21 Set Sindrome dell’intestino gocciolante: quali sono i sintomi e la cura?
Il 26° numero di Risposta ImmunITALIA, la rubrica settimanale in cui il prof. Minelli risponde alle domande dei pazienti, è dedicato alla sindrome dell’intestino permeabile, di cui approfondiremo cause, sintomi e prospettive terapeutiche.
La “sindrome dell’intestino gocciolante” sembra essere alla base di diverse patologie, allergie ed ipersensibilità. Quali sono i meccanismi che generano questa disfunzione della quale spesso non si considera la rilevanza sul piano clinico?
La Leaky Gut Syndrome (o ‘sindrome dell’intestino gocciolante’) riconosce la propria origine in un cedimento strutturale della barriera intestinale, ossia dell’interfaccia più efficiente, selettiva ed estesa tra l’organismo e l’ambiente esterno, che da un lato regola le dinamiche di transito e dunque garantisce il fisiologico assorbimento di acqua, elettroliti e nutrienti, e dall’altro gioca un ruolo determinante nei delicati meccanismi di difesa dell’organismo.
Stress ambientali, malattie infiammatorie da alimenti, consumo eccessivo di zuccheri e farine raffinate, alimenti processati, conservanti, scarsi apporti di frutta e verdura, uso continuo di farmaci diversi tra i quali soprattutto antidolorifici o gastroprotettori e/o antiacidi, irritano la mucosa intestinale, riducono la produzione dello strato di muco protettivo che riveste le cellule intestinali e indeboliscono l’adesione delle cellule costituenti la barriera intestinale, tra loro collegate per il tramite delle cosiddette ‘giunzioni serrate’ (o tight junctions). Ciò permette il passaggio indiscriminato di frammenti non digeriti di proteine o di prodotti derivanti dal metabolismo dei batteri intestinali o di tossine e/o altri allergeni, direttamente dall’intestino nel circolo sanguigno.
Cosa succede al nostro sistema immunitario quando la barriera intestinale cede diventando permeabile e, dunque, facilmente attraversabile da una quantità indiscriminata di sostanze diverse?
Succede che quelle sostanze vengono riconosciute come estranee dalle cellule del sistema immunitario, soprattutto linfociti B e T, che cercano di avversarle in quanto sostanze ‘non autorizzate a tale transito’ e, dunque, potenzialmente pericolose. Si avvia, così, la produzione di citochine infiammatorie e/o anticorpi ‘anomali’, con conseguente induzione di processi autoimmuni che possono avere come bersaglio non solo le cellule della stessa barriera intestinale, ma anche cellule appartenenti ad altri organi o distretti corporei.
L’infiammazione sistemica e il conseguente stress continuativo del sistema immunitario sono l’anticamera per lo sviluppo di malattie cronico-degenerative, invecchiamento cellulare precoce, e successive evoluzioni patologiche non sempre controllabili.
Ma c’è un modo per chiudere questo “rubinetto che perde” e che sfasa l’intero organismo?
È certamente praticabile un’integrazione finalizzata a rimodulare le funzioni dell’epitelio gastro-enterico grazie all’impiego di prodotti capaci di riparare i danni della parete intestinale, ma anche grazie alla somministrazione di specifici probiotici, ossia microrganismi vivi che, una volta assunti in formulazione personalizzata, sono in grado di rinsaldare e rinforzare direttamente le ‘tight junction’, ma anche di esercitare funzioni benefiche per l’intero organismo.
La strategia che al momento risulta essere più efficace, tuttavia, individua più ambiti d’intervento:
- ridurre il carico infiammatorio che si associa ad un’aumentata permeabilità intestinale;
- escludere dalla dieta gli alimenti che peggiorano le performances assorbitive dell’intestino (es: prodotti confezionati; cibi che contengono additivi);
- limitare l’apporto di alimenti che causano fermentazione e distensione addominale;
- utilizzare farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o antibiotici solo se strettamente necessari e alle dosi e nei tempi suggeriti da un’accurata valutazione medica.
A proposito di batteri della flora intestinale dei quali tanto si parla: sono loro i responsabili dei danni che la parete intestinale può subire? O sono loro, invece, a subire le conseguenze dei danni prodotti da altri fattori?
Le alterazioni della composizione quantitativa e qualitativa del microbiota intestinale, complessivamente definite con il termine di disbiosi, sono associate a numerose patologie intestinali ed extra-intestinali tra le quali l’obesità ed altre disfunzioni metaboliche, malattie vascolari, articolari, immunologiche, neurologiche.
