10 Nov Il business delle intolleranze alimentari tra scienza e fake news
Le statistiche indicano che il 4,5% della popolazione adulta italiana, equivalente a 1 individuo su 500, soffre di intolleranze alimentari. Un fenomeno preoccupante in crescita, diventato un vero e proprio business con una crescita annua dell’8-10%. Il dibattito su cosa costituisca realmente un’intolleranza alimentare è sempre più acceso. Ne parla il prof. Mauro Minelli, Immunologo e Allergologo, Coordinatore per il meridione della Fondazione Medicina Personalizzata, Docente di ‘Dietetica e nutrizione umana’ all’Università Lum, ospite dell’appuntamento radiofonico di Giornale Radio.
Negli ultimi anni, il termine “intolleranza” è stato utilizzato in modo non pertinente e improprio, tant’è che le autorità scientifiche e istituzionali invitano a rivedere questa terminologia per posizionare correttamente il complesso mosaico di disturbi legati all’alimentazione. Allo stesso tempo, si punta a ridurre il potere di test non scientifici.
Una delle cause di questa tendenza è l’atteggiamento diffuso di affidarsi a valutazioni non mediche, come quelle effettuate da centri estetici ed erboristerie. Test condotti da personale non qualificato sono spesso basati sulla fantasia degli operatori piuttosto che su solide basi scientifiche: una delle affermazioni più ingannevoli è la correlazione tra intolleranze alimentari, sovrappeso e obesità, una fake news che continua a prosperare.
Una pratica comune è, infatti, far credere alle persone di ingrassare a causa di intolleranze alimentari. Il conseguente dimagrimento, in realtà, è spesso legato a una riduzione dell’apporto calorico dovuto al fatto di eliminare i cibi ingiustamente incriminati. Test come quello kinesiologico, in cui si verifica la forza muscolare in relazione agli alimenti tenuti in mano, sono spesso privi di affidabilità scientifica. Inoltre, la variabilità nei risultati rende questi test poco attendibili: basta ripetere lo stesso test a distanza di diversi giorni per vedere un ribaltamento del risultato.
L’intolleranza al lattosio, ad esempio, è una condizione clinica crescente, ma viene diagnosticata attraverso test specifici eseguiti in centri medici autorizzati. È essenziale distinguere tra allergie e intolleranze: le allergie coinvolgono meccanismi immunologici e possono essere diagnosticate con precisione tramite test specifici, mentre le intolleranze sono legate a variabili come l’azione dei batteri del microbiota intestinale. Cattiva digestione, gonfiore e reflusso gastroesofageo possono essere i sintomi dell’azione dei batteri fermentativi.
È possibile diventare intolleranti nel corso del tempo? Allergici, non intolleranti, ci si nasce, anche se esistono diverse sfumature. Per esempio, alcune persone nascono con una predisposizione alle allergie, che potrebbero svilupparsi nel corso della vita. Esistono poi, in rari casi, le intolleranze primitive che si verificano nei soggetti che sono privi di enzimi che scindono alcuni alimenti come il latte (lattasi). Ci sono, infine, predisposizioni genetiche che possono rendere una persona intollerante a un certo alimento nel tempo
Mentre il business delle intolleranze alimentari continua a crescere, è fondamentale discernere tra pratiche scientifiche e mistificazioni. La diagnosi dovrebbe essere effettuata in centri medici specializzati, evitando test privi di validità scientifica che alimentano una percezione distorta della relazione tra alimenti e salute.