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Allergie stagionali: il boom di pollini le risveglia. Come evitare il pericoloso “effetto priming”

Allergie stagionali: il boom di pollini le risveglia Come evitare il pericoloso “effetto priming”

Allergie stagionali: il boom di pollini le risveglia. Come evitare il pericoloso “effetto priming”

Siamo nel periodo delle allergie dette ‘stagionali’, per le quali il quadro sintomatologico più tradizionale comprende disturbi di tipo respiratorio come riniti, rino-congiuntivi, asma o “equivalenti asmatici” che si manifestano per lo più con tosse, magari associata a respiro sibilante, possibile dispnea o fame d’aria.

Tra le forme allergiche stagionali va certamente ricordata quella sostenuta dalle graminacee che, secondo dati scientifici recenti, rappresentano la più comune causa di allergia respiratoria nel mondo, in ragione dell’elevato livello di omologia nella sequenza di aminoacidi che compongono la struttura allergenica dei pollini di tali piante erbacee. Si tratta di granuli pollinici di forma sferoidale del diametro variabile tra i 20 e i 120 millesimi di millimetro e quindi invisibili a occhio nudo.

La loro rilevazione, al pari di quella riferita ad altri pollini allergizzanti aerodispersi, viene effettuata tramite appositi campionatori disposti in punti di prelievo selezionati, che aspirano l’aria in continuo, trattenendo i pollini su un vetrino ricoperto di silicone. Questi ultimi vengono, poi, riconosciuti al microscopio sulla base delle loro caratteristiche e dunque contati, fornendo un dato giornaliero espresso in granuli per metro cubo d’aria aspirata. Dalle informazioni così raccolte vengono elaborati dei veri e propri ‘calendari pollinici’, con i diversi andamenti stagionali durante l’anno, utili a costruire modelli previsionali utilizzabili anche in campi diversi dalla clinica, in particolare per problematiche legate alle attività agricole.

Proprio la disponibilità di dati storici sull’andamento pollinico, derivante da una costante azione di monitoraggio, ha permesso di evidenziare come i cambiamenti climatici e ambientali abbiano potuto determinare, da un anno all’altro, delle significative variazioni.

Relativamente alle graminacee, per esempio, gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un’importante variabilità che acquisisce interesse perché associata alla comparsa e all’intensità più o meno forte dei disturbi allergici e alla conseguente adozione di specifici provvedimenti terapeutici.

Se nel 2020 la concentrazione atmosferica del polline delle graminacee nelle regioni del Sud-Italia ha raggiunto il picco tra il 19 e il 23 di maggio, nell’anno in corso le conte polliniche hanno fatto registrare un cospicuo incremento atmosferico dei pollini di graminacee già nella penultima settimana di aprile, con un trend in rapida crescita proprio in questi giorni.

Questi ed altri dati, reperibili dai calendari pollinici elaborati dalle Società scientifiche di riferimento, evidenziano, di anno in anno, un progressivo cambiamento della presenza pollinica nell’aria, importante ai fini dell’individuazione non solo dei periodi di massima concentrazione del polline nell’aria, ma anche delle fasi iniziali della pollinazione. In effetti, è proprio nei giorni in cui incomincia a disperdersi in atmosfera che il polline progressivamente riaccende i processi di sensibilizzazione allergica che nei mesi precedenti si erano andati gradualmente spegnendo, rendendo iper-reattive le mucose degli organi interessati. Quest’effetto, descritto per la prima volta nel 1968 e definito ‘priming’, consiste in una specie di “messa in moto”, da parte del primo polline stagionale, di processi infiammatori a seguito dei quali, nel soggetto allergico, saranno poi sufficienti minime quantità di allergeni ambientali per suscitare un’intensa risposta nasale o bronchiale e dunque per generare disturbi tali da richiedere adeguati trattamenti farmacologici.

Si tratta di aspetti tutt’altro che marginali nella gestione delle allergie di stagione perché, se conosciuti e correttamente applicati, consentono di impostare, al di là di ogni improbabile automedicazione, strategie terapeutiche efficaci e dunque in grado di controllare, già a partire dalle fasi pre-stagionali, quadri clinici evolutivi e talvolta severi minimizzandone i sintomi e le conseguenze. 

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