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Leccesette: “Restare in guardia senza allarmismo.” Le riflessioni di Mauro Minelli

Leccesette: “Restare in guardia senza allarmismo.” Le riflessioni di Mauro Minelli

Ai tempi dell’AIDS, circa 40 anni fa, qualcuno chiese ad Osho Rajneesh, maestro spirituale indiano: “Come evitare la temibile epidemia?”
“Fai la domanda sbagliata!” – rispose – “La domanda giusta dovrebbe essere: come evitare la paura di morire causata dall’epidemia? Poiché – volendolo – è facile evitare il virus; difficile è, invece, evitare la paura in te e nel mondo. E la paura può farti fare qualsiasi cosa… È già successo mille volte e continuerà a succedere…” (Osho, 1981)

È indubbio che la lettura “mistica” di un evento epidemico possa non coincidere con quella empirica che, ovviamente, rimane prioritaria nella interpretazione verificabile – e per questo scientificamente affidabile – del fenomeno CoViD. Ma, poiché prima che uomini di scienza ci sforziamo di essere anche accorti osservatori della realtà che ci circonda, non possiamo non considerare che è la consapevolezza “attiva” della paura (e di ciò che la genera) che non dovrebbe mai essere persa e giustamente valorizzata se si vuole evitare di subirla.
Quel che voglio dire è che, se pure è vero che non possiamo né dobbiamo subire passivamente la paura come sentimento “indotto”, trasmesso e ritrasmesso meccanicamente (e confusamente) attraverso mille canali tanto più nell’era dei social, è altrettanto vero che non possiamo né dobbiamo trasformare il nostro eventuale scetticismo in una resistenza senza cedimenti all’ipotesi del contagio. Che, purtroppo, non è soltanto un’ipotesi!

D’altro canto, io credo non si possa acriticamente imprecare contro qualcuno che stia fornendo indicazioni relative all’apparente ripresa dell’infezione virale, incitando a sottostimare il “pre-allerta” o, magari, ventilando l’ipotesi che è possibile che si tratti solo di una mezza boiata, senza avere della malattia in questione un quadro preciso che, clinicamente definito nei suoi parametri clinici, ne chiarisca i precisi meccanismi d’azione e le modalità di aggressione così apparentemente diverse da soggetto a soggetto. E che quest’ultimo non possa essere compito da affidare a showmen, cantanti lirici, clown colorati di arancione, nani e ballerine credo (e spero) si sia tutti d’accordo.

L’analisi retrospettiva di questi mesi, lunghissimi e contrastati, offre uno spaccato che, ancora oggi, continua ad essere focalizzato su due letture interpretative parallele e contrapposte, come due binari che corrono l’uno affianco all’altro senza alcuna possibilità di incrociarsi. Su un binario: l’esperienza critica delle fasi emergenziali (quelle trascorse in marzo, aprile e maggio e quelle, eventualmente, prossime-venture);  la segregazione nella fortezza blindata delle proprie abitazioni senza alcuna possibilità di uscire nemmeno “in maschera”;  la protezione e la prevenzione necessariamente allargate a tutti nessuno escluso. Sull’altro binario, invece: la negazione (passata, attuale e futura) dell’emergenza; l’intolleranza viscerale alla privazione dell’elementare principio della libertà personale; la pretesa dei più giovani di ritenersi immuni a prescindere, protetti dal più recente “non ce ne è di Coviddi, non ce n’è più”, ovvero dal più canonico “andrà tutto bene”.

E nel mezzo, sui due binari, il nuovo coronavirus (che, poi, tanto “nuovo” ormai non è più) che continua incurante il suo viaggio, approfittando di un clima a lui piuttosto favorevole. Un clima non meteorologicamente indotto – come, pure qualcuno aveva postulato nel corso della prima ondata – ma generato dalla frettolosa abdicazione ad un livello di responsabilità inadeguato rispetto alla partita da sostenere. Una partita che non può giocarsi sui tweet incalzanti di medici illustri in pungente disaccordo reciproco; sulle frasi ad effetto; sulle differenze assimilate a slogans tra asintomatici e malati. Non va bene, soprattutto dopo che, per mesi, abbiamo sostenuto con convinzione e ribadito con forza che la principale scommessa da affrontare e vincere era quella di cercare e trovare i portatori inconsapevoli del virus, per bloccarli ed evitare loro di generare ulteriori danni. Era il nostro cruccio. E io credo resti l’impegno prioritario da mantenere ed implementare con l’auspicio, semmai, di calibrare sulle cifre degli asintomatici l’entità e la portata della nuova eventuale ondata, piuttosto che sul numero dei ricoverati nelle terapie intensive. Anche perché oggi, al netto di precedenti esperienze ufficialmente negate per la supposta inadeguatezza di quelli che a suo tempo furono autoritariamente bollati come “giocattolini”, un contributo ancora più aggiornato per individuare le forme più subdole di infezione asintomatica latente può essere certamente fornito da nuovi “test rapidi” tecnicamente basati su metodiche immunocromatografiche e di elettrofluorescenza, già altrove efficacemente utilizzati.

D’altra parte, l’infezione non può essere un fatto ideologico e, dunque, non può accogliere né l’istanza di chi vede l’immigrato “nero” come il principale vettore da bloccare rispetto alla legittima esigenza dei giovani di socializzare accalcandosi a migliaia nei recinti di una discoteca; ma nemmeno quella di chi ritiene che l’immigrato, seppur proveniente da aree critiche, sia esente da responsabilità perché tanto “sono stati gli italiani ad esportare in Africa il coronavirus con gli aerei e non gli africani a portarlo in Italia con i barconi”.

Una mediazione autorevole a questo punto s’impone. Diventa essenziale ed impellente l’intervento di chi, avendo il carisma e la capacità di offrire un qualificato contributo “intermedio” – e, solo per questo, credibile e fondato – possa richiamare tutti, com’è giusto che sia, ad una responsabilità attiva intesa come atto volontario e non “deviato” da richiami più o meno di parte, inevitabilmente destinati a creare ulteriore confusione.

Forse basterebbe vivere, restando in guardia ma senza allarmismi esasperati e senza faziosità pre-costituite, con l’impegno di mantenere intorno a noi (a ciascuno di noi) il controllo responsabile, cauto e vigile di ciò che ci circonda.  

E per far questo non credo davvero ci sia bisogno di richiamarsi a suggestioni mistiche. Sarebbe sufficiente un minimo di semplice buon senso!

 

> Articolo pubblicato anche su ADNKronos il: 19/08/2020 14:35

L’articolo su Leccesette del 19 agosto 2020:

 

Articolo pubblicato anche su ADN Kronos il: 19/08/2020 14:35

 



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