24 Nov Il Servizio Sanitario Nazionale al collasso. La Sanità non più garantita
Il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – quel sistema pubblico che dovrebbe assicurarci cure gratuite o quasi – è in una crisi sistemica profonda. La Fondazione GIMBE la definisce un “lento ma inesorabile smantellamento“. Il problema è strutturale e si chiama de-finanziamento.
La causa principale: l’illusione contabile (cosa significa “de-finanziamento”?)
Il vero problema di fondo non è che mancano tutti i soldi, ma che ne mancano troppi rispetto alle esigenze crescenti.
L’illusione contabile: sentiamo dire spesso che i fondi per la Sanità sono stati aumentati. Questo è vero in termini nominali (il numero è più grande), ma non tiene conto dei costi in crescita (come l’inflazione, l’acquisto di macchinari più sofisticati o di indagini diagnostiche più raffinate, o gli stipendi dei medici). È come ricevere un aumento di 100 euro quando l’affitto è aumentato di 150 euro: tecnicamente hai più soldi, ma il tuo potere d’acquisto è diminuito.
La torta che si restringe: la misura più onesta è guardare alla percentuale del PIL (la ricchezza totale del Paese) dedicata alla Sanità (FSN). Questa “fetta della torta” si è ridotta: è passata dal 6,3% nel 2022 al 6,1% previsto per il 2025. Una fetta più piccola, con costi più grandi, ha creato un buco reale (l’ammanco) stimato in 13,1 miliardi di euro nel triennio.
In pratica, stiamo investendo proporzionalmente meno nella nostra salute pubblica rispetto a quanto dovremmo per mantenerla in funzione.
L’impatto drammatico sui cittadini: paghiamo due volte
Questo deficit strutturale si scarica interamente sulle nostre tasche e sulla nostra salute.
La spesa Out-of-Pocket: è la spesa che siamo costretti a pagare direttamente noi, di tasca nostra, per visite, esami o altre operazioni che il SSN non riesce più a garantire in tempi accettabili. Questa cifra ammonta a 41,3 miliardi di euro. Siamo costretti a pagare per un servizio che abbiamo già finanziato con le tasse.
La rinuncia alle cure è la conseguenza più grave: oltre 5,8 milioni di italiani sono costretti a privarsene per motivi puramente economici.
Aumento del privato puro: se il pubblico non funziona, l’unica alternativa è rivolgersi al “privato puro”, creando di fatto un sistema sanitario a due velocità, accessibile solo a chi può permetterselo.
La frattura Nord-Sud: una sanità iniqua
La crisi non colpisce tutti allo stesso modo, ma amplifica le disuguaglianze geografiche.
Iniquità di ripartizione: i meccanismi di finanziamento per le Regioni continuano a penalizzare quelle con popolazioni più giovani, tipicamente quelle del Sud. In parole povere, i fondi non sono distribuiti in modo giusto rispetto alle reali esigenze della popolazione.
Disuguaglianze LEA: questo si traduce in enormi differenze nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) – ovvero l’insieme minimo di cure e servizi che devono essere garantiti a tutti i cittadini. Se i LEA non sono garantiti, le persone nel Sud hanno meno accesso a cure di qualità.
Il gap di 3 anni: la conseguenza più scioccante di questa disuguaglianza è che l’aspettativa di vita è più bassa di 3 anni nel Sud rispetto al Nord.
La polemica sulla libera professione: la “cortina fumogena”
Il Ministero ha sollevato polemiche sulla “intramoenia”, ovvero la libera professione esercitata dai medici all’interno delle strutture pubbliche, accusando i professionisti di favorire il privato.
La verità nascosta: questa polemica è una “cortina fumogena”, una sorta di forzato diversivo. Non sono i medici la causa, ma la carenza strutturale di personale e il sotto-finanziamento che limita l’offerta pubblica. Se un medico ha 100 pazienti da vedere in un mese con mezzi pubblici limitati, non è colpa sua se i pazienti vanno nel privato per velocizzare.
Il rischio: se si proibisce o si ostacola l’intramoenia, l’unico risultato sarà spingere i medici e gli infermieri più qualificati ad abbandonare completamente il sistema pubblico, peggiorando ulteriormente le liste d’attesa.
Il Servizio Sanitario Nazionale non ha bisogno di polemiche sui medici, ma di un nuovo patto politico che smetta di vederlo come un costo da tagliare e lo consideri un diritto costituzionale e un investimento strategico fondamentale per il futuro del Paese.
*Fonte: VIII rapporto sul SSN della Fondazione GIMBE

