Loader
 

Nuvaxovid: la rivoluzione del quinto vaccino

risposta-immunitalia-Nuvaxovid

Nuvaxovid: la rivoluzione del quinto vaccino

Il 40° numero di Risposta ImmunITALIA, la rubrica settimanale in cui il prof. Minelli risponde alle domande dei pazienti, è dedicato al nuovo vaccino “Nuvaxovid®”.

Nuvaxovid® (denominazione tecnica NVX-CoV2373) è il nome del quinto vaccino approvato nell’Unione Europea per prevenire la malattia Covid-19. È prodotto da Novavax, azienda farmaceutica statunitense con sede nel Maryland.
Le prime dosi di questo nuovo prodotto dovrebbero arrivare in Italia nelle prossime settimane. Per il primo trimestre del 2022 gli Stati membri dell’Unione Europea dovrebbero contare su circa 27 milioni di dosi iniziali da implementare progressivamente.

Perché la composizione di Nuvaxovid®️ è rivoluzionaria ed è appetibile anche per gli scettici alla vaccinazione?

La novità caratterizzante di Nuvaxovid® è che si tratta di un vaccino a base di proteine, non contenente materiale genetico di derivazione virale. Per questo ci si augura possa non dispiacere a chi per paura, seppure immotivata, fino ad ora ha preferito non sottoporsi a vaccinazione.

La tecnologia su cui si basa questa “quinta colonna” della battaglia contro il SARS Cov-2 sfrutta la tecnica delle proteine ricombinanti; è sicura ed ultratestata in quanto già abbondantemente e felicemente collaudata nei vaccini usati per contrastare il virus dell’epatite B, la Bordetella pertussis responsabile della pertosse, la Neisseria meningitidis C responsabile della meningite.

La peculiarità principale è, dunque, rappresentata dal meccanismo d’azione diverso tanto rispetto ai vaccini a vettore virale prodotti da Astrazeneca a Johnson&Johnson, quanto rispetto ai vaccini a mRNA prodotti da Pfizer/Biontech e Moderna che oggi vengono usati per le terze dosi, vaccini tutti invisi ai no vax e da loro violentemente combattuti.

Perché il suo funzionamento è diverso dagli altri?

Nuvaxovid® NON introduce nell’organismo del soggetto ricevente il materiale genetico del nuovo coronavirus che porta con sé le informazioni utili ad istruire le nostre cellule a produrre la proteina spike, ma introduce direttamente la proteina spike in quanto tale, già precostituita perché creata in laboratorio, con aggiunta di una sostanza adiuvante a base di saponina che provvede a stimolare il nostro sistema immunitario innato. Grazie a queste procedure, che poi sono le stesse adottate in molti altri vaccini umani di uso corrente pure per l’infanzia e per la terza età tra i quali, oltre ai già citati, anche quelli contro l’herpes zoster o il papilloma virus, il sistema immunitario riconosce come estranea la proteina introdotta col vaccino e, contro di essa, produce anticorpi della classe IgG e cellule T. Per cui se, in seguito, la persona vaccinata dovesse venire in contatto con il Sars CoV-2, il sistema immunitario, grazie alle immunoglobuline G e ai linfociti T già prodotti per il tramite della “falsa” proteina spike contenuta nel vaccino, non perderà tempo a riconoscere la “vera” proteina spike del virus che immediatamente verrà attaccato. Gli anticorpi e le cellule immunitarie possono proteggere da Covid lavorando insieme per uccidere il virus, impedire il suo ingresso nelle cellule e distruggere quelle infette.

Perché non si è pensato prima ad una soluzione di questo tipo?

Per quanto semplice possa apparire, anche in forza dell’esperienza maturata per altri vaccini per i quali è già stata efficacemente utilizzata la tecnologia delle proteine ricombinanti, la sintesi in laboratorio della proteina spike ha richiesto più tempo, ragione per la quale, mentre per sviluppare gli altri vaccini c’è voluto qualche mese, per questo è stato necessario più di un anno.

D’altro canto, la pubblicazione che, sul New England Journal of Medicine, ha sancito l’efficacia e la sicurezza di Nuvaxovid® è datata 30 giugno 2021. Sulla scorta degli studi clinici a quel momento acquisiti e che hanno coinvolto una coorte complessiva di oltre 45.000 persone, si è potuto sostenere che Nuvaxovid® risulta essere più che valido nel prevenire la Covid nelle persone dai 18 anni in su con un’efficacia dichiarata del 96,4% contro il ceppo originario del virus, e di circa il 90% contro le varianti Alpha e Beta.

