24 Gen Vino e veritas. Quando è il caso di evitare i paradossi
Fa tanto discutere la scelta dell’Irlanda di aggiungere sulle etichette del vino e degli alcolici alcuni messaggi di ‘alert’ sui rischi per la salute, proprio come si fa per le sigarette. In risposta, l’Ue ribadisce che si deve lavorare ad una revisione di norme per rendere i cittadini consapevoli del consumo. Pertanto, il dibattito è aperto.
Quando il consumo di vino è sconsigliato
Il vino è una bevanda con effetti psicoattivi a causa dell’elevato contenuto in alcol etilico, il componente presente in maggiore quantità dopo l’acqua. Da questo punto di vista il vino viene considerato al pari di altre sostanze stupefacenti anche perché, come queste, provoca dipendenza (alcolismo).
Per il suo contenuto in alcol, il consumo elevato di vino, come di altre bevande alcoliche, provoca effetti tossici, in particolare a carico del fegato. L’alcol etilico è, tra l’altro, potenzialmente tossico per gli embrioni nei quali potrebbe favorire lo sviluppo di alcune encefalopatie, motivo per il quale il consumo di vino è sconsigliato alle donne in gravidanza.
I benefici del vino
Ma c’è un rovescio della medaglia, perché è stato dimostrato che il consumo razionalmente limitato di vino (fino a due bicchieri al giorno), soprattutto di quello rosso, può avere effetti positivi sulla salute: riduce la frazione LDL del colesterolo (quello ‘cattivo’) e aumenta l’HDL (quello ‘buono’), ed inibisce l’aggregazione piastrinica (effetto attribuito all’alcol) promuovendo un’azione antitrombotica.
Inoltre, è una fonte di polifenoli tra i quali, in particolare, il resveratrolo. I polifenoli si distinguono in ‘flavonoidi’ e ‘non flavonoidi’: tra questi ultimi, il resveratrolo (contenuto nella buccia delle uve rosse) ha dimostrato di possedere la maggiore attività antiossidante, autentica risorsa per il cuore e le arterie dell’uomo, come dimostrato dal cosiddetto ‘paradosso francese’.
Il paradosso italo-irlandese
Si era nel 1991 quando uno studio eseguito da Serge Renaud mise a confronto casi di morte improvvisa avvenuti in America con quelli avvenuti in Francia, verificando come i francesi, noti e consapevoli consumatori di vino, andassero incontro ad eventi gravi in numero decisamente inferiore rispetto agli americani.
È noto, d’altro canto, che i polifenoli siano pigmenti naturali con proprietà antinfiammatorie, antiallergiche ed antivirali. Essi sono in grado di contrastare i processi ossidativi innescati dai pericolosi radicali liberi che contribuiscono all’invecchiamento cellulare e alla patogenesi di malattie cardiovascolari e tumorali.
In pratica, rappresentano una rilevante difesa contro lo sviluppo di patologie come l’aterosclerosi, il cui avvio è sancito proprio dalla ossidazione delle placche di colesterolo. Entrambi i vini, bianco e rosso, bloccano i radicali liberi, ma l’effetto è almeno dieci volte maggiore con quello rosso.
Pertanto, la comunità medica, ove si escluda qualche estemporanea escursione nell’immaginario, ha sempre detto “si” ad un consumo moderato dei vini. E, d’altro canto, fin dall’antichità perfino i libri sacri sono a favore di un uso moderato e benefico del vino:
“Allegria del cuore e gioia dell’anima è il vino bevuto a tempo e a misura” (da La Sacra Bibbia – Siracide, 31:28)
“Non continuare a bere acqua soltanto, ma prendi un po’ di vino a causa del tuo stomaco e delle tue frequenti indisposizioni” (Epistole di San Paolo, I lettera a Timoteo, 5:23)
“Se il vino scomparisse dai prodotti umani, credo che nella salute e nell’intelletto del pianeta si aprirebbe un vuoto, un’assenza, una difettosità molto più terribile di tutti gli eccessi e le deviazioni di cui oggi si attribuisce la responsabilità al vino.”
Così Charles Baudelaire, più di 150 anni fa, mandava a dire agli irlandesi di oggi con un messaggio che, al netto di ogni approccio esagerato o disordinato pure tipico dello spirito bohémien del personaggio, porta con sé una grande verità: il vino non è solo una bevanda, men che meno una minaccia per la salute umana se consapevolmente consumato, ma è un collante sociale, un pretesto di convivialità, un alfiere della cultura locale.
Varrà la pena non dimenticarlo quando, spente le luci della ribalta e avendo tutti considerato l’inconsistenza scientifica delle ultime bordate ai danni del vino, commenteremo alla fine che, fortunatamente, tutto si è ancora una volta concluso ‘a tarallucci e vino’. A meno che non si voglia sancire il conio di un inglorioso paradosso alla rovescia.