10 Mag Allergie ai pollini e allergie alimentari: perché sono legate?
Siamo nel pieno periodo delle allergie dette “stagionali”, per le quali il quadro sintomatologico più tradizionale comprende disturbi di tipo respiratorio come riniti, rino-congiuntivi, asma o “equivalenti asmatici” che si manifestano per lo più con tosse, magari associata a respiro sibilante, possibile dispnea o fame d’aria.
Tra le forme allergiche stagionali va certamente ricordata quella sostenuta dalle graminacee che, dati scientifici aggiornati al 2017, riportano come la maggiore causa di allergia respiratoria nel mondo, in ragione dell’elevato livello di omologia nella sequenza di aminoacidi che compongono la struttura allergenica dei pollini di tali piante erbacee.
In questo articolo approfondisco i meccanismi che danno origine alle manifestazioni allergiche, e spiego la relazione tra allergia ai pollini e allergie alimentari: le conoscenze che abbiamo oggi ci consentono diagnosi più precise e aiutano il paziente a orientarsi, oltre che nelle cure, anche nella scelta degli alimenti.
Per aiutare a fare chiarezza, alla fine dell’articolo riporto le domande più frequenti che mi vengono poste sull’argomento e le relative risposte che fornisco ai miei pazienti.
Com’è composto un allergene?
Un singolo allergene (polline, alimento, acaro, lattice), visto nella sua integrità, è un elemento composito formato da svariate componenti infinitesimali dette “molecolari”, classicamente riconosciute da anticorpi differenti che fanno parte di un pool di immunoglobuline “nemiche” appartenenti alla classe delle IgE.
In Allergologia, la diagnostica “tradizionale”, piuttosto datata e tutto sommato imprecisa, si basa sulla ricerca di IgE specifiche per l’allergene completo, integro, intatto.
Le ultime scoperte sui protocolli diagnostici per le allergie
Di recente sono state messe a punto moderni protocolli di diagnostica allergologica, definita “molecolare”, che ricercano la presenza di IgE specifiche per i singoli microcomponenti allergenici, elementi parcellari del macro-allergene, in grado di legare – ciascuno – il proprio anticorpo specifico.
Grazie a queste moderne applicazioni è possibile inquadrare meglio un’allergia e misurare la sensibilizzazione alle singole componenti di un allergene in modo da:
- Evitare il manifestarsi di una “cross reattività”, ovvero di una reattività “crociata”;
- Valutare in modo completo il rischio di allergia estesa a più componenti apparentemente diversi;
- Puntare ad una migliore gestione dell’allergico soprattutto nei casi in cui i pazienti manifestino reazioni anche severe assumendo alimenti allergizzanti mai prima ingeriti.
L’inizio della diagnostica allergologica può esser fatto risalire alla scoperta, nel 1967, dell’esistenza delle IgE specifiche nel siero di alcuni pazienti allergici, e alla successiva immissione in commercio di test basati sull’uso di estratti allergenici.
Le classi degli allergeni alimentari
Ma cosa sono gli allergeni? Gli allergeni sono quegli elementi capaci di sensibilizzare un soggetto predisposto e, dunque, capaci di generare un’allergia. Ogni allergene, proveniente da acari, pollini, epiteli, ecc., può presentare un elevato numero di determinanti antigenici o epitopi (multivalenza immunologica).
Molte proteine allergeniche, se sottoposte al calore o all’azione di enzimi proteolitici, come avviene durante la preparazione e la cottura dei cibi o durante la digestione, subiscono modificazioni con conseguente perdita o alterazione degli epitopi.
Alla luce di queste premesse, gli allergeni alimentari sono stati suddivisi in due grandi classi:
- Allergeni alimentari di classe 1: costituiti da proteine resistenti alla digestione e al calore, in grado di comportarsi da allergeni capaci di provocare reazioni generalizzate.
In questa classe troviamo, ad esempio, le maggiori proteine allergeniche del latte, dell’uovo, del pesce, dei crostacei e di alcuni vegetali; - Allergeni alimentari di classe 2: costituiti da proteine non resistenti al calore e alla digestione, generalmente incapaci di provocare sintomi sistemici.
Sono presenti in diversi vegetali, ma anche in alimenti di derivazione animale (proteine termolabili del latte, della carne, dell’uovo), e causano sintomi per lo più localizzati al cavo orale (Sindrome Allergica Orale) in quanto, in seguito alla degradazione a livello gastrico, perdono il loro potere antigenico.
Allergie e medicina personalizzata
Io credo, con assoluta convinzione, che quello allergologico sia stato l’ambito clinico nel quale la medicina personalizzata ha trovato storicamente la sua prima credibile applicazione. Pensiamo all’Immunoterapia Specifica, quella che per lungo tempo è stata impropriamente definita “vaccino anti-allergico”. Si partiva inizialmente dalla prova allergica (test allergologico tradizionale), semmai poi confermata da ulteriori analisi che andavano eventualmente a confermare gli esiti del test cutaneo effettuato.