Sarà ora necessario metterlo alla prova delle varianti Delta e Omicron. I primi dati riscontrati da fonti americane, comunque, dimostrano la validità di un protocollo vaccinale a due dosi di Nuvaxovid®, con risposte ancora più efficienti contro Omicron e altre varianti circolanti (compresa Delta) dopo una terza dose dello stesso vaccino a distanza di sei mesi dalla seconda.

Come si somministra Nuvaxovid®? Quali sono i vantaggi? Chi può farlo e con che margini di efficacia?

Il protocollo di vaccinazione con Nuvaxovid® prevede la somministrazione di due dosi identiche, tramite iniezione da praticare usualmente nel muscolo della parte superiore del braccio, a distanza di tre settimane l’una dall’altra. Tra l’altro, Nuvaxovid® non ha bisogno della catena del freddo riuscendo a conservarsi inalterato per mesi a temperatura ambiente, caratteristica – quest’ultima – di indubbia rilevanza sociale e sanitaria visto che, anche in ragione del costo più contenuto, potrebbe risolvere il problema della vaccinazione nei Paesi più poveri. In quanto all’efficacia, i dati al momento disponibili su Nuvaxovid® rivelano un’efficacia del vaccino di circa il 90% nel prevenire la malattia da Covid-19 sintomatica anche nella popolazione di età superiore ai 65 anni. In Italia Nuvaxovid® verrà inizialmente utilizzato solo per avviare il percorso vaccinale in coloro i quali non abbiano ancora effettuato la vaccinazione con i prodotti precedentemente disponibili.

Quindi, almeno nella fase attuale della campagna vaccinale, non è previsto l’impiego di Nuvaxovid® né come richiamo per le seconde dosi, né come “booster” per le terze dosi. Ma non è detto che nei mesi a venire gli orientamenti non possano cambiare sulla base di più ampie dotazioni vaccinali e acquisizioni scientifiche progressivamente più aggiornate. Quelle già adesso disponibili ci informano, tuttavia, che la vaccinazione “eterologa” (utilizzare tipologie differenti di vaccini tra prime dosi e dose successiva) si è dimostrata non solo sicura, ma anche capace di indurre una risposta immunitaria più ampia e più composita al SARS Cov-2. Opportuno sarebbe, comunque, escludere il “fai da te”, evitare di dare per scontate convinzioni personali non suffragate da robuste evidenze scientifiche, confrontarsi con un medico al fine di verificare l’eventuale presenza di controindicazioni e definire opportuni protocolli finalizzati a contingentare e minimizzare possibile margini di rischio.

Nuvaxovid® presenta effetti collaterali?

Comincerei col dire che Nuvaxovid® non è un vaccino aprioristicamente esente da rischi, visto che, come tutti i vaccini, può generare risposte anomale. C’è da precisare, tuttavia, che gli studi che hanno preceduto l’ottenimento della necessaria autorizzazione da parte dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) hanno segnalato effetti indesiderati generalmente lievi o moderati, tipicamente rappresentati da dolenzia nel punto d’inoculo, stanchezza, dolori articolari e/o muscolari, mal di testa eventualmente associato a sensazione generale di malessere, nausea e/o vomito, tutti comunque a risoluzione spontanea nell’arco temporale di un paio di giorni dopo la vaccinazione.

Questo nuovo vaccino è efficace anche contro le varianti?

Quando Nuvaxovid® è stato testato erano prevalentemente in circolazione due varianti: la Alpha e la Beta; certamente la Delta non poteva essere presa in considerazione in quanto all’epoca inesistente e men che meno la Omicron. Quel che oggi si può dire è che limitate sono, al momento, le informazioni relative all’efficacia reale di questo nuovo vaccino sulle varianti più recenti, per quanto come già dettagliatamente spiegato parlando di Omicron nella precedente puntata di Risposta Immunitalia, i vaccini, pur non specificamente diretti contro i prodotti ultimi delle mutazioni virali, siano comunque in grado di “allenare” efficacemente il sistema immunitario soprattutto nella sua componente definita “innata”, esattamente come sta già efficacemente accadendo con i vaccini a mRNA fino ad ora utilizzati.

Vuoi rimanere aggiornato sulle rubriche del prof. Minelli riguardo il mondo dell’Immunologia e dell’Allergologia?
→ Segui la pagina Facebook per leggere tutte le pubblicazioni!



Questo sito utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione. Esprimi il tuo consenso cliccando sul pulsante 'Accetta'. Se neghi il consenso, non tutte le funzioni di questo sito saranno disponibili