La storia racconta di una leggendaria bevanda acida e schiumosa, originaria delle regioni del Caucaso, derivata dalla fermentazione di latte addizionato a pezzi di stinco d’agnello o di montone. Tenuto lungamente e gelosamente nascosto per paura che, rivelato ad altri, questo strano prodotto potesse perdere le sue straordinarie proprietà salutistiche, fu Marco Polo a menzionare ufficialmente il kefir nelle cronache dei suoi viaggi in Oriente. In realtà il termine “kefir” sembra sia di origine turca e letteralmente significa “sentirsi bene”.
È del kefir, in quanto ‘super food’ carico di probiotici in grado di influire positivamente sulla complessa comunità batterica dell’uomo, che tratta la nuova puntata di “Fermenti, il segreto della vita”, il viaggio a puntate condotto dall’immunologo Mauro Minelli nel mondo affascinante del microbiota intestinale.
Per quanto non siano ancora stati del tutto chiariti i meccanismi attraverso i quali i granuli di kefir si moltiplichino, molteplici ed affascinanti sono le conoscenze acquisite su questa che rimane una delle colture lattiche più antiche fra quelle consumate ai giorni nostri.
- Di certo si sa che il kefir è un cibo fermentato in grado di intervenire, grazie ai batteri probiotici in esso contenuti, sui diversi meccanismi implicati nell’immunità, nel metabolismo, nei processi digestivi dell’uomo. Si prepara mettendo i granuli (o ‘grani’) in un liquido, che può essere latte o acqua, nel quale i microorganismi che compongono i granuli attivano un processo di fermentazione degli zuccheri presenti in soluzione. Dalla composizione microbiologica del granulo dipende quella della bevanda indicata come kefir.
- Nella preparazione del kefir tradizionale viene usato, come matrice per la fermentazione, il latte vaccino o di altre specie animali (latte di capra o di pecora). I granuli, invece, sono tramandati di generazione in generazione o passati da una famiglia ad un’altra, proprio com’era in uso presso i nostri antenati con il lievito per la panificazione. Più recentemente è stato anche creato il kefir di latte d’asina che esalta le caratteristiche nutrizionali e nutraceutiche di questa importante matrice, così permettendo l’assunzione del kefir anche ai soggetti allergici alle proteine del latte vaccino.
- Oltre al latte, una fonte di zuccheri alternativa può essere rappresentata da bevande vegetali derivanti da soia o da cocco o banalmente da una soluzione di acqua e zucchero ottenuto – quest’ultimo – anche dalla frutta fresca. Tali soluzioni consentono il consumo del kefir anche da parte dei vegani, degli intolleranti o degli allergici alle diverse componenti del latte. Naturalmente, l’utilizzo di fonti ricche di soli zuccheri semplici, come fruttosio e glucosio, fa cambiare in parte l’aspetto del substrato attivo, rendendolo trasparente e dalla consistenza densa e vischiosa. Questa bevanda prende il nome di “kefir d’acqua”. Rispetto al kefir di latte, dotato di una elevata carica di batteri lattici, il kefir d’acqua vanta un’importante quantità di batteri del genere Lactococcus ed inoltre, essendo quello acquoso un substrato ad alto contenuto di saccarosio, nel kefir d’acqua è maggiormente stimolata la crescita di lieviti del genere Saccharomyces.
- Pur non essendo ancora del tutto chiare le dinamiche attraverso le quali i granuli di kefir si formano e crescono, quel che si sa è che sono strutture paragonabili a colture starter composte da batteri lattici, batteri acetici e lieviti che rendono l’alimento derivato dalla loro fermentazione ricco in vitamine B9, B1 e B12 (rispettivamente acido folico, tiamina e cobalamina) e in vitamina K. Si tratta di nutrienti essenziali che aiutano l’organismo a meglio assimilare altre vitamine del gruppo B come, ad esempio, la B5 (acido pantotenico).
- Analizzando i risultati di diverse ricerche scientifiche, è stato possibile creare una sintesi d’insieme dei generi e delle specie batteriche presenti nei granuli di kefir. Si tratta, per lo più, di ‘batteri lattici’ tra i quali lactobacillus casei, acidophilus, caucasicum. Ci sono, poi, ‘acetobatteri’ come acetobacter aceti e rancens, lieviti come il saccharomyces cerevisiae, il delbrueckii, il lactis e poi ancora Candida tenuis e pseusotropicalis e altri gruppi di minoranza come bacilli ed enterococchi.
- Diverse sono le pubblicazioni scientifiche che hanno dimostrato come il kefir aiuti la digestione del lattosio, in quanto ricco dell’enzima di scissione beta-galattosidasi e come, nel caso in cui la fermentazione dei granuli dovesse effettuarsi nel latte, il 30 % del lattosio presente venga idrolizzato.
- In un lavoro scientifico pubblicato nel 2011 è stato dimostrato il potere terapeutico del kefir in pazienti con dispepsia e infezione da H. pylori trattata con antibiotico. Nello studio, dopo aver confrontato l’assunzione di 500 ml al giorno di kefir di latte rispetto a 250 ml al giorno di solo latte, è stato rilevato un tasso di eradicazione dell’Helicobacter pylori significativamente più alto nel gruppo kefir (78%) rispetto al gruppo di controllo (50%) e una riduzione anche dei sintomi quali, diarrea, dolore addominale e nausea nel primo gruppo.
- Importanti sono gli effetti antidiarroici del kefir grazie alla presenza di batteri lattici. Questi ultimi, tra i loro metaboliti, producono acido lattico con struttura chimica levogira positiva L(+). La precisazione è importante e sottolinea una peculiare differenza del kefir rispetto allo yogurt nel quale, del prodotto metabolico “acido lattico”, si accumulano in parti uguali la forma con struttura chimica levogira positiva L(+) e quella destrogira negativa D(-). Quest’ultima, se assunta in quantità non idonee, può causare turbe dell’alvo e problematiche digestive.
- Altro elemento da evidenziare è che, grazie alla scissione delle proteine operata da acetobatteri contenuti nel kefir, si liberano amminoacidi importanti come la treonina, la prolina, la lisina che, insieme ad altri composti bioattivi di tipo polisaccaridico, sembrano avere un’importante funzione inibitoria sulla proliferazione cellulare e funzione induttiva sulla “apoptosi” cioè sulla “morte programmata” delle cellule tumorali. I risvolti più promettenti di queste premesse sembrano riguardare il cancro del colon-retto, il cancro al seno e quello del polmone.
- Del tutto sconsigliata è l’assunzione di kefir in presenza di disbiosi fermentativa, ovvero quando è necessario seguire una dieta a basso contenuto di FODMAP. In questi casi si potrebbe assistere ad un peggioramento del quadro sintomatologico. Quindi, se si hanno disturbi come gonfiore e tensione dell’addomine, magari con coliche o con stipsi tendenziale, non consumare il kefir come se fosse la panacea di tutti i mali, in quanto potrebbe peggiorare le probabili già esistenti alterazioni qualitative e quantitative dell’ecosistema intestinale.
Fermenti, il segreto della vita – una rubrica di:
Mauro Minelli – docente di “Scienze tecniche dietetiche applicate” presso Università LUM “Giuseppe Degennaro” e coordinatore responsabile della sezione “Italia Meridionale” della Fondazione Italiana Medicina Personalizzata (FMP).