Originario delle zone tropicale e subtropicale dell’America Latina, verso la fine del 1500 il pomodoro fu introdotto dagli Spagnoli in Europa dove fu inizialmente utilizzato solo per scopi ornamentali.
Il suo uso alimentare era, infatti, ritenuto pericoloso ed essendo la pianta considerata velenosa per la presenza di solanina, l’assunzione di pomodori crudi fu lungamente inibita ai ragazzi per timore di avvelenamento. Per un certo periodo a questo frutto botanico furono anche attribuiti poteri eccitanti ed afrodisiaci, al punto da essere adoperato in pozioni e filtri magici. Forse per tale motivo era chiamato pomme d’amour in francese, love apple in inglese, libesapfel in tedesco, pomo o mela d’oro in italiano. Tali definizioni sono state poi sostituite dalla parola d’origine azteca tòmat o tomate, tranne che in italiano, lingua nella quale è rimasto il nome pomodoro. L’uso alimentare del pomodoro, come alimento fresco o spremuto, viene ufficialmente attribuito alla corte di Francia verso la fine del 1700, per quanto a Napoli già precedentemente ne facesse uso la popolazione da sempre afflitta da fame endemica.
Le prime tecniche di conservazione del pomodoro vengono fatte risalire al 1809, anno in cui il cuoco francese Nicolas Appert, riprendendo le intuizioni precedentemente elaborate dall’abate Lazzaro Spallanzani (1760), pubblicava l’opera intitolata “l’Art de conserver pendant plusieurs années toutes les substances animales et végétales.”
In realtà, tra le tante possibili varietà di pomodori ce n’è una, forse la più antica in alcune regioni del Sud Italia, ideale per essere conservata durante i freddi mesi invernali in forma di grappoli di colore cangiante dal rosso al giallo, all’arancio e fino al marrone. Si tratta dei cosiddetti ‘pomodori da penda’ che possono essere mangiati con la buccia aperta e ‘spalmata’ sul pane appena abbrustolito, oppure “scattati” o “scattarisciati”, cioè cotti in padella o direttamente sulla brace, facendoli rompere scoppiettando e poi condendoli con olio, sale e magari qualche oliva nera tenuta in salamoia. Piatto certamente povero ma di una bontà superlativa, che poggia sulla virtuosa operosità contadina capace di selezionare, fin dai tempi in cui dei frigoriferi non c’era traccia, pomodorini resistenti all’inverno grazie a particolari procedure di conservazione. Infatti, infilati intorno ad uno spago o a un fil di ferro chiuso ai due estremi, i pomodori, raccolti in piccoli grappoli sovrapposti, vengono appesi in luoghi freschi e asciutti ad aspettare i mesi freddi, nei quali verranno poi consumati con misurata parsimonia. La procedura, semplice e consolidata, si conferma ancora oggi come metodica di conservazione tra le più naturali e salutari.