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A Misura di paziente. La nuova frontiera della farmacogenomica, il caso di Anna

A Misura di paziente. La nuova frontiera della farmacogenomica, il caso di Anna

A Misura di paziente. La nuova frontiera della farmacogenomica, il caso di Anna

Un test genetico può predire il modo in cui funzionano i farmaci nel corpo di ognuno di noi e, allo stesso tempo, se possano causare o meno pesanti controindicazioni.

Dopo tante variazioni sul tema “salute”, legate soprattutto alla pandemia ed all’insorgere di malattie infettive, l’informazione riprende a concentrarsi su tematiche legate alla ricerca e al futuro prossimo della medicina clinica. In questo senso, ritorna di grande interesse il fronte della farmacogenomica che, entro tre anni, sarà realtà nella pratica clinica nel Regno Unito.

Stando a quanto riporta un documento congiunto della British Pharmacological Society e del Royal College of Physicians, i test genetici per scegliere i farmaci più adatti a ciascun paziente devono essere integrati al più presto tra le prestazioni della Sanità britannica.

Secondo gli esperti, almeno 40 farmaci di impiego molto diffuso potrebbero vedere una prescrizione soggetta a test precedenti il loro uso.

Tutto parte dal presupposto che ciascuno di noi risponde in modo diverso allo stesso farmaco, a seconda del proprio DNA. Uno stesso medicinale può funzionare bene per un certo paziente, essere inutile o addirittura controproducente per un altro.

Tra i test già in uso, quelli per l’impiego dell’anti-HIV Abacavir e di un antitumorale per la chemioterapia.

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Valutare la risposta di un paziente ad un certo farmaco, sulla base di un test genetico di routine, può fare davvero la differenza. Per questo motivo condividiamo l’esperienza di Anna che, già nel 2009, attraverso analisi dedicate, ha potuto avere indicazioni preziose sui farmaci adatti a lei e migliorare notevolmente la qualità della sua vita.

A Misura di paziente. La nuova frontiera della farmacogenomica, il caso di Anna

Ci può dire il suo nome?

Mi chiamo Anna Provenzano

Per quale motivo è venuta in visita? Che disturbi aveva?

Avevo inizialmente una rinite perenne e, dalle prove allergiche già fatte in precedenza, non risultava nessuna allergia.

Per quanto tempo ha sofferto di questi disturbi prima di rivolgersi ad uno specialista di immunologia?

Avevo questa rinite da molti mesi.

Qual è stata la diagnosi? Effettivamente di cosa soffre?

Arrivata dal Dr. Minelli, individuò inizialmente un’allergia ad alcuni inalanti. Ma, dopo diversi mesi in terapia anche col “vaccino antiallergico”, la rinite non si risolveva completamente e per caso il dottore, durante uno dei nostri incontri settimanali, si accorse di una macchia sul polso tipo bruciatura di sigaretta. Mi chiese se ne avessi avute altre e, alla mia riposta affermativa (sulla schiena, in corrispondenza del gancio del reggiseno), mi chiese anche se avessi sofferto di colite. Da anni il mio problema principale era la colite, secondo il mio medico curante, colite ansiosa che si accentuava con gli esami universitari, scatenando emorroidi e coliche. Ricordo che il dottore mi chiese come stavo quando mangiavo le noccioline e mi fece subito pensare alle domeniche pomeriggio passate in bagno.

Da lì a breve, con un patch-test, mi fu diagnosticata anche un’allergia al nichel.

Eliminati dalla dieta gli alimenti che contenevano nichel, passarono oltre alla rinite anche i disturbi intestinali che da anni mi assillavano e che mai avrei pensato mi avrebbe risolto un allergologo. Anche se poi la mia vita divenne una vita di privazioni alimentari (il nichel è contenuto in tantissimi alimenti) e non potevo permettermi eccezioni altrimenti stavo di nuovo male.

Come ha conosciuto il Dr. Minelli?

