02 Ott Giornata del caffè: pro e contro della bevanda più amata dagli italiani
Il caffè è una bevanda che, da secoli, accompagna la nostra quotidianità con il suo inconfondibile aroma; una presenza costante nei momenti di convivialità e in occasioni professionali. Si stima che un adulto consumi circa un chilo e mezzo di caffè all’anno, ottenendo da esso una grande quantità di composti, tra cui la caffeina, nota per i suoi effetti stimolanti sulla vigilanza e sull’energia.
Una tazzina di espresso contiene in media 80 mg di caffeina, mentre un caffè preparato con la moka ne ha circa 120 mg e un decaffeinato solo 5 mg. La caffeina è un alcaloide che aumenta la disponibilità di neurotrasmettitori come l’adrenalina, rendendo chi beve caffè più energico e attivo. Inoltre, questo composto può inibire la secrezione di mediatori dell’infiammazione, con effetti soprattutto sulle cellule del colon.
Altri potenziali benefici della caffeina includono il contrasto alla crescita cellulare nei tumori, anche se su questo tema sono necessarie ulteriori ricerche per confermare le conoscenze attuali. Il caffè contiene anche polifenoli, tra cui l’acido caffeico, che ha mostrato effetti neuroprotettivi, con un possibile ruolo nella prevenzione di malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson.
Rischi legati al consumo di caffè
Tuttavia, il caffè può avere anche effetti rischiosi, considerando che può creare dipendenza e aggravare eventuali malattie cardiovascolari già in atto. Un’attenzione particolare all’abuso di caffè va posta in gravidanza, quando un consumo eccessivo di questo infuso può portare a un ritardo della crescita intrauterina del feto. Nel novero delle controindicazioni, altro elemento importante da considerare sono le possibili interferenze con l’azione di alcuni farmaci, un po’ perché la caffeina condivide con diversi medicamenti gli stessi percorsi metabolici, e un po’ perché molti antinfiammatori, antinfluenzali e antidolorifici contengono questa sostanza. Per tali ragioni sarà sempre sconsigliato assumere caffè per deglutire farmaci, visto il rischio di condizionarne l’azione farmacologica amplificandola o, al contrario, riducendola.
Il legame tra caffè e microbiota intestinale
Ulteriore punto da evidenziare è che il caffè induce una maggiore secrezione di succhi gastrici tutt’altro che benéfici in chi dovesse soffrire di gastrite o di reflusso gastroesofageo. Emergono, dunque, effetti del caffè sul tratto gastroenterico, ciò che riduce le complessive capacità dell’organismo di poter fruire appieno delle virtù dell’infuso di caffè non adeguatamente “gestito” dal sistema preposto al suo assorbimento e alla sua trasformazione. D’altro canto, come per qualsiasi altro cibo o bevanda, il tratto gastrointestinale è pur sempre il primo sistema corporeo ad entrare in contatto con il caffè potendo da quest’ultimo ricevere effetti locali tanto immediati, quanto ritardati che studi recenti associano all’azione del microbiota intestinale.
Sembra, infatti, che sia quest’ultimo a fare da intermediario visto che, proprio dall’azione dei composti bioattivi del caffè sui batteri della microflora, potrebbero scaturire conseguenze sulla salute umana. Secondo una serie di studi in tal senso già pubblicati e condotti anche sull’uomo, l’abitudine del caffè sembra associarsi a rimaneggiamenti qualitativi e quantitativi nella composizione del microbiota, a loro volta in grado di esplicitarsi con effetti locali e sistemici. Dunque, le influenze del caffè sul microbiota intestinale possono avere importanti implicazioni per la salute umana. In particolare, secondo alcune osservazioni, il caffè potrebbe svolgere, verosimilmente attraverso una selezione di batteri “buoni” (Faecalibacterium, Lactobacillus, Akkermansia e Bifidobacterium), un ruolo protettivo contro alcune malattie come il diabete di tipo 2 e la steatosi epatica non alcolica.
Nutrigenetica e metabolismo della caffeina
E poi c’è la genetica, anzi la “nutrigenetica” ossia quella scienza che permette di capire se la variabilità di risposta delle persone al cibo abbia una base genetica e, in caso affermativo, applicare analisi specifiche per predire la risposta ai singoli alimenti.
La caffeina è metabolizzata nel fegato, da un particolare enzima indicato con la sigla “CYP 1A2” che mostra, tra gli individui, un’ampia variabilità della propria attività. Sicché un’anomalia strutturale di questo enzima, determinata da una mutazione nel gene che lo produce, ne altera l’attività con conseguente compromissione del metabolismo della caffeina. Ci saranno, così, individui, definiti metabolizzatori lenti, che difficilmente riescono ad assumere una seconda tazza di caffè al giorno, differentemente dai metabolizzatori rapidi, molto meno soggetti ai disturbi cardiovascolari indotti dalla caffeina ed in grado di bere giornalmente diverse tazze di caffè, addirittura traendone, secondo alcuni autori, un benefico effetto sulla salute.
Come dire che, ancora una volta, tenere conto dell’individualità di ciascun soggetto rimane il modo più corretto per aiutare ogni persona a migliorare le proprie condizioni di salute senza per questo rinunciare ad ogni costo ai piaceri della vita, tra i quali certamente una buona tazzina di caffè.