06 Lug Quando senti che “il nervoso” ti parte dalla pancia
È incentrata sul tema “psicobiota” l’odierna puntata di “Fermenti, il segreto della vita”, la rubrica online di informazione scientifica curata dall’immunologo Mauro Minelli, della Fondazione per la Medicina Personalizzata, dedicata all’analisi puntuale della struttura e delle funzioni del microbiota intestinale umano.
In questa gigantesca comunità, abitata da miliardi di esemplari, esiste una quota di microrganismi capace di agire sul cosiddetto ‘asse intestino-cervello’, un canale bidirezionale attraverso il quale l’intestino comunica con il cervello e viceversa. La comunicazione lungo quest’asse viene garantita da alcune molecole che consentono un dialogo costante e immediato tra i neuroni cerebrali e i neuroni che, distribuiti nell’intestino umano, compongono il cosiddetto ‘plesso neuro-enterico’.
Tali molecole sono anche prodotte da diversi batteri del microbiota, chiamati ‘psicobiotici’, in grado di interloquire con le cellule neuronali, intervenendo così nelle dinamiche funzionali di quell’asse delicato. D’altro canto, organizzazioni microbiche intestinali disordinate e squilibrate sono state trovate in varie condizioni neuropsichiatriche, come depressione e ansia, disturbi dello spettro autistico, schizofrenia e persino morbo di Parkinson e malattia di Alzheimer.
Si ipotizza che alterazioni dei segnali del microbiota nei primi anni di vita, se non addirittura nell’ambiente fetale, abbiano importanti ripercussioni sui processi di formazione dei neuroni che andranno a costituire la preziosa struttura cerebrale dell’ippocampo, con conseguenze sul comportamento del bambino e, successivamente, dell’adulto.
In particolare, per quel che riguarda i disturbi dello spettro autistico, in questi pazienti sono spesso osservati disordini gastrointestinali con alterazioni del microbiota più frequentemente rappresentate da un’aumentata abbondanza di clostridi e da un generale aumento di batteri anaerobi, tra i quali primeggiano batteri appartenenti al genere sutterella, in realtà già in precedenza abbondantemente rilevati in persone affette da sindrome di Down. Nei pazienti con schizofrenia è stata, invece, osservata una associazione tra severità della malattia e abbondanza di batteri appartenenti ai generi Veillonella e Lachnospiraceae.
Il dato forse più interessante della ricerca è che il trapianto microbico fecale da pazienti schizofrenici a topi di laboratorio “germ-free” ha consentito di trasferire, negli animali, gli atteggiamenti comportamentali tipici della malattia (in particolar modo l’iperattività). Modificazioni del microbiota intestinale potrebbero dunque portare ad alterazioni neurochimiche e neurologiche. Recentemente è stato costruito il primo catalogo della potenzialità neurologica del microbiota intestinale ed è stato valutato il suo ruolo nella qualità della vita sia fisica, sia mentale.
Si ricava dall’analisi di questo documento che Faecalibacterium e Coprococcus, batteri produttori soprattutto di butirrato, sono significativamente associati a valori più alti degli indicatori di qualità della vita. Inoltre, Coprococcus e Dialister risultano essere significativamente ridotti in persone depresse. Tra i meccanismi identificati come possibili responsabili della benefica associazione tra questi batteri intestinali e la qualità mentale della vita, è stata ipotizzata la produzione di butirrato ma anche di un metabolita della dopamina, l’acido 3,4-diidrossifenilacetico, dotato di azioni benefiche. Per tale ragione, Coprococcus e Dialister sono stati proposti come potenziali guide per lo sviluppo di psicobiotici.
Comunità microbiche disbiotiche sono state rilevate pure in disordini neurodegenerativi, come la malattia di Parkinson, la malattia di Alzheimer o anche l’uveite sporadica, esempio specifico di malattia neurodegenerativa mediata dai microrganismi intestinali e caratterizzata da un’infiammazione dell’uvea, sottile membrana vascolarizzata posta nell’occhio, tra la cornea e la sclera. Topolini affetti da questa malattia hanno mostrato infiammazione e perdita di cellule nella neuroretina con disfunzione della vista.
Questa infiammazione è mediata da linfociti T autoreattivi la cui attivazione è stata dimostrata dipendere dal microbiota. Ulteriori studi sono comunque necessari per comprendere appieno il ruolo del microbiota intestinale e, soprattutto, chiarire se le differenze osservate siano causative o semplice conseguenza di condizioni patologiche altrimenti non correlate.
UNA RUBRICA DI:
Mauro Minelli – docente di “Scienze tecniche dietetiche applicate” presso Università LUM “Giuseppe Degennaro” e coordinatore responsabile della sezione “Italia Meridionale” della Fondazione Italiana Medicina Personalizzata (FMP).