L’ho conosciuto nel 2001/2002, me ne aveva parlato un signore sul pullman tornando dall’università, che mi vedeva sempre con i fazzoletti in mano, dilaniata da questa rinite. Ricordo ancora le parole di quel signore, che ringrazierò a vita, che mi disse “vai dal Dr. Minelli, a mia nipote ha scoperto un problema che non era allergia e che la stava facendo impazzire, lui è anche immunologo, mi disse, vai da lui e vedrai che scopre la causa!”.

Da quanto tempo è in cura presso il Dr. Minelli?

Sono vent’anni che sono una sua paziente. Ci eravamo salutati nel 2005 quando, dopo essere rimasta incinta della mia prima figlia, mi disse: “Anna adesso non hai bisogno di me; in questo periodo non posso lasciarti le restrizioni che la dieta da nichel comporta, e poi in gravidanza è possibile che le tue allergie si attenuino o comunque modifichino il loro corso… intanto buona fortuna!”.
In effetti passarono 3 anni e fino agli 8 mesi della seconda bambina addirittura erano spariti anche i disturbi che avevo prima, pur avendo reintrodotto nella mia dieta un po’ tutto.

A fine 2008, purtroppo, i sintomi intestinali non solo erano ricomparsi ma si manifestavo peggio di prima. Dopo una caduta accidentale in piscina, alla quale seguì un periodo di blocco fisico, nonostante la riabilitazione (fisioterapista/osteopata) avevo dolori articolari dappertutto, così forti che in alcuni giorni non mi facevano neppure muovere, non riuscivo neppure a sfilare una maglietta alle mie figlie (mi seguiva l’ortopedico).

Al compimento dei due anni della piccola mi fu diagnosticata una proteinuria (per la quale mi seguiva il nefrologo). Avevo cistite ed emorragie fortissime e conseguente anemia e il ginecologo, avendo io il problema della trombofilia genetica (per il quale ero in cura anche da un ematologo), proponeva l’asportazione dell’utero come unico metodo per risolvere il problema anemia, intanto la reumatologa mi aveva diagnosticato la fibromialgia e per una tenosinovite grave voleva farmi iniziare il cortisone.

Nel 2012 decisi allora di ritornare dal Dr. Minelli presso il Centro IMID di Campi Salentina. Lì mi fu esclusa l’assunzione del cortisone, ed in seguito a nuove valutazioni cliniche mi fu reimpostato un percorso che ricalcava quanto in precedenza era stato fatto e poi sospeso per il sopraggiungere delle gravidanze.

Io in quei giorni ho scommesso con il Dr. Minelli e in parte ho vinto. Recuperando terapie e misure preventive mirate che in precedenza avevano funzionato, i dolori articolari e muscolari si sono decisamente attenuati e quelli intestinali, che pure si erano potentemente riaffacciati, sparirono.

Avrei dovuto ricoverarmi presso quel Centro a Campi Salentina che era stato affidato al Dr. Minelli, ma non fu possibile e io rimasi senza una guida che stava contribuendo a farmi rivivere la mia primavera. Nel frattempo avevo anche manifestato, e stavo gestendo, la mia intolleranza al lattosio e una sensibilità al glutine (non celiachia).

Nel giro di pochi mesi, senza più una guida, la situazione degenerò, cominciai a soffrire di una tosse che durò per mesi e della quale non capivano la causa. “Sospetta pleurite fibrinosa”, disse lo pneumologo e mi imbottì di farmaci, fino a quando una tac svelò che non era pleurite.

Sospesero la terapia ed io ripresi a respirare, intanto il problema anemia peggiorava.
Ritornai da Minelli. Ero debilitata, con indici di infiammazione alti ed anemica, ma a seguito di una strana reazione avversa che avevo subito dopo aver assunto un farmaco, il dottore comprese che c’era qualcosa che andava oltre la semplice allergia e provvide a farmi fare presso un laboratorio ospedaliero romano un pacchetto di esami di farmacogenetica per capire come il mio fisico fosse capace di metabolizzare ogni singolo farmaco che io assumevo.
Intanto la proteinuria era risalita a valori altissimi e il nefrologo decise di sottopormi a biopsia renale, ma a quattro giorni da quest’ultima, nel mentre assumevo delle medicine, a 36 anni, mi partì una grave trombosi venosa profonda quando ancora non era pervenuto il referto dell’esame di farmacogenetica che avrebbe poi accertato un cattivo metabolismo dei farmaci. Se l’avessi saputo prima forse mi sarei magari risparmiata anche la trombosi!