Oggi la diagnostica si è ulteriormente perfezionata, perché si è arricchita di quella componente molecolare, che è proprio una pratica reale di medicina di precisione in quanto consente di andare a individuare non soltanto, per esempio, l’allergia tradizionale all’acaro della polvere o al polline, verso il quale si può essere allergici, ma anche, all’interno del polline, una serie di contenuti microscopici “molecolari”, ciascuno dei quali è di per sé in grado di rendere allergico (sensibilizzare) un determinato paziente.
La relazione tra allergie ai pollini e allergie alimentari
Si dà il caso che quegli antigeni microscopici (“molecolari”) contenuti nel polline, possano essere contenuti in moltissimi alimenti: esiste pertanto la già citata reattività “crociata”, per cui è indispensabile conoscere i risultati offerti proprio da una diagnostica di precisione, per arrivare a una terapia mirata esattamente conto quel micro-antigene pollinico verso il quale il soggetto allergico si è sensibilizzato. Ma, considerando che quel micro-antigene può anche essere contenuto oltre che nel polline anche in alimenti, questo approccio serve pure per arrivare a una dieta specifica.
Il fenomeno della cross-reattività ha chiarito, per esempio, come mai un soggetto allergico alla polpa della mela spesso risulti allergico al polline della betulla, pur senza avere mai avuto la possibilità di sensibilizzarsi alla betulla. In realtà il paziente potrebbe essere allergico alle proteine PR (Pathogenesis Related proteins) presenti, in alta omologia, tanto nella polpa della mela quanto nel polline della betulla.
In questo caso il paziente potrebbe essere allergico anche a tutti gli altri pollini e alimenti contenenti PR-proteins: proteine strutturalmente simili e correlate, termo e gastrolabili per cui gli alimenti che le contengono, se cotti o comunque sottoposti a processi di rielaborazione (marmellate, succhi di frutta ecc.), sono generalmente ben tollerati.
Queste proteine più frequentemente sono responsabili della Sindrome Allergica Orale (SAO), e sono presenti in numerosi frutti (per lo più polpa) e vegetali.
Le ritroviamo in particolare in molti alimenti appartenenti alle famiglie delle:
- Rosacee (mela, pera, pesca, albicocca, ciliegia, prugna, susina, mandorla, nespola);
- Apiacee (sedano, carota, finocchio, prezzemolo, anice);
- Fabacee (fagiolo, pisello, fava, lupino, arachide, soia, lenticchia);
- Poacee (grano, mais, orzo, avena, segale).
Le reazioni allergiche crociate tra polveri, pollini e alimenti
Molti pollini contengono antigeni che sono presenti anche in alcuni alimenti vegetali. I soggetti allergici a quei pollini possono avere reazioni allergiche quando questi alimenti vengono ingeriti soprattutto durante la stagione della pollinazione. Queste reazioni allergiche per gli alimenti hanno per lo più carattere stagionale e si manifestano con comparsa di prurito, edema alle labbra ed al cavo orale immediatamente dopo l’ingestione degli alimenti vegetali.
I principi di base dell’Allergologia Pediatrica sanciscono che i bambini e i ragazzi allergici devono stare attenti non solo agli allergeni a cui sono sensibili, ma anche ad alcuni alimenti che possono contenere gli stessi antigeni dei pollini a cui il singolo bambino reagisce.
È quindi molto importante conoscere il proprio quadro allergologico, anche e soprattutto a partire dalla più giovane età.
Nell’elenco che segue sono riportati gli alimenti a cui bisogna prestare attenzione in caso di allergie alle sostanze indicate:
- Graminacee: attenzione a frumento, pomodoro, kiwi, agrumi, melone, anguria, pesca, ciliegia, albicocca, prugna, mandorla;
- Parietaria: attenzione a basilico, ortica, melone, ciliegia, gelso, camomilla, pistacchio e piselli;
- Artemisia, ambrosia e ad altre composite: attenzione a cicoria, tarassaco, camomilla, banana, castagna, sedano, prezzemolo, carota, finocchio, pepe verde, olio di girasole, margarina, miele;
- Betullacee e corylacee (betulla, nocciolo, carpinello, ontano): attenzione a mela, pera, nespola, pesca, ciliegia, albicocca, prugna, mandorla, lampone, fragola, frutta secca, kiwi, sedano, prezzemolo, carota, finocchio;
- Acari: attenzione a molluschi, gamberi, lumache;
- Lattice: attenzione a pesca, albicocca, mandorla, pera, mela, arancia, castagna, fico, melone, pomodoro, uva, patata, mango, papaya, ananas, avocado, kiwi, banana, passiflora.
