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Ostriche, ma quanto sono indispensabili?

Ostriche, ma quanto sono indispensabili?

Ostriche, ma quanto sono indispensabili?

In passato, le ostriche erano un alimento comune e accessibile. Nel tempo, però, fattori come il sovrasfruttamento delle risorse marine e l’inquinamento ne hanno ridotto la disponibilità, aumentandone il prezzo e trasformandole in un vero e proprio prodotto di lusso.

Ovviamente, in questo approfondimento non si vuole discutere del fatto che la riduzione dell’IVA sulle ostriche può contribuire a invertire tale tendenza, rendendole nuovamente accessibili ad una più ampia platea di consumatori; né se, dal punto di vista alimentare, le ostriche possano essere una buona fonte di nutrienti. Semmai, ci focalizzeremo loro indispensabilità!

Certamente le ostriche hanno zinco, ferro, vitamina B12 e omega-3, elementi importanti per la salute del sistema immunitario, la funzione cerebrale e il benessere cardiovascolare. Questi nutrienti, tuttavia, si trovano anche in altri alimenti molto più accessibili come la carne, il pesce, i legumi, la frutta secca. L’immunologo Mauro Minelli, docente di Nutrizione umana e nutraceutica all’Università Lum, interviene su AdnKronos sulla questione dell’IVA sulle ostriche e la proposta del ministro della Agricoltura, Francesco Lollobrigida, di abbassarla perché le ostriche non devono “essere di lusso”.

Più che ad un’esigenza nutrizionale, dunque, il consumo di ostriche può essere legato a motivi gastronomici, culturali e, semmai, di lusso. Per questa ragione, oggettivamente non può non suscitare una qualche perplessità la scelta selettiva di abbassare l’IVA proprio e unicamente sulle ostriche, tanto più in un momento storico nel quale fasce sempre più ampie della popolazione scoprono necessità alimentari non facilmente risolvibili, finalizzate non già al soddisfacimento di uno sfizio o all’assecondamento di un’esigenza nutrizionale agevolmente sostituibile, ma alla salvaguardia della propria salute. È quel che accade, per esempio, alla ragguardevole percentuale di persone (circa il 6% della popolazione, secondo stime recenti verosimilmente approssimate per difetto) con sensibilità al glutine non celiaca, cronicamente prive di budget dedicati e costrette a spese onerose per alimenti verso quali non è mai stata prevista alcuna esenzione, né tanto meno è mai stata postulata una riduzione dell’IVA su prodotti ipo- o de-glutinati.

Una domanda, allora, va posta al decisore: al di là del possibile supporto al settore ittico magari colpito e danneggiato dall’invasione del granchio blu, nell’agenda attuale delle politiche alimentari quanto è prioritaria, rispetto ad altre necessità ed emergenze, la misura pensata in favore delle ostriche?

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