16 Mar Integratori a base di iodio: perché è inutile fare scorta
In questi giorni si è diffusa la notizia della corsa agli integratori a base di iodio per la prevenzione di problemi derivanti da eventuale esposizione a radiazioni nucleari.
Nel numero 49 di Risposta ImmunITALIA, la rubrica settimanale in cui il prof. Minelli risponde alle domande dei pazienti, vengono forniti chiarimenti in merito al rischio di assumere sostanze specifiche senza un controllo medico, e le risposte ai dubbi più ricorrenti sull’argomento.
È utile in questo momento fare scorta di integratori a base di iodio?
Non ha alcun senso, in questo momento, adoperarsi per pre-dotarsi di scorte domiciliari di compresse di iodio con le quali proteggersi da eventuali incidenti nucleari.
La corsa all’approvvigionamento di integratori a base di iodio sembra essere già partita, quasi che l’assunzione preliminare di tali prodotti possa scongiurare i rischi derivanti da un temuto fall-out radioattivo che può seguire a un possibile problema nucleare nelle zone di guerra.
A tale proposito, non senza aver premesso che lo stato attuale degli eventi bellici non sembra esser tale da richiedere l’uso di quei prodotti, va ribadita e sottolineata l’assoluta inutilità di assumere compresse di iodio a scopo preventivo. Tra l’altro, nel caso in cui gli eventi dovessero richiederlo, saranno le regioni e la Protezione Civile a provvedere alla distribuzione dei farmaci all’uopo previsti.
Perché, nel timore di esposizione alle radiazioni, si corre a fare incetta di integratori di iodio?
Perché lo iodio non radioattivo, se presente nell’organismo in quantità tale da saturarne i tessuti, impedisce all’eventuale iodio radioattivo di entrare nelle cellule, che comporterebbe il danno irreversibile di queste ultime. Positivi riscontri di tali premesse si sono già avuti nel 1986, in occasione dell’incidente nucleare di Chernobyl, e nel 2011 in Giappone, in occasione del disastro nucleare di Fukushima.
Dunque, le compresse di iodio o anche soluzioni di ioduro di potassio, competendo con lo iodio radioattivo derivante da un’eventuale emergenza nucleare, ne impedirebbero l’assorbimento da parte, per esempio, delle ghiandole salivari, o delle ghiandole mammarie (tanto più se in corso di allattamento), ma soprattutto da parte della tiroide che è l’organo umano nel quale l’elemento iodio viene immagazzinato.
Per essere efficaci questi presìdi terapeutici vanno assunti, previa indicazione delle autorità competenti, solo e soltanto in caso di effettiva esposizione a iodio radioattivo in presenza, reale e documentata, di pericolo nucleare.
Oltre che del tutto inutile, un’assunzione preventiva di iodio in assenza di criticità accertate o immediatamente incombenti, non è esente da rischi in quanto potenzialmente in grado di produrre effetti negativi soprattutto sul funzionamento della tiroide.
Quali sono i rischi connessi a un’assunzione prolungata di iodio?
Intanto va subito precisato che, non essendo in grado di sintetizzare lo iodio, l’uomo ha bisogno di recuperarlo attraverso gli alimenti in quantitativi che, per essere adeguati al fabbisogno, in condizioni ordinarie devono mantenersi intorno ai 150 microgrammi al giorno, da aumentare sensibilmente in corso di gravidanza e durante l’allattamento.
Tra gli alimenti che, in quanto parte integrante di diete sane ed equilibrate, contribuiscono ad un fisiologico apporto di iodio, vanno menzionati i fagioli, le zucchine, le bietole, l’aglio, le uova, il latte, i formaggi, i cereali, la carne.