DOMANDE E RISPOSTE
Perché un soggetto allergico alla polvere di casa è bene che escluda i crostacei dalla propria dieta?
In linea di massima i soggetti allergici alla cosiddetta “polvere di casa” possono manifestare dei disturbi in seguito all’ingestione di crostacei. Il principale responsabile di queste risposte è la tropomiosina, proteina filamentosa e allungata, stabile al calore e alla digestione, implicata nella contrazione muscolare in vertebrati ed invertebrati.
Essendo presente sia in artropodi che in molluschi, il sistema immunitario scatena una reazione allergica quando entra in contatto con essa, sia per inalazione come nel caso degli acari della polvere, sia per ingestione come nel caso di gamberetti o anche lumache. Per questa ragione il soggetto allergico alla polvere dovrebbe escludere dalla sua dieta questi alimenti.
Perché chi è allergico alle graminacee deve stare attento al grano o al pomodoro o al kiwi? Quali sono le strategie per controllare questo tipo di allergia?
I sintomi allergici possono manifestarsi a seguito della sensibilizzazione verso allergeni identici, presenti tanto nei pollini quanto negli alimenti. Tale fenomeno conosciuto come “reattività crociata” o “cross-reattività”, nei soggetti allergici alle graminacee si verifica perché delle sequenze di aminoacidi che compongono la molecola dell’antigene allergizzante si ripetono tal quali nel polline e in alimenti come il grano, il pomodoro, il kiwi.
Ciò innesca una risposta immunitaria con quadri sintomatologici di diversa entità a seconda del grado di sensibilizzazione di ciascun individuo. Chi è allergico alle graminacee dovrebbe stare attento non solo al grano, pomodoro e kiwi, ma anche al sedano e altri cereali inclusi nella famiglia delle graminacee come orzo, avena, mais. Dovrebbe anche escludere dalla sua dieta, tanto più nel periodo di fioritura delle erbe allergizzanti, alimenti capaci di liberare istamina come ad esempio le fragole o la frutta secca. La strategia giusta sarebbe perciò quella di organizzare dei piani dietetici che includano alimenti estranei alla famiglia delle graminacee con contestuale significativa riduzione dell’apporto di alimenti contenenti glutine.
Quali alimenti dovrebbe evitare chi è allergico al lattice?
Il lattice della gomma è composto da una miscela di sostanze, tra le quali son da annoverare molecole proteiche in grado di provocare reazioni allergiche. Ad oggi sono state individuate 13 di tali molecole, potenziali allergeni del lattice, denominate con la sigla “Hev”. In alcuni casi, in presenza di allergia al lattice può non essere sufficiente prendere le distanze dalla sostanza primaria, in quanto può capitare di avere problemi anche con sostanze che rispetto al lattice risultano essere di natura totalmente diversa.
In effetti, alcuni pazienti allergici al lattice possono manifestare delle reazioni dopo avere ingerito alimenti, specialmente di origine vegetale, che contengono proteine (Hev b5 e Hev b6) dotate di omologia strutturale – e dunque di potere allergenico – proprio con le proteine del lattice. A contenere simili proteine sono alimenti tropicali quali avocado, papaya, ananas, kiwi, mango, ma anche altri vegetali nostrani come la castagna, la mela, il melone, l’albicocca, la pera, la pesca, il pomodoro.
È importante escludere tali alimenti dalla dieta soprattutto dopo che la loro ingestione possa aver provocato sintomi allergici (prurito, eruzioni orticariche, edema, ecc.). Inoltre il lattice, oltre a presentare cross-reattività con alimenti del mondo vegetale, può crociare con alcuni pollini come, ad esempio, le graminacee.
Si può fare prevenzione di questo tipo di allergie?
La prevenzione deve iniziare in età pediatrica, in quanto sicuramente esiste una predisposizione genetica alle allergie, ma non solo. Bisogna considerare che gli allergeni entrano nel nostro organismo anche attraverso la mucosa respiratoria, ma soprattutto attraverso la mucosa intestinale la quale nei primi mesi di vita è molto permeabile favorendo il passaggio di grandi molecole.
Per fare in modo che le pareti della barriera intestinale si sviluppino in modo adeguato e non permettano il passaggio di molecole come gli allergeni, bisogna prestare attenzione agli alimenti che costituiscono la dieta del bambino. A tal proposito numerosi studi hanno confermato la necessità di inserire alimenti come l’uovo e il grano dopo il sesto mese di vita quando la barriera intestinale si è già sviluppata.
Importante è anche curare il nostro microbiota intestinale, in quanto i batteri presenti nell’intestino dei bambini nelle prime settimane di vita extrauterina, se non adeguatamente calibrati, potrebbero influenzare lo sviluppo del sistema immunitario e predisporre ad un maggior rischio di sviluppare allergie ed altre disfunzioni.