19 Dic Linee-guida, globalizzazione e riorganizzazione dei modelli in sanità. Riflessioni su una Medicina un po’ più umana
Era il novembre del 2010 quando, pubblicando un volumetto dal titolo “Una nuova cultura per la pratica medica”, l’immunologo Mauro Minelli scriveva: “Le linee-guida per singola patologia, concepite ab origine sulle necessità di sistemi anglosassoni basati su modelli assicurativi privatistici, appaiono oggi uno strumento superato tanto dalle evidenze scientifiche accumulate, quanto dall’insostenibilità economica del modello fondato sul controllo del solo sintomo”.
Da quel momento – erano già trascorsi almeno 20 anni dalla comparsa dei primi documenti contenenti “linee-guida” – altri 14 ne son passati prima che la Magistratura giungesse a decretare il sostanziale fallimento di una modalità quantomeno opinabile di intendere la Medicina.
Si era nella metà degli anni ‘90 quando, nel vasto panorama sanitario internazionale, iniziarono a spuntare “raccomandazioni di comportamento clinico”, sostanzialmente finalizzate ad omologare, in ogni parte del mondo, le pratiche cliniche relative ad ogni singola patologia.
Il riferimento – si badi bene – era (e ancora oggi rimane) “ad ogni patologia”, NON “ad ogni persona” come pure ci era stato insegnato nel corso degli studi universitari.
Dunque, “raccomandazioni di comportamento clinico” indipendenti dalla storia del paziente, dalla sua residenza, dai suoi pregressi personali e da ogni altra variabile, in ossequio esclusivo al principio dominante di una globalizzazione che, proprio a partire dagli anni ’90, aveva avuto una forte accelerazione soprattutto in termini di progressiva unificazione dei mercati a livello mondiale.
Si, perché la globalizzazione era e rimane fenomeno puramente economico.
Una semplice penna a sfera costa poco e scrive bene, sia per uno studente delle elementari che per un professore di liceo, ad ogni latitudine. Peraltro, può essere efficacemente presentata e recepita con un messaggio facile ed immediato. Per queste ragioni essa può essere considerata come un buon prodotto di globalizzazione.
Ma la sanità è cosa diversa! Non si presta al messaggio globale, non solo perché le pratiche diagnostiche e terapeutiche dipendono dalle tradizioni e dai livelli culturali dei singoli Stati e, addirittura, delle diverse regioni e province dei diversi Stati, ma anche e soprattutto perché la necessaria semplicità del messaggio globale può non essere compatibile con la complessità di linguaggio e di terminologia richiesti dalle discipline mediche. Tra l’altro, il prodotto globale, dovendo risultare immediatamente apprezzabile nei suoi eventuali vantaggi, tende a concentrare l’attenzione sui riscontri a “breve termine” del suo consumo, disinteressandosi degli effetti nel medio e lungo periodo; ciò, che se può andare bene per un’appendicite, può risultare del tutto inadeguato nella complessa gestione, per esempio, delle tante e differenti cronicità.
E arriviamo al punto della riflessione: può il minimalismo dei documenti globali essere in linea con la complessità delle opzioni scientifiche e culturali comprese nel perimetro dottrinale della Scienza Medica? Possono i dati delle sperimentazioni, risultanti dai trial controllati randomizzati, essere trasferiti tali e quali alla vita reale o, meglio, all’assistenza sanitaria quotidiana? Può la metodologia delle linee-guida condizionare le competenze e l’esperienza del Medico al punto da obbligarlo ad adattare alle impersonali evidenze della letteratura la biologia e la biografia del malato che ha di fronte?
Se pure non bastassero i nuovi affascinanti scenari che declinano l’attenzione alla persona malata in un’ottica di patient-centred medicine, è arrivata la Suprema Corte a ribadire che “le linee-guida hanno rilievo sul piano orientativo della condotta dell’operatore sanitario, facendo salve le specificità del caso. Il rispetto delle linee-guida non determina di per sé l’esonero della responsabilità penale del sanitario, il quale deve sempre accertarsi se il quadro clinico del paziente impone un percorso terapeutico diverso” (sentenza n. 40316 del 4-11-2024).
Ogni altro commento sarebbe solo superfluo. Rimane appena il tempo per un’antica e mai sopita riflessione che riemerge potentemente alla luce di quanto sentenziato dalla Corte di Cassazione: esiste, e non può non esistere, un delicato equilibrio tra l’approccio del medico, le sue competenze, la sua sensibilità e le specificità di ogni caso. È questa una premessa fondante la missione del Medico, che quelle “linea-guida” mai potranno codificare e che, tanto più alla luce della sentenza pronunciata dalla Suprema Corte, va accolta con attenzione e rispetto perché orientata nella direzione di una medicina più umana e in linea con le reali esigenze dei Pazienti.