04 Ott Educazione alimentare: le strategie per evitare lo spreco
In questo periodo, caratterizzato dal disturbo da dieta cronica ovvero il controllo quasi maniacale del proprio peso e delle calorie assunte seguendo spesso regimi alimentari improvvisati, capita spesso di trovarsi di fronte a vere e proprie incongruenze rispetto alle quali ognuno va per conto proprio, senza comunicare.
Certo, se mangiar bene e vivere sani è un obiettivo ambito da tutti, sarebbe anche etico e corretto impegnarsi a rispettare il valore del cibo e a garantire come diritto fondamentale l’accesso agli alimenti per tutta la popolazione. Partendo dall’attenzione a non sprecare il cibo, semplicemente evitando di farlo avanzare.
Basterebbe, del resto, dare un’occhiata alle tavolate di feste, banchetti e ricevimenti per rendersi conto che almeno il 50% del cibo finisce per essere superfluo e spesso gettato via.
Ecco perché un coordinamento maggiore a livello istituzionale tra ristoranti ed esercizi di somministrazione di cibi e bevande e le associazioni di volontariato che assistono i bisognosi, sarebbe una conquista di civiltà della quale dovrebbero occuparsi Asl e amministrazioni civiche, in collaborazione con Caritas e mense dei poveri.
Alcuni già lo fanno, ma non tutti ancora. Per questo sarebbe auspicabile che associazioni di produttori e di categoria, specie nel settore agricolo, predispongano iniziative ad hoc, organizzando circuiti virtuosi di smistamento del cibo fresco in esubero.
Per ridurre lo spreco, tuttavia, oltre che sulla filiera agroalimentare, occorrerebbe agire anche sulla condotta domiciliare.
Se appare difficile, infatti, prevenire le perdite di cibo durante i processi di produzione e lavorazione, risulta sicuramente più semplice agire riducendo lo spreco domestico, educando e sensibilizzando la popolazione verso questi aspetti. In tal senso, almeno tre potrebbero essere le scelte più strategiche da mettere in atto: pianificare la spesa, conservare in maniera corretta il cibo e saper leggere le etichette semmai evitando di considerare già rifiuto quel che ancora può essere legittimamente consumato o da far consumare.
Certamente, l’obiettivo da raggiungere è complesso, soprattutto se pensiamo che la responsabilità dei singoli e delle istituzioni è in qualche modo attenuata dalla complessità dei fattori che contribuiscono a rendere quello dell’alimentazione un problema strutturale di portata globale attorno al quale si intrecciano interessi, speculazioni, cambiamenti climatici, oltre che sprechi vergognosi. Ma questo non impedisce che, nel confuso scenario, ciascuno possa comunque fare la sua parte. È solo una questione di volontà.