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Come proteggersi dalla variante Delta?

variante delta del coronavirus: come proteggersi

Come proteggersi dalla variante Delta?

Il 16° numero di Risposta ImmunITALIA, la rubrica settimanale in cui il prof. Minelli risponde alle domande dei pazienti, è dedicato alla variante Delta del coronavirus: caratteristiche del nuovo ceppo, immunoprotezione e misure comportamentali da adottare.

Cosa sappiamo sulla variante Delta?

La cosiddetta variante Delta, caratterizzata dalla sigla B.1.617.2, è un ceppo del nuovo coronavirus che, nell’autunno del 2020, è stato identificato per la prima volta in India. È caratterizzato da una parziale resistenza ai vaccini pur tuttavia non immediatamente percepita in ragione di diversi fattori di confondimento che nello stato indiano, falcidiato da oltre 400mila casi al giorno, rendevano decisamente difficile un’analisi puntuale del fenomeno.

La piena caratterizzazione della variante Delta è stata possibile con la sua diffusione in Inghilterra, che ha permesso un approfondimento e una verifica più completa del virus mutato. Si è così potuto sapere che questa variante può associarsi a rischio di ricovero, anche perché è più trasmissibile del 60% rispetto alla variante Alfa (nuova definizione della più nota variante “inglese”) che, a sua volta, era del 60% più trasmissibile del ceppo originario di Wuhan. Appare evidente come tutto questo possa fornire al SARS COV-2 un importante vantaggio in termini di diffusione e di aggressività.

La stima dell’attuale trend di trasmissione lascia prevedere che, nel mese di agosto, almeno l’80% delle nuove infezioni sarà sostenuto dalla variante Delta.

Come possiamo proteggerci dalla variante Delta?

È il vaccino che conferisce la giusta protezione in breve tempo. Ed è auspicabile che la piena vaccinazione di tutte le fasce di popolazione ad alto rischio di CoViD venga effettuata nel più breve tempo possibile per continuare a tenere bassi ricoveri e decessi. Così come è sperabile che tutte le persone già sottoposte alla somministrazione della prima dose di vaccino, possano ricevere una seconda dose nel giusto intervallo di tempo previsto per ogni singola tipologia di vaccino.

È importante dunque attivarsi per convincere il maggior numero possibile di persone indecise o deviate da “fonti tossiche” ad immunoproteggersi, visto che è proprio grazie alla vaccinazione che è possibile mantenere a livelli gestibili i tassi di incidenza della CoViD-19. E, d’altro canto, un’auspicabile accelerazione delle procedure di copertura vaccinale non potrebbe che sortire un effetto decisamente vincente sulla diminuzione dei contagi, dei ricoveri e dei decessi, soprattutto nelle fasce dei soggetti più a rischio.

Ho fatto il vaccino: sono comunque a rischio di infezione?

Coloro i quali dovessero aver ricevuto solo la prima delle due dosi previste di uno qualsiasi dei vaccini a doppia dose, sono meno protetti rispetto all’infezione da variante Delta. Ben più alta è la protezione acquisita da chi, invece, dovesse aver completato il percorso di immunizzazione ricevendo le due dosi di vaccino. Per il prodotto di Johnson & Johnson sarà sufficiente, com’è noto, una singola dose.

Su una platea nazionale di circa 53milioni e mezzo di persone, attualmente in Italia la popolazione che si è sottoposta a vaccinazione è pari al 58%, ma solo il 36,7% ha completato il ciclo vaccinale. Quindi, al momento, è solo parzialmente protetto da un’unica dose di vaccino il 21,3% che, aggiunto al 42% della popolazione mai vaccinata, costituisce un’amplissima fascia di persone, per lo più giovani, nelle quali la variante Delta può essere un rischio di infezione e, dunque, causa di malattia.

Quali misure possiamo adottare per evitare il contagio?

Oggi le misure di prevenzione non possono, né devono affievolirsi fino a perdersi nella diffusa convinzione di una presunta incolumità oramai già pienamente acquisita. Non è così! La pandemia, affidata alle mutazioni capricciose di un virus tutt’altro che sconfitto, può rimanifestarsi con rapidi incrementi di casi giornalieri, questa volta allargati a tutte le fasce d’età, e con conseguenti ricoveri e decessi.

Per accedere con ragionevole margine di sicurezza in locali pubblici o privati frequentati da più persone, non può bastare avere effettuato qualche ora prima un tampone molecolare rivelatosi negativo per infezione in corso. La diffusione di questa variante da un soggetto all’altro sembra essere rapidissima, consumandosi in un tempo che oscilla tra i 5 e i 10 secondi, e può verificarsi da un soggetto vaccinato, inconsapevole portatore asintomatico del virus mutato, ad un soggetto non vaccinato negativo ad un tampone effettuato qualche ora prima. Ed in quest’ultimo l’infezione potrà decorrere in forma tutt’altro che asintomatica.

Da queste premesse scaturiscono alcune regole comportamentali che vanno più che mai considerate e rispettate.

1. Indossare la mascherina

Non dismettere le mascherine, non accontentarsi di coprire solo la bocca, non esibirle come un accessorio da mantenere appeso ad un orecchio quasi fosse la testimonianza documentabile di un rispetto delle regole oggi diventate meno pressanti. Quelle regole, oggi, sono urgenti ed indifferibili esattamente come nella primavera appena trascorsa.

2. Mantenere il distanziamento

Non accalcarsi, non abbandonare la buona norma del distanziamento, non cedere alla tentazione di immaginare che il tempo critico sia ormai passato. Chi, in Australia, ha potuto constatare che il contagio da variante Delta è eccezionalmente rapido, ha pure documentato che lo stesso contagio è avvenuto tra due sconosciuti che, sprovvisti di mascherina, sono passati l’uno vicino all’altro all’interno di un supermercato di Sidney.

3. Non abbassare la guardia nelle occasioni sociali

Dopo un lungo periodo di rinvii legati alle più restrittive limitazioni imposte dai lockdown, si assiste in questi giorni al moltiplicarsi di un grande varietà di feste (matrimoni, cresime, prime comunioni) aperte ad ospiti diversi e numerosi che, prima nelle chiese e poi nei ristoranti o nei saloni utilizzati per le cerimonie, si accalcano senza più alcuna precauzione, dispensando vicendevoli strette di mano, abbracci, baci agli sposi e ai loro familiari, fotografie di gruppo, assembramenti stretti nelle code ai lunch buffet. Dei previsti controlli all’ingresso dei locali con esibizione, da parte degli invitati, dei relativi certificati di avvenuta vaccinazione, manco l’ombra. E li, nel mezzo della festa, bambini, adolescenti e giovani, tutti non ancora vaccinati. Certo, non sospendiamo le feste. Ma nemmeno le doverose precauzioni imposte dalla ragione, prima ancora che dai DPCM.

Le stesse considerazioni valgono per l’accesso nelle trattorie e nei ristoranti, riaperti ad un pubblico molto ampio di persone certamente desiderose di socialità e convivialità e altrettanto certamente rispettose della regola di indossare la mascherina almeno fino al tavolo prenotato. Raggiunto il quale, la mascherina rimane accessorio individuale riservato ai soli camerieri che si destreggiano nel dedalo dei tavoli tra loro strettamente affastellati. E così, quelle famose norme varate per assicurare il mantenimento di una opportuna distanza tra clienti di tavoli diversi, ora rimangono solo una memoria da archiviare. Tenerne conto potrebbe significare evitare nuove infauste chiusure che, considerando il trend attuale, già verso la metà di agosto potrebbero concretizzarsi.

4. Informarsi presso fonti accreditate

Evitare, tanto più se in contesti pubblici aperti ad un’audience allargata ed indistinta, di cedere alla tentazione dei messaggi ammiccanti ed orientati a senso unico verso la tranquillizzazione delle masse. Frasi del tipo “l’infezione da variante Delta è come un raffreddore” suona come la riedizione emotiva di dati e di fatti tragicamente smascherati da una post-verità che, nella primavera 2020, ha pagato a caro prezzo l’infausto tentativo di edulcorare ad ogni costo una storia tutt’altro che a lieto fine. Anche ammesso che la variante Delta non sia in grado di generare una malattia severa come quella prodotta dall’originario virus di Wuhan, saremmo costretti ancora una volta a contare gli ingentissimi danni prodotti dalle limitanti restrizioni – queste si mortali – che inevitabilmente una nuova diffusione dei contagi porterebbe con sé. Dovremmo aver capito oramai che il nuovo coronavirus non si presta all’ideologica messa in discussione di evidenze scientifiche, peraltro in continua evoluzione.

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