09 Gen Antidiabetici per dimagrire: usi e abusi
La fine delle feste rappresenta, per molte persone, il momento di fare i conti con i chili di troppo che inevitabilmente arrivano dopo una serie di occasioni mangerecce, previste e non previste, e che possono aver compromesso la forma fisica.
C’è chi, davanti all’impietoso verdetto della bilancia, contrappone l’ordinaria logica della “dieta dimagrante”, quella fondata sullo stringente principio del “mangiare meno per perdere peso”, poco o affatto sapendo che una dieta dimagrante particolarmente restrittiva, tanto più se adottata drasticamente dopo un periodo d’abbondanza, induce l’organismo a strani meccanismi di compenso che finiscono per diventare del tutto controproducenti rispetto alle attese. Si origina, così, un circolo vizioso che, oltre a non portare ad alcun beneficio, genera nel soggetto interessato una cocente delusione che, a sua volta, porterà alla naturale ricerca di vie alternative più allettanti, ritenute in grado di fornire risposte più pronte alle esigenze di dimagramento di chi, tanto più in occasione delle feste, non ha inteso rinunciare a nulla.
E qual è, secondo una straripante propaganda che sempre più frequentemente rimbalza di bocca in bocca, il rimedio a cui più facilmente ricorrere per perdere peso senza significative privazioni e senza faticose attività fisiche, ritenute proibitive da chi non ha il tempo per dedicarvisi?
Il ruolo della semaglutide nell’informazione ‘fai da te’
Il tran-tran dell’informazione senza controllo ci porta direttamente e senza scorciatoie ai cosiddetti “agonisti del recettore GLP-1”. Questi farmaci, simulando l’azione dell’ormone naturale “Glucagon-Like Peptide-1” (o “GLP-1”), primariamente provvedono al controllo glicemico modulando la risposta insulinica e poi, promuovendo sensazione di sazietà, contribuiscono a ridurre l’appetito e dunque l’assunzione di alimenti. Figura, tra i più noti agonisti del GLP-1 disponibili nel nostro Paese, la semaglutide (Ozempic®; Wegovy®; Ribelsus®), concepita e nata come ipoglicemizzante e, dunque, adatta per il trattamento del diabete mellito di tipo 2. Le pur previste applicazioni di questo principio attivo anche nelle forme gravi di obesità, certo non ne giustificano l’uso indiscriminato quasi fosse un prodotto dimagrante in senso stretto, non essendo tra l’altro in grado di garantire, una volta sospeso, il mantenimento del “normopeso” eventualmente raggiunto.
Ma quanti dei tanti seguaci (e magari autoprescrittori) di queste terapie ne conoscono gli effetti a lungo termine? Quanti di loro si sono mai domandati se dietro l’apparente efficacia del prodotto, non già sul diabete ma sul contenimento del peso corporeo, non si nasconda una potenziale tossicità al momento assai poco o per nulla considerata dagli speranzosi consumatori?
Gli effetti avversi e controindicazioni della semaglutide
Nonostante le Agenzie americana ed europea (FDA e EMA) che provvedono alla regolamentazione dei farmaci, ci informino oramai da tempo di effetti collaterali importanti che, dalla pancreatite alla paralisi gastrica, possono conseguire all’assunzione prolungata di semaglutide, le priorità di consumatori “fai da te” appaiono diverse. Questi ultimi, infatti, sembrano essere molto più interessati all’immediato raggiungimento di un peso corporeo comodamente assestato su taglie “small – medium” che non sulle possibili conseguenze future di un principio attivo che non può essere considerato alla stregua di un prodotto dimagrante non solo perché, di fatto, non lo è, ma anche perché, essendo farmaco antidiabetico, può portare su valori molto bassi i livelli glicemici nei soggetti che non siano iperglicemici. E c’è chi ha documentato le conseguenze della semaglutide in individui che l’avevano comunque assunta pur senza rientrare nei previsti parametri di prescrizione specialistica, evidenziandone le pance pendule e i volti scavati e deperiti. Per non parlare di effetti avversi ancora più importanti, segnalati in alcuni lavori scientifici nei quali, oltre a quelli già citati, vengono riportate, collateralmente all’assunzione di semaglutide, più o meno importanti ricadute sulle funzioni visiva, renale o tiroidea.
Le informazioni che ci giungono dai media in merito al consumo di questi farmaci nel mondo sono tutte orientate al loro impiego indiscriminato, del tutto indifferente ai richiami alla prudenza e al buon senso, fino al punto da portare le persone all’autoapprovvigionamento attraverso acquisti su Facebook di prodotti anche contraffatti, pur di ovviare alla mancata prescrizione specialistica e ai prezzi elevati dei prodotti originali.
L’approccio scientifico come scelta ideale
Posto che, prima e dopo della semaglutide, altri agonisti del GLP-1 sono stati commercializzati con nomi diversi, da Saxenda® (Liraglutide) al più recente Mounjaro® (Tirzepatide), è sempre il caso di ribadire che l’efficacia terapeutica di questi medicamenti non è legata al semplice automatismo della loro somministrazione, ma necessita obbligatoriamente di dieta ipocalorica e di adeguata attività fisica.
Così come va ricordato che la loro prescrizione, appositamente normata da specifiche disposizioni, è esclusivamente prevista per soggetti che abbiano un indice di massa corporea superiore a 30 kg/m2 (obesità) o, comunque, per soggetti in sovrappeso con indice di massa corporea compreso tra 27 e 30 kg/m2 ma con associate importanti problematiche di tipo metabolico (diabete tipo 2, ipercolesterolemia/ipertrigliceridemia, iperuricemia, ipertensione, apnea ostruttiva del sonno, malattie cardiovascolari).
Sono piccole annotazioni che risultano, tuttavia, utili a ribadire quanto le tendenze auto-deterministiche possano alla fine sortire effetti tutt’altro che in linea con le attese, perché impostate più sul sensazionalismo dei boatos che non sullo studio, la ricerca e l’autorevolezza della scienza medica.