:
- immunodeficienze primitive o secondarie a terapie di lungo corso con cortisonici, immunosoppressori, farmaci biologici
impattanti sulla funzionalità del sistema immunitario; - trapianti di organo o attesa di trapianti d’organo;
- trapianti di cellule staminali ematopoietiche;
- terapie immunosoppressive di lungo corso, conseguenti ad eventuali trapianti;
- tumori solidi o del sangue, in terapia con farmaci immunosoppressori e mielosoppressori capaci – questi ultimi – di far
diminuire la produzione di cellule del sangue da parte del midollo osseo; - grave insufficienza renale cronica e dialisi;
- pregressa asportazione della milza;
- sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).
C’è una categoria di persone per le quali sia stata prevista una priorità assoluta nella somministrazione delle “terze dosi”? E quale tipo di vaccino verrà impiegato per le dosi addizionali?
Al momento, il Comitato tecnico-scientifico ha individuato nei “soggetti trapiantati e immunocompromessi” la coorte di pazienti più urgentemente abbisognevole di una “terza dose” di vaccino. Ma ci sono anche, secondo la Circolare ultima emessa lo scorso 27 settembre dal Ministero della Salute, gli ospiti ed il personale delle Residenze Socio-Sanitarie per anziani, e tutte le persone di età superiore agli 80 anni.
Per tutte queste persone è prevista, fra adesso e dicembre, la vaccinazione con le “terze dosi”.
“In un momento successivo” si potrà procedere alla somministrazione della “dose booster” alle persone fragili con meno di 80 anni ma affette da malattie croniche debilitanti, ed ancora a medici, farmacisti e operatori sanitari di età superiore ai 60 anni che “svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali”, ovvero di età inferiore ai 60 anni ma affetti da “patologie concomitanti tali da renderli vulnerabili a forme di Covid-19 grave o con elevato livello di esposizione all’infezione”.
Si tratta di persone che, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno già ricevuto una doppia dose di vaccino a mRNA (Pfizer o Moderna). Ma se anche, nel corso del ciclo primario di vaccinazione, dovessero essere stati vaccinati con prodotti diversi (AstraZeneca, Johnson & Johnson), la terza dose verrà somministrata sempre e comunque con vaccini Pfizer (dai 12 anni in su) e Moderna (da 18 anni in su), ovvero con uno qualsiasi dei due vaccini a mRNA autorizzati in Italia.
E per coloro i quali non rientrano nelle categorie al momento identificate dal Comitato tecnico-scientifico, è comunque prevista una terza vaccinazione?
L’obiettivo primario che il Governo si è posto in questa laboriosa e complessa prima fase della campagna vaccinale è stato e rimane quello di ottenere una copertura la più ampia possibile per completare i percorsi di immunizzazione già autorizzati dagli Enti regolatori. La decisione di prevedere ufficialmente la somministrazione di una dose “booster” di vaccino a mRNA in favore di tutta la popolazione verrà verosimilmente adottata sulla scorta delle nuove prossime evidenze scientifiche e considerando l’andamento epidemiologico della pandemia nei mesi venturi. Intanto, dallo scorso 20 settembre è partita la somministrazione della terza dose anti-Covid nei soggetti individuati come più cagionevoli e, dunque, più necessitanti di protezione.
E mentre la “terza dose”, intesa come inoculazione “addizionale” di vaccino in persone con sistema immunitario gravemente indebolito, andrebbe correttamente praticata almeno 28 giorni dopo la seconda, la dose “booster”, intesa come richiamo per le persone con un sistema immunitario normale, secondo quanto riportato nella Circolare ministeriale dello scorso 27 settembre “va somministrata dopo almeno 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario”.
Ma, nel caso in cui fosse estesa a tutti, anche per la dose booster sarà previsto il criterio dell’obbligo?
Quel che si può dire è che la dose “booster” viene fortemente consigliata a tutti ma, almeno a questo momento, certamente non è obbligatoria per tutti. Non lo è nemmeno per i medici e gli operatori sanitari per i quali, com’è noto, è stato invece previsto l’obbligo relativamente al ciclo “primario”.
Quel che si evince dalla Circolare ministeriale dello scorso 27 settembre è che, non appena verrà completata la campagna della terza vaccinazione ai “soggetti trapiantati e immunocompromessi”, già in atto dal 20 settembre scorso, e quella agli ultraottantenni e al personale delle Residenze assistite per anziani, potrà partire la somministrazione della dose “booster” a tutti i sanitari di età superiore ai 60 anni, ai sanitari con fragilità e a quelli che, per motivi professionali, risultino essere più particolarmente esposti al rischio di infezione.
In realtà, per queste persone (sanitari ultasessantenni, fragili o più esposti) la dose “di rinforzo” al momento non è imposta ma, semmai, caldamente consigliata ed è disponibile per chiunque volesse mantenere alta ed efficace la protezione immunologica valida, oltre che per se stessi, anche verso pazienti o soggetti terzi con in quali si dovesse venire a contatto.
Sulla base di cosa si decide di somministrare una dose “extra” di vaccino dopo un ciclo di vaccinazione che, con le classiche due dosi, ritenevamo già più che sufficiente a fornire una adeguata protezione? Cos’è che convince il decisore a modificare il piano di immunoprotezione in corso d’opera?
Il ragionamento che prelude a questo tipo di scelte parte, ovviamente, dall’analisi dei dati che, nel caso specifico, supporterebbero l’idea di un’estensione della campagna vaccinale oltre le due dosi inizialmente previste. Secondo quanto riferito nelle scorse ore dall’immunologo Anthony Fauci, consigliere scientifico della Casa Bianca, 15 giorni dopo la somministrazione della terza dose di un vaccino a mRNA, è stato rilevato un aumento della protezione di 23 volte contro il ceppo originario di Wuhan, di 32 volte rispetto alla mutazione ‘sudafricana’ e di ben 44 volte rispetto alle mutazioni ultime del Sars-CoV-2, soprattutto la Delta, la cui trasmissibilità è molto più efficiente di quella delle altre varianti.
Quindi, secondo lei, è giusta la decisone dell’Agenzia Europea del farmaco che, ieri 4 ottobre, ha autorizzato la dose di richiamo del vaccino Pfizer anche per le persone dai 18 anni in su? Quanto è giusto includere anche i giovani in questa nuova tornata di vaccinazione?
Ho già pubblicamente affermato la mia convinzione di “non correre troppo” sulla somministrazione “generalizzata” delle dosi “extra”.
Sono certamente consapevole dello straordinario miracolo di chi con velocità ed efficienza è riuscito a sviluppare questi vaccini in grado di salvare milioni di vite e sono anche d’accordo sulla necessità di una terza dose in alcune categorie di persone, ma… prima di allargare l’ambito d’intervento, perché non aspettare di capire, magari sulla base dell’evoluzione epidemiologica o dell’arrivo di nuovi vaccini prossimi, se fare un richiamo con questi preparati oggi disponibili o con altri eventuali prodotti più aggiornati?
Così come, a mio avviso, ulteriori sviluppi da comprendere prima di agire, sarebbero quelli riferiti alle cadenze dell’eventuale terza somministrazione, se dopo sei mesi per esempio, o magari dopo un anno. Suggerirei, dunque, un accorto monitoraggio di quel che accadrà nei prossimi mesi prima di decidere la linea più giusta, più efficace e più sicura.
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