
20 Gen Microbiota e longevità: breve sintesi di studi recenti
Come la qualità del nostro invecchiamento può dipendere anche dalla composizione della flora batterica intestinale?
Quello dell’invecchiamento, soprattutto se considerato nella sua accezione più “attiva” e dunque più valida, è un argomento complesso, articolato su una serie piuttosto eterogenea di “meccanismi chiave” intorno ai quali va sempre più focalizzandosi l’attenzione della Scienza, nell’intento di controllare e contenere, ove possibile, i diversi fattori dai quali si genera la fragilità del soggetto anziano. Si tratta di un processo multifattoriale che coinvolge organi e sistemi diversi (da quello immunitario a quello nervoso e ormonale), interconnessi tra loro, ma anche fortemente dipendenti da altri fattori, detti “epigenetici”, certamente rappresentati dall’ambiente, dagli stili alimentari e di vita, ma anche dal microbiota.
Evidenze sempre più numerose e qualificate rimarcano questo aspetto ritenendolo di grande rilevanza nell’economia complessiva del cosiddetto “invecchiamento di successo”. D’altro canto, Il microbiota intestinale è un ecosistema ad altissima densità, composto da miliardi di microrganismi prevalentemente ospitati nel nostro intestino. E di fatto, agendo su molteplici aspetti della fisiologia umana, con particolare riferimento al regolare funzionamento del sistema immunitario e alle corrette dinamiche del metabolismo energetico (soprattutto grassi e carboidrati), il microbiota sembra rappresentare un tassello importante nella definizione del “quanto” e del “come” un essere umano possa invecchiare, conservandosi il più possibile in buona salute.
È possibile individuare la presenza nel nostro organismo di batteri in grado di garantirci un “invecchiamento di successo”. E, se sì, con quali strumenti è possibile identificarli?
Ciò che emerge dagli studi più recenti condotti sull’argomento, è che esiste una sorta di “zoccolo duro” del nostro microbiota (detto “core microbiota”) costituito da alcune specie batteriche che vivono in vicendevole equilibrio con l’organismo ospitante e al quale forniscono un importante contributo in termini di salute, soprattutto attraverso la produzione di “acidi grassi a corta catena” (SFCA). Grazie a queste molecole, estremamente importanti per la nostra salute, le specie microbiche “amiche” (specialmente rappresentate da Ruminococcaceae, Lachnospiraceae e Bifidobacteriaceae) riescono a tenere il più possibile sotto controllo le criticità peculiari della vecchiaia, quali la perdita progressiva della funzione cognitiva, la sarcopenia (cioè, la perdita della massa e della forza muscolare), lo sviluppo di malattie croniche come il diabete o l’aterosclerosi.
Oggi, lo sviluppo e la messa a punto di nuovi metodi d’analisi del microbiota intestinale fondati sulla identificazione del suo specifico patrimonio genetico grazie a tecniche di diagnostica molecolare, ne hanno permesso una caratterizzazione dettagliata e completa e, conseguentemente, un’eventuale correzione pianificata attraverso opportune strategie integrative.
Se esistono e sono documentati batteri che possono influire positivamente sull’invecchiamento, perché le modalità dell’invecchiamento possono variare così tanto da persona a persona?
Purtroppo l’abbondanza delle specie batteriche “benefiche”, nel grande contesto di quella che un tempo era chiamata “flora intestinale”, tende a ridursi quantitativamente e qualitativamente con il progredire dell’età, ciò che rende possibile la crescita contestuale di specie “opportuniste” che, approfittando di eventuali spazi lasciati liberi da altri “abitanti” dell’intestino, occupano impropriamente postazioni strategiche generando condizione progressive di squilibrio, a loro volta in grado di favorire l’insorgenza di stati infiammatori. In effetti, una delle caratteristiche dell’invecchiamento è proprio l’alterazione che si viene a generare nei livelli di rappresentanza con cui le varie specie microbiche si rapportano reciprocamente nel grande calderone del microbiota intestinale. Come dire che la caratteristica più peculiare dei soggetti longevi sembra essere proprio quella di mantenere il più a lungo possibile un equilibrio stabile nella composizione della flora intestinale, con abbondanza relativa di batteri antinfiammatori ed immunomodulanti capaci, in quanto tali, di essere veri e propri promotori di salute.
Quali sono gli equilibri batterici intestinali che dovremmo cercare di raggiungere per poterci garantire un invecchiamento attivo e, magari, anche il più lungo possibile?
Nei soggetti molto longevi è stato già da tempo rilevato un target identificativo abbastanza caratteristico, basato su un’abbondanza relativa di Bifidobatteri e Akkermansia, quasi fosse una specie di “impronta” associata ad un microbiota capace, in forza della sua composizione non proprio usuale nella senescenza, di promuovere la salute e contribuire al raggiungimento dei limiti estremi dell’aspettativa di vita umana.
Più di recente, un’attenzione particolare è stata anche riservata, in ragione di una loro abbondanza nelle persone centenarie, a batteri appartenenti alla famiglia Christensenellaceae, componente del microbiota che sembra essere maggiormente influenzata dal corredo genetico dell’ospite.
Certo, al momento, non è facile capire se le specifiche peculiarità della flora batterica delle persone più longeve siano legate ai loro pregressi stili di vita o, magari, già presenti in giovane età e così lungamente conservati; ovvero si tratti di dotazioni progressivamente acquisite in un arco di tempo straordinariamente lungo e, per questo, capace di offrire opzioni più vantaggiose rispetto alla media dei viventi.
Quel che credibilmente si può aggiungere è che, grazie al progressivo avanzamento delle conoscenze, adeguate azioni correttive ed integrative applicate a profili dietetici ben calibrati, sono in grado di produrre giovamenti significativi a quella delicata fase della vita in cui sono ancora possibili efficaci interventi di prevenzione, di recupero e di rilancio.
UNA RUBRICA DI:
Mauro Minelli – docente di “Scienze tecniche dietetiche applicate” presso Università LUM “Giuseppe Degennaro” e coordinatore responsabile della sezione “Italia Meridionale” della Fondazione Italiana Medicina Personalizzata (FMP).