In realtà, ancora non è chiaro se sia la disbiosi a causare questi quadri patologici o il contrario. Quel che si può affermare con ampio margine di sicurezza è che uno stato infiammatorio intestinale può sviluppare disbiosi che, a sua volta, aggrava il primordiale quadro di infiammazione.
Ne consegue che, in corso di patologie gastroenteriche di tipo infiammatorio, è sempre opportuno impostare una terapia pre- e pro-biotica complementare il più possibile precisa e adattata al singolo caso, proprio allo scopo di ristabilire un giusto equilibrio intestinale.
Su quali prodotti e su quali farmaci si può contare attualmente per curare efficacemente le malattie correlate ad un “intestino gocciolante”?
Diversi e qualificati sono gli studi in corso finalizzati a definire specifici protocolli dedicati proprio alla cura delle malattie infiammatorie da alimenti e che tengono in grande considerazione tanto le alterazioni della permeabilità intestinale, quanto l’equilibrio del microbiota intestinale. Ad esempio, il disturbo della pancia gonfia, l’aumento di peso apparentemente inspiegabile, le turbe digestive frequentemente confuse con un reflusso gastroesofageo, spesso risultano essere fenomeni legati ad alterazioni della barriera intestinale e/o a quadri di disbiosi più o meno severi.
Accade così che individui affetti, per esempio, da una disbiosi di tipo “fermentativo”, ossia portatori nel loro intestino di batteri capaci di fermentare, possono esaltare l’attività dei loro ospiti microbici capaci di gonfiare l’addome a dismisura, cibandosi di particolari alimenti chiamati FODMaP (Fermentabili Oligo-saccaridi, Di-saccaridi, Mono-saccaridi e Polioli).
Ma come funziona il meccanismo del gonfiore addominale? È colpa dell’intolleranza a qualche cibo o di che cosa?
‘Intolleranza’, ove si escluda quella da deficit enzimatico di lattasi che ci rende incapaci di assimilare il lattosio, è un termine che non può più essere granché “tollerato” in quanto scientificamente privo di fondamenti.
Nel caso del gonfiore addominale, accade molto spesso che batteri fermentativi (per lo più appartenenti al phylum Firmicutes), “nutriti” con alimenti da loro particolarmente “graditi”, provvedono rapidamente ad elaborare prodotti diversi, alcuni dei quali in grado di generare disturbi clinici anche di rilievo e che, ad esempio, potrebbero essere confusi con un ‘reflusso gastroesofageo’. Si tratta di una condizione piuttosto fastidiosa nella sua evoluzione, capace di determinare fenomeni, oltre che di spiccato meteorismo (la descrizione più frequente del disturbo è: “dottore, sembra che io sia incinta al 9° mese”), anche di irritazione della gola con tosse stizzosa, raucedine, alitosi, difficoltà a deglutire, senso di bocca amara, talvolta tachicardia.
In realtà, in soggetti portatori di una simile condizione, la cura con il classico protettore gastrico potrà non sortire gli effetti sperati in quanto il disturbo, più che dallo stomaco, parte molto spesso da un tratto intestinale distante dallo stomaco e fortemente popolato da batteri fermentativi, produttori di sostanze estremamente irritanti che, risalendo verso l’alto, determinano i disturbi descritti.
Quali sono i protocolli di monitoraggio, di controllo e di cura da adottare nei pazienti con “sindrome dell’intestino gocciolante”?
Attualmente le procedure più aggiornate ed esaurienti, perché in grado di fornire informazioni complete relative a tutti i distretti del canale intestinale – partendo dallo stomaco, passando per l’intestino tenue e fino ad arrivare al colon – si basano sull’esecuzione di un test facile da eseguire, affatto invasivo, che sfrutta le proprietà di specifici ‘zuccheri-sonda’ in grado di esprimere fedelmente lo stato funzionale della barriera gastro-enterica.
Pertanto, in caso di documentata alterazione della permeabilità gastrointestinale, sarà possibile migliorare il quadro clinico complessivo modulando opportunamente la composizione della dieta che verrà rielaborata sulla base dei riscontri diagnostici acquisiti e nel rispetto delle necessità nutrizionali di base del paziente, selezionando in formulazione personalizzata tutti i nutrienti.
Se poi, oltre alle turbe della permeabilità, dovesse essere riscontrata anche una condizione di alterata composizione quali-quantitativa della flora batterica intestinale, grandi vantaggi potranno essere tratti da terapie probiotiche somministrate dopo scelte opportunamente selezionate sulla base delle specifiche esigenze del singolo soggetto in esame.
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