02 Mag Autoimmunità e Aterosclerosi: tutto quello che c’è da sapere
L’autoimmunità rappresenta un fenomeno frequente, rilevabile anche in una discreta percentuale di soggetti in buona salute. Oltre 80 malattie sono oggi riconosciute come autoimmuni.
Ciò che accomuna tutte le malattie che riconoscono una genesi autoimmune è rappresentato da:
- una combinazione di uno o più fattori genetici;
- un agente scatenante di origine ambientale (infettivo, chimico, alimentare, ecc.).
Nel 75% dei casi è colpito il sesso femminile.
Solo in alcuni quadri patologici la mutazione di un singolo gene è stata identificata come causa; in generale, le malattie autoimmuni risultano dal concorso di più tratti genetici che, aumentando la suscettibilità, creano la cosiddetta predisposizione.
Per quel che riguarda i fattori ambientali scatenanti, si hanno ancora poche certezze e alcuni sospetti. In questo campo moltissimo resta da scoprire.
Importanti concetti sull’autoimmunità
È a tutti noto che l’organismo possiede la capacità strategica di distinguere ciò che gli proprio da ciò che, invece, gli è estraneo, ovvero la capacità di discriminare il “self” (ciò che appartiene all’organismo). Vi sono, tuttavia, circostanze in cui la risposta immune si dirige contro l’organismo stesso di cui quel sistema immunitario è parte, ed è quel che chiamiamo autoimmunità.
Per malattia autoimmune, invece, si intende un disordine causato dall’autoimmunità, cioè da una risposta immunitaria contro una parte del corpo del paziente colpito. Da ciò deriva che può esserci autoimmunità senza malattia, e questo è ciò che frequentemente osserviamo: solo in alcuni casi l’autoimmunità si traduce in un danno d’organo e, dunque, produce una malattia.
Due sono le domande cui dobbiamo rispondere per poter trattare con competenza una malattia autoimmune:
- quali sono le cause dell’autoimmunità?
- quali sono i fattori che trasformano una risposta autoimmune, relativamente comune, in una vera e propria malattia autoimmune con conseguente danno d’organo o sistemico?
Le risposte compiute a tali domande permetterebbero di individuare dei bersagli terapeutici utili per sviluppare terapie efficaci.
Patologie autoimmuni e genetica
Esistono diverse indicazioni secondo le quali le malattie autoimmuni condividono un fattore predisponente di natura ereditaria. Le più evidenti di queste indicazioni fanno riferimento ad una maggiore incidenza di malattie autoimmuni in famiglie in cui un membro ne sia affetto, oppure ad una maggiore concordanza tra gemelli, con particolare riferimento a quelli omozigoti.
È stato ampiamente studiato, tanto in modelli animali quanto nell’uomo, il ruolo di alcune mutazioni genetiche in grado di causare, nel loro insieme, un aumentata suscettibilità allo sviluppo sia di autoimmunità che di malattie autoimmuni.
Certo, si eredita un assetto genico che predispone all’insorgenza di tali condizioni, ma la sola predisposizione genetica non basta a determinare lo sviluppo delle condizioni menzionate. Un esempio calzante è rappresentato dall’Artrite Reumatoide, patologia definita secondo un set di criteri stabiliti nel 1987. Questa malattia, evolutiva e severa, presenta nell’allele HLA-DRB1 un fattore (“shared epitope”) che spiegherebbe dal 30 al 50% della suscettibilità genetica nella popolazione e che conferisce una maggiore positività per autoanticorpi specifici, detti “anti-CCP”. Va precisato, tuttavia, che l’artrite reumatoide si può sviluppare, oltre che in soggetti anti-CCP positivi, anche in soggetti anti-CCP negativi, per quanto nei primi il decorso sia più rapido e la gravità del danno maggiore.
Patologie autoimmuni e ambiente
Un secondo fattore, che conosciamo ancor meno della predisposizione genetica, è rappresentato dallo stimolo ambientale (infettivo, chimico, alimentare, ecc.), che può causare lo sviluppo di malattia in presenza di un assetto genetico favorente.
Su tale aspetto potremmo certamente puntare ogni sforzo di prevenzione se non avessimo purtroppo pochissime conoscenze su quali fattori considerare. Un esempio è rappresentato dal fatto che alcuni farmaci promuovono la formazione di autoanticorpi che causano emolisi, cioè una prematura distruzione dei globuli rossi, o anche di autoanticorpi anti-piastrine o anti-DNA, e che i raggi UV possono causare esacerbazioni del Lupus Eritematoso Sistemico, ma il meccanismo con cui tutto questo avviene non è del tutto chiarito e poco sappiamo della possibile contribuzione di altri eventuali fattori.
Molto si è studiato sulle possibili interazioni tra agenti infettivi e autoimmunità, ma una descrizione delle ipotesi relative a tali contingenze costituirà argomento di un nuovo prossimo approfondimento.
La risposta immune nell’aterosclerosi
L’aterosclerosi è una malattia cronica della parete dei vasi arteriosi, caratterizzata da lesioni infiammatorie con accumulo di grassi, detriti cellulari e fibrosi. Queste lesioni, denominate placche, evolvono dando origine alle note complicanze restrittive (stenotiche) dei vasi sanguigni interessati e all’occlusione degli stessi, talvolta causata dalla improvvisa rottura della placca.
Tutti questi eventi sono più evidenti ed accelerati in molte malattie autoimmuni, come il Lupus Eritematoso Sistemico e l’Artrite Reumatoide, e in presenza di particolari autoanticorpi, quali gli antifosfolipidi.
Oggi non c’è più alcun dubbio che sia il sistema immunitario a svolgere una funzione fondamentale nel determinare sia il processo aterosclerotico, contribuendo all’infiammazione che porta alla genesi del danno endovascolare, che la sua evoluzione e le complicanze.
L’infiltrazione dello strato più interno (tonaca intima) della parete vascolare da parte dei linfociti T con il concorso delle cosiddette molecole di adesione (in particolare VCAM-1) e il successivo afflusso dei monociti promosso dal network di chemochine attivato a livello della parete vascolare, sono eventi-chiave della patogenesi dell’aterosclerosi. La reazione autoimmune viene innescata dalla presentazione di molecole di LDL ossidate e fosfolipidi, insieme ad antigeni derivanti da microbi (pneumococchi, clamidie, ecc.) che inducono la produzione di autoanticorpi contro alcune proteine (dette HSPs: Heat Shock Proteins) dell’ospite. Questi aspetti della risposta immune nell’aterosclerosi sono anch’essi soggetti a regolazione, e numerosi dati sperimentali indicano che alcuni linfociti (detti Treg: T-Regolatori) svolgono un’efficace azione anti-aterogenetica. L’attività immunomodulante dei farmaci usati per ridurre il rischio cardiovascolare (FANS, statine, agonisti dei PPAR) e l’impiego di immunosoppressori continuano ad essere aree attive di studio.
Il riconoscimento dell’aumentato rischio trombotico nei pazienti con malattie autoimmuni richiede uno screening dei pazienti per l’adozione di opportune profilassi. Sarebbe altrettanto importante cercare componenti autoimmunitarie (anti-cardiolipina, LAC, anti-beta2GPI) nei pazienti che hanno subito un evento vascolare, per un adeguato controllo delle manifestazioni ed anche per la prevenzione di eventi futuri.