29 Mar Allergie e variante omicron: come distinguere i sintomi
Con l’avvento del periodo primaverile molte persone iniziano a soffrire di allergie stagionali e ad avere dei sintomi che possono essere confusi con quelli di un’infezione causata dalla variante omicron del SARS Cov-2.
Il numero 51 di Risposta ImmunITALIA, la rubrica settimanale in cui il prof. Minelli risponde alle domande dei pazienti, è dedicato alla spiegazione delle differenze tra i sintomi dovuti alle allergie e quelli causati dalla variante omicron, per poter operare una prima importante distinzione.
Che cosa si intende per allergie stagionali?
Quando parliamo di allergie stagionali ci riferiamo più frequentemente a patologie di tipo respiratorio, e cioè riniti, rinocongiuntivi, asma o equivalenti asmatici del tipo tosse subentrante, magari associata a respiro sibilante con possibile affanno o fame d’aria. Si tratta di patologie che hanno indubbiamente un forte impatto sulla popolazione considerando che, secondo fonti aggiornate e accreditate, in Italia circa la metà della popolazione soffrirebbe di allergie respiratorie, con un trend in aumento costante.
D’altro canto, specifiche proiezioni epidemiologiche avviate già nel 2006 e attestanti, all’epoca, un’incidenza di allergopatie respiratorie stimata al 30% della popolazione, ne prevedevano un potenziale incremento del 5% ogni 5 anni.
Dati, questi, che non possono e non devono essere sottostimati e che in tempi di CoViD, inevitabilmente, portano a dover operare un’indispensabile differenziazione tanto più se correlati all’azione patogena di omicron.
Perché capita di confondere i sintomi di un’allergia con quelli causati da omicron?
Omicron è dotata di un tropismo cellulare diverso da quello delle altre varianti già note, avendo sviluppato una specifica selettività verso tessuti diversi da quello polmonare e manifestando una straordinaria capacità di infettare le cellule della mucosa del naso. Da qui la sua potente contagiosità ma anche la sua attitudine a provocare disturbi prevalentemente a carico delle alte vie respiratorie, per molti versi sovrapponibili a quelli che, in questa stagione, si presentano puntualmente nei soggetti con storia clinica di pollinosi, anche nota come “febbre da fieno”.
Sicché, se esistono addirittura dei criteri diagnostici differenziali tra forme perenni e forme stagionali di rinite allergica, figurarsi quanto utile possa essere, anche sul piano pratico, la conoscenza di elementi discriminativi grazie ai quali convincersi, se non altro, dell’inutilità di sottoporsi a una sequenza ravvicinata di tamponi lunga quanto la serie di belle giornate che la primavera può offrirci.
Quali sono i disturbi più frequenti nelle diverse forme di rinite?
Nelle forme stagionali di rinite i sintomi predominanti sono costituiti da: crisi di violente e irrefrenabili starnutazioni, naso che cola con rinorrea acquosa e trasparente, prurito e congestione nasale; meno frequenti sono prurito al palato, gola e orecchi.
Nelle forme perenni questi sintomi sono più sfumati e prevale soprattutto l’ostruzione nasale, eventualmente complicata dalla sovrapposizione di sintomi come disturbi della fonazione, riduzione dell’olfatto, possibili complicazioni infettive locali con secrezione nasale più densa e viscosa.
Nelle riniti che perdurano da molto tempo sono anche presenti, e soprattutto nei bambini, una facies caratteristica, con tipico aspetto “adenoideo a bocca aperta”, dovuta alla cronica ostruzione nasale, e un atteggiamento peculiare detto “saluto nasale” per il frequente sfregamento del naso verso l’alto, con formazione di una “piega nasale” trasversale a livello del terzo inferiore del naso.
Elemento caratterizzante le forme allergiche di rinite, soprattutto di quelle a carattere stagionale, è il frequentissimo coinvolgimento congiuntivale con disturbi oculari che molto spesso sono quelli che più influiscono negativamente sulla qualità di vita dei soggetti pollinosici e che sono tipicamente rappresentati da arrossamento e prurito degli occhi, intensa lacrimazione, fotofobia, con possibile coinvolgimento anche dei bordi palpebrali.
E quali, invece, i sintomi che distinguono l’infezione da CoViD?
Per contro, l’infezione da SARS CoV-2 si presenta del tutto inaspettatamente rispetto ai ritmi codificati dai classici calendari pollinici da decenni sempre quelli, con un esordio abbastanza repentino caratterizzato da febbre eventualmente associata a brividi del tutto assenti negli allergici. Possono riscontrarsi anche altri disturbi a carico delle alte vie respiratorie come mal di gola, tosse e fiato corto, ma anche sintomi più generalizzati come mal di testa e sensazione generale di malessere con possibile dolenzia articolare e muscolare diffusa e migrante, del tutto inediti anche nelle fasi più acute delle crisi allergiche.
Ulteriori elementi distintivi sono la perdita del gusto e dell’olfatto, oramai storicamente caratterizzanti la CoViD-19 nel cui corteo sintomatologico mancano, invece, prurito al naso e agli occhi, arrossamento di questi ultimi e lacrimazione.
Si tratta di osservazioni immediate e tutto sommato semplici da rilevare, che possono fornire elementi utili a indirizzare verso una diagnosi di CoViD-19, facendo salvo, tuttavia, il concetto che la codifica di una diagnosi, che talvolta si muove su percorsi dai confini piuttosto sfumati, può non essere precisa e categorica.
Il ricorso alla diagnostica molecolare attraverso tampone per SARS CoV-2 rimane, pertanto, la procedura più corretta soprattutto per selezionare quei casi in cui possa essersi sovrapposta un’infezione da SARS CoV-2 in pazienti allergici, ipotesi in questi prossimi mesi tutt’altro che improbabile.