23 Mag Alla scoperta del microbiota per un’alimentazione sana
Intervista a Mauro Minelli su ‘Il Nuovo Quotidiano di Puglia’
L’intervista all’Immunologo Mauro Minelli pubblicata domenica 21 maggio 2023 da ‘Il Nuovo Quotidiano di Puglia’, è la rappresentazione a tutto tondo dell’intricato sistema del microbiota e del suo straordinario impatto salutistico, la cui corretta modulazione viene scandita da precise modalità e da corrette abitudini a partire da quelle alimentari. Nell’intervista Minelli ripropone in sintesi i tratti salienti del libro ‘Il Segreto della salute‘ di cui è stato curatore e che, grazie al contributo prestigioso di ricercatori e massimi studiosi dell’argomento ‘microbiota intestinale’, risulta un valido strumento per promuovere quello che, a tutti gli effetti, sta diventando un tema centrale nelle moderne dinamiche sanitarie. La prevenzione, secondo il prof. Minelli, parte dalla consapevolezza.
Cosa è il microbiota intestinale?
Quello del microbiota è un universo composito e complesso, costituito da batteri, funghi, virus e protozoi che vivono nel tratto gastrointestinale. E, in questo universo, i batteri sono la componente maggiormente espressa.
Si stima che nel nostro intestino vivano e agiscano un numero di microrganismi pari a 1014 (circa 100 mila miliardi di cellule viventi), quindi almeno 10 volte il numero delle cellule di cui è composto il nostro organismo, per un peso complessivo di circa un chilo e mezzo. Ecco perché è inimmaginabile che questa presenza non produca effetti su di noi in termini di salute o di malattia. Insomma, un organo nell’organo con il quale fare i conti e con il quale la medicina moderna ha il dovere di confrontarsi.
Perché è così importante ed urgente il confronto con il mondo microscopico del microbiota?
Perché quel mondo è parte integrante, e anzi essenziale, della nostra vita e del nostro benessere. Basti pensare al fatto, oramai ben documentato, che i microrganismi che lo compongono consentono di attivare un numero assai elevato di reazioni metaboliche che non sono codificate nel genoma umano, pur essendo necessarie per la nostra salute. Come dire che il genoma dell’uomo ha bisogno di amalgamarsi con quello dei batteri che egli ospita (il cosiddetto “microbioma”) per garantire il corretto svolgimento di una serie di funzioni che si sviluppano in ambiti molteplici e diversificati: dall’equilibrio energetico, al metabolismo, alla modulazione del sistema immunitario, allo sviluppo neurologico. Le varie analisi finora messe a punto per valutare la composizione del microbiota hanno chiaramente evidenziato che non esiste, tanto negli animali quanto nell’uomo, un modello rappresentativo unico, ma che il microbiota è specifico per ogni singolo individuo, potendo dipendere da variabili soggettive che includono le modalità del parto, l’ospedalizzazione e le modalità di alimentazione nei primi mesi di vita, la razza, l’età, le abitudini alimentari, il complessivo stato di salute, il background genetico, l’esposizione precoce a vari microbi, l’esposizione ad antibiotici o probiotici. Importanti sono anche le variabili ambientali legate ai luoghi in cui l’individuo vive o alla frequenza dei suoi eventuali spostamenti logistici.
È vero che il microbiota può mutare?
Assolutamente sì, e noi con lui, visto che ciò che mangiamo può favorire o compromettere il complesso ecosistema di cui, in qualche modo, siamo parte. E qui il sottotitolo del libro ci viene incontro, proprio perché obiettivo di questa pubblicazione è quello di facilitare l’individuazione ed il mantenimento di un microbiota sano attraverso una corretta alimentazione, ma anche viceversa. Voglio dire che, se la dieta è certamente uno dei fattori più direttamente coinvolti, per esempio, nella genesi e nella progressione del sovrappeso e dell’obesità, non si possono non considerare con analoghi livelli di interesse le evidenze scientifiche, sempre più numerose e qualificate, che correlano l’azione della dieta al microbiota intestinale. Ma la composizione e l’attività metabolica del microbiota intestinale risultano fortemente influenzate dalle abitudini a tavola dei diversi soggetti, modellandosi plasticamente in base agli eventuali cambiamenti dei profili alimentari già pochissimi giorni dopo l’eventuale inizio di un nuovo intervento dietetico.
Questo vuol dire che, grazie al microbiota, potremmo districarci un po’ meglio anche nel complicato ginepraio delle cosiddette “intolleranze alimentari”?
Un capitolo del libro è dedicato proprio all’inquadramento scientifico delle reazioni avverse al cibo, quelle reazioni che sbrigativamente e con approccio assai poco scientifico vengono spesso collocate nel grande calderone delle “intolleranze alimentari”, ma che in molti casi altro non sono se non effetti patologici della trasformazione del nostro microbiota.
Una dieta ad elevato contenuto di carboidrati fermentabili, per esempio, aumenta i disturbi prodotti da un’eventuale “disbiosi fermentativa”, cioè da uno squilibrio quali-quantitativo dei microrganismi costituenti la microflora. Ciò vuol dire, in altri termini, che i carboidrati fermentabili, raggruppati nel novero dei cosiddetti FODMaP (Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides and Polyols) e contenuti soprattutto (ma non esclusivamente) nella farina di frumento, in diversi tipi di frutta fresca e verdura, nella frutta in guscio, nel latte e derivati, nei legumi, non sono affatto da considerare alimenti responsabili di eventuali intolleranze e/o allergie da loro direttamente indotte, quanto piuttosto agenti capaci di provocare disturbi di vario genere, per quanto prevalentemente intestinali, per il tramite di microrganismi fermentativi dei quali essi stessi costituiscono nutrimento idoneo ad attivarne le nocive potenzialità metaboliche.
Da questo punto di vista la letteratura scientifica ha fornito informazioni preziose ed inequivocabili su un vasto repertorio di malattie che potrebbero essere curate e guarite proprio attraverso una adeguata correzione del microbiota intestinale.
Il microbiota è implicato anche nella comparsa di malattie tumorali?
È questa una linea di frontiera della medicina di precisione che negli ultimi anni è divenuta terreno di discussione e ricerca della Fondazione per la Medicina Personalizzata della quale da anni coordino le attività scientifiche nel meridione d’Italia. Non ci sono, oramai, dubbi sulle interazioni anche piuttosto strette tra microbiota intestinale e tumori, argomento che, nel libro, è stato approfondito in più capitoli dedicati. In particolare, è stato provato che un’alterata composizione della microflora intestinale può influenzare in maniera decisiva la risposta immunitaria al tumore, così come può incidere significativamente sulla risposta dell’organismo alle cure farmacologiche, costringendo il terapeuta a virare verso rotte di personalizzazione degli interventi chemioterapici, ben oltre i classici protocolli standard.
Qual è l’ambizione del suo libro?
Non so se possiamo parlare di ambizione, io parlerei di una speranza collettiva che possa stimolare una riflessione anche sul piano politico nazionale, affinché il tema del microbiota possa trovare il posto giusto nei protocolli della clinica ordinaria e che, magari, possa animare responsabilmente l’azione del decisore istituzionale al fine di oltrepassare il recinto ormai più che vacillante delle tradizionali linee guida.
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