La sua vita quotidiana è migliorata una volta iniziate le terapie?

Quel che posso trarre dalla mia esperienza è che, nelle malattie complesse, non si possono risolvere i problemi a tentativi, anche perché nel mio caso i farmaci (spesso cambiando diversi tipi di antibiotici, antidolorifici o altro) accentuavano il problema piuttosto che risolverlo.

La stessa tachipirina mi faceva stare peggio piuttosto che darmi sollievo (ed infatti è tra i farmaci che l’esame da me eseguito mi dice di evitare). Una volta ricordo che la febbre a 40 non scendeva da giorni e mettendomi in contatto con un Centro che a Roma si occupa di Medicina Personalizzata mi indicarono il cortisone che potevo fare per far scendere quel febbrone. La febbre subito si abbassò (da piccola spesso cambiavano terapia continuamente sperando di trovare quella giusta).

Da quando ho “il mio referto” conosco i miei farmaci nemici e soprattutto possono individuare quelli benefici senza andare a tentativi a spese mie.

Come si sente adesso?

Nonostante stiamo ancora indagando per alcune situazioni cliniche ambigue, sono ormai consapevole che quando seguo alla lettera le indicazioni che più volte mi sono state impartite dal Dr. Minelli la mia qualità di vita migliora decisamente, non appena mi distraggo, per lavoro o pigrizia da quei suggerimenti, la situazione rischia di precipitare.

Che consiglio darebbe a chi soffre dei suoi stessi disturbi?

Quando sento persone che parlano dei miei stessi sintomi o di situazioni dalle quali non vengono a capo, rischiando anche di essere considerate esaurite o pazze, non esito a fornire le stesse indicazioni che originariamente furono fornite a me, perché per quanto diverse possano essere le situazioni, occorre sempre che ci sia qualcuno capace di vedere il paziente come un insieme globale, non a compartimenti stagni, come purtroppo molto spesso ancora si fa nella gestione dei malati complessi.

Il problema lo si cura individuando la causa e non solo dando farmaci per curare l’effetto, spesso inutili, e quando i farmaci sono necessari, ognuno di noi dovrebbe sapere quali è bene fare e quali è meglio evitare, ciò permetterebbe ad ognuno di noi inutili intossicazioni che spesso possono portare a problemi irreversibili.

Il problema oggi è che non abbiamo più un Centro IMID dove chiunque, grazie al SSN, potrebbe andare a farsi seguire, e anche se io so che quello che spendo per la mia salute è un investimento per la mia vita, quando ad avere i miei sintomi sono parenti o amici che versano in condizioni economiche ristrette so che purtroppo non potranno permettersi cure preziose e personalizzate che presso quel centro, affidato alle cure del Dr. Minelli e degli operatori che con lui lavoravano, venivano sempre erogate.

E sarebbe anche l’ora, potendolo fare, di avviare pratiche di risparmio sulla spesa pubblica, eliminando sprechi evitabili come, ad esempio, quelli per farmaci inutili che ci vengono somministrati per tentativi, basterebbe uno studio personalizzato per ognuno di noi, per prescrivere le terapie giuste anche in caso di farmaci salvavita o magari in caso di terapie antitumorali.

Vuole lasciare un messaggio diretto al Dr. Minelli e al suo staff?

Al Dr. Minelli e alle sue dottoresse rivolgo quotidianamente i miei apprezzamenti.
Lui mi dato la possibilità di recuperare una dimensione più accettabile della mia vita, devo ringraziarlo per la tanta pazienza che ha nei miei confronti e che spesso in questi vent’anni ho messo a dura prova. Ma spero che lui sappia che la sua pazienza è ripagata da tutta la stima che costantemente esprimo con tutti i miei famigliari e conoscenti. A lui e a tutto il suo staff chiedo di lottare affinché la medicina personalizzata possa diventare un bene alla portata di tutti!



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