L’assunzione magari continuativa di iodio in quantità superiore a questi limiti considerati fisiologici e, per questo, raccomandati dall’OMS, può indurre la comparsa di diarrea, eruzioni cutanee, dolori addominali, allergie, e può portare all’insorgenza di una tiroidite cronica con progressivo danneggiamento della struttura ghiandolare e conseguente alterazione delle sue funzioni, vitali per l’organismo umano.
Ma quanto è utile oggi premunirsi, facendo scorte di iodio a scopo preventivo?
Ritengo serva a molto poco. Anche perché il presidente russo non ha esplicitato l’intenzione di colpire le centrali nucleari, ma ha minacciato, seppur velatamente, di utilizzare il proprio arsenale nucleare. Il che comporterebbe, ben oltre la liberazione di iodio radioattivo, un rischio molto più pesante in termini di conseguenze legate allo sprigionamento nell’aria di tutta una serie di sostanze radioattive capaci, come la storia ci insegna, di danneggiare severamente non solo la tiroide, ma tutti i tessuti e gli organi del nostro corpo.
In realtà la storia recente ci ricorda che anche l’esplosione di una centrale nucleare, per quanto diversa dall’esplosione di una bomba atomica, può avere conseguenze patologiche che non si limitano alla sola tiroide. Il già citato incidente di Chernobyl, per esempio, certamente generò, soprattutto nella popolazione più direttamente esposta, tumori tiroidei connessi all’accumulo nella tiroide di iodio radioattivo sprigionato dalla centrale, ma si rese responsabile della liberazione in atmosfera di altri elementi radioattivi (Cesio, Stronzio) nei confronti dei quali le compresse di iodio sono del tutto prive di efficacia.
Quali sono, allora, le misure più razionali da adottare in circostanze così distanti dai nostri pensieri ordinari tanto da sembrare perfino irreali, eppure così tragicamente evocate dai teatri della guerra?
È bene, intanto, precisare che l’entità delle conseguenze biologiche di un’eventuale esposizione ad agenti radioattivi dipende, oltre che dal tipo di agente sprigionato dalla sorgente nucleare, anche dalla quota aerea di dispersione, dalla distanza delle persone esposte rispetto alla sorgente e dall’andamento della nube tossica. Ciò che può evidentemente determinare una grande variabilità in termini di effetti sulla popolazione.
In quanto alla profilassi relativa allo iodio radioattivo, va precisato che ciò che realmente serve non è certamente l’integratore a base di iodio, ma compresse contenenti ioduro di potassio effettivamente in grado di apportare iodio in quantità realmente protettive. Dunque, farmaci che, come tali, potranno essere distribuiti dalle farmacie solo previa prescrizione medica e in presenza di reali condizioni di rischio.
D’altro canto c’è anche da aggiungere che, in caso di incidente nucleare, esiste presso le Regioni un piano strategico finalizzato a distribuire, già a partire dalle 6-8 ore successive all’incidente, questi presìdi terapeutici alla popolazione secondo regole già stabilite. Tali regole prevedono che ad essere protetti per primi siano, oltre alle donne in gravidanza e in allattamento, i ragazzi al di sotto dei 18 anni, considerando che dai 40 anni in su il rischio di sviluppare un tumore della tiroide a causa delle radiazioni sarebbe percentualmente più basso.
Resta fermo tuttavia il concetto che la misura più razionale da adottare in circostanze così dolorose, sulle quali mai avremmo pensato di doverci soffermare, rimane quella di continuare fermamente a credere che la ragionevolezza ed il senso di responsabilità possano alla fine prevalere sulla follia cieca della guerra.
Il governo sta comunque aggiornando il piano nazionale per il rischio nucleare, che spiega quali sono le attività di monitoraggio e intervento da parte degli enti preposti, incluse la iodioprofilassi e tutte quegli accorgimenti che la popolazione dovrebbe adottare nel caso ce ne fosse bisogno.
Il testo completo del piano è disponibile sul sito del Dipartimento della Protezione Civile: https://rischi.protezionecivile.gov.it/it/nucleare